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martedì 27 gennaio 2015

IL DEBITO PUBBLICO NELL'ERA DI TSIPRAS di Riccardo Achilli







IL DEBITO PUBBLICO NELL'ERA DI TSIPRAS 
di Riccardo Achilli


E’ iniziata la campagna mediatica anti-Tsipras. Per spaventare il borghesotto italiano stremato da anni di austerità, l’intera stampa nazionale (ivi compreso il Fatto Quotidiano, la cui vicinanza con Grillo non lo rende evidentemente molto obiettivo con Tsipras) ha iniziato ad accendere la sirena d’allarme della perdita economica che il nostro Paese subirebbe se veramente il greco Tsipras spuntasse, come da programma elettorale, una riduzione del suo debito pubblico. Circolano numeri interpretati in modo fantasioso, si sparano titoli con numeri roboanti, del tipo “Attenzione! Con Tsipras, l’Italia rischia di perdere 40 miliardi di prestiti alla Grecia”.

Questa storia dell'Italia esposta con la Grecia è, in parte, una bolla, in parte una cosa vera. Facciamo chiarezza. L'Italia ha versato circa 43 miliardi all'ESM, il meccanismo che eroga i prestiti agli Stati sottoposti a piano di rientro. L'ESM NON E' coinvolto nel finanziamento alla Grecia, almeno fino a quando la nuova tranche di aiuti, prevista per marzo 2015, non partirà. 
Finora, il bailout della Grecia è stato assicurato dal precedente fondo, l'EFSF, che non funziona sulla base diversamenti diretti, ma di garanzie pubbliche a fronte di possibili perdite, oltre che da prestiti Fmi e Bce. I 40 miliardi di cui si discute sono l’esposizione totale, cioè la perdita teorica totale se venisse cancellato il 100% del debito estero greco. Quanta grazia Sant’Antonio, nemmeno Tsipras pensa di cancellare il 100%, “accontentandosi” di un taglio del 50%.
L'Italia garantisce per il 17,9% delle perdite, fino ad un tetto massimo, invalore assoluto, di 139 miliardi circa.L'Efsf ha dato 144,6 miliardi di prestito alla Grecia. 
Facciamo finta che Tsipras abbia la forza politica per imporre un taglio al valore capitale del suo debito del 20%. Se l’esposizione totale italiana è di 40 miliardi, la perdita sarà di 8 miliardi al massimo, non molto di più di quello che ci viene chiesto come manovra correttiva per adeguarci al sentiero di avvicinamento verso il pareggio strutturale di bilancio. Che magari, con un fronte politico con Tsipras, potremmo anche evitare, lavorando con lui per ammorbidire i tedeschi. Francamente con l'idea scriteriata del bonus degli 80 euro, servito esclusivamente per far vincere le elezioni a Renzi, ma per unanime accordo consenso tecnico privo di effetti sull’economia reale, abbiamo perso più soldi.

Poiché solo il 15% del debito greco è con soggetti privati, anche l'eventuale perdita per investitori italiani sarebbe piccola, e comunque chi è così idiota da investire sulla Grecia, secondo me, merita anche di subire delle perdite.
In sostanza, c'è un utilizzo scorretto dei dati, manipolatorio, che tende a rendere più grave di quanto sia la situazione. Detto questo, penso che, nell'immediato, si potrebbe iniziare dall'esplorare un taglio del tasso di interesse sui prestiti per il bailout, che attualmente, perla Grecia, è dell’1,5% medio annuo, quando il tasso di inflazione dell'area-euro è quasi nullo, attestandosi allo 0,4%, ed è addirittura negativo (-1,4%) in Grecia. Abbiamo quindi interessi reali positivi, cioè i prestatori stannolucrando sul prestito fatto alla Grecia, anziché aiutarla, il che è una cosa invereconda, dal punto di vista morale.

Quanto alla seconda ipotesi, molto gradita alla Germania (et pour cause) di una mera ristrutturazione della scadenza del debito greco, essa sarebbe, per quest’ultimo Paese, non molto utile. Infatti, grazie ai prestiti dei programmi di bailout, la struttura del debito greco è già oggi spostata in modo predominante sul medio e lungo termine (il debito a breve è pari all’8,1% del PIL, meno dell’8,4% delle media dell’area-Ue, il resto è debito che già oggi è a medio/lunga scadenza).

Tutti questi ragionamenti non tengono conto di un fatto molto semplice, ovvero che un haircut al valore capitale del debito greco,nel medio periodo, è semplicemente inevitabile, a prescindere dal colore politico del Governo ellenico. Stiamo parlando di un Paese che viaggia con un debito pubblico al 176% del PIL, alimentato da un disavanzo che è ancora attestato al 12% del PIL. 
Con un'economia reale che campa di turismo ed un pò di agroalimentare di nicchia, che non ha un comparto manifatturiero esportatore significativo. E che difficilmente attrarrà nuovi investimenti esteri nei prossimi anni, nonostante la forte contrazione dei costi interni, se veramente Tsipras farà una battaglia a tutto campo contro la finanza globale e le multinazionali. Quindi è un'economia che non ha nel lungo periodo una capacità di generare reddito in forma autosostenuta, e tale da ripagare i suoi debiti, a prescindere dai buoni risultati di crescita previsti per il 2015, che potrebbero non essere realistici, o poco più che un fuoco di paglia.

Pertanto, e anche se ci fosse stato il Governo Samaras, il tema del taglio del debito pubblico greco sarebbe stato comunque affrontato, anche se ovviamente, nel caso di una vittoria di Samaras, spianando la strada ad un nuovo piano di aiuti incondizionato in termini di politiche di austerità imposte, tale tema non sarebbe stato trattato subito, né con la dovuta radicalità. La prosecuzione del “business asusual” della Trojka nei confronti della Grecia avrebbe consentito di continuare a spremere l’economia greca ed il suo bilancio pubblico ancora per qualche altro anno, rinviando l’inevitabile momento in cui il Paese avrebbe dichiarato unilateralmente di non poter più onorare le rate del prestito del programma di bailout. D’altro canto, lo stesso Fmi, non particolarmente “amico” della Grecia, già ad ottobre 2013 aveva preannunciato l’inevitabile taglio del debito pubblico ellenico, anche se, molto pudicamente, per non andare contro il suo ruolo di componente della Trojka, lo nascondeva dietro ipotesi di prolungamento delle scadenze (poco utile, come abbiamo visto) o di taglio dei soli tassi di interesse (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-10-11/debito-greco-prevede-altro-064411.shtml?uuid=AbQe3gsI) o sperava di evitarlo erogando nuovi prestiti.

Tali resistenze, dopo l’haircut già effettuato nel novembre del 2012, che comportò un taglio di 100 miliardi del debito ellenico, sono facilmente comprensibili. Mentre allora l’onere del taglio fu addossato a banche ed investitori privati (con le banche che sarebbero poi state ricompensate del sacrificio grazie a generose iniezioni di liquidità della Bce ed al taglio molto forte dei tassi di rifinanziamento) oggi, poiché il 65% del debito pubblico greco è in mano agli altri Governi di Eurolandia, il costo sarebbe sopportato dai Governi, in primis da quello tedesco, il più esposto nei confronti della Grecia. E l’impatto elettorale, per la Merkel, di dover mettere mano al portafoglio pubblico, facendo pagare al contribuente tedesco il costo di una riduzione del debito greco, sarebbe devastante. Sarebbe, forse, l’inizio della fine del suo potere.


L’avvento di Tsipras anticipa dunque di qualche anno il tema dell’inevitabile, secondo, haircut del debito pubblico greco, e lo pone in termini molto più brutali di quanto la Merkel, Schaeuble e Weidmann avrebbero desiderato. Il che è un risultato politicamente significativo nel contesto degli equilibri europei che potrebbero lentamente sfaldarsi. Poi chi dovrà pagare il costo dell'haircut, Italia compresa, pagherà, a meno che non si trovi una soluzione, politicamente difficile, per far assorbire dalla Bce i titoli pubblici ellenici. Ad ogni modo le lamentele non servono a niente. Ci dovevano pensare prima, nel 2010, quando la questione andava affrontata con politiche economiche diverse. Non lamentarsi oggi, perché ci saranno altre perdite sul dossier greco.




La vignetta è del Maestro Enzo Apicella





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