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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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sabato 11 giugno 2011

1990-05 Avvenimenti in Europa orientale e prospettive per il socialismo operaio di Mansoor Hekmat

Intervista, da Operaio oggi, 1, maggio 1990

Worker Today: Gli sviluppi in Europa orientale e in URSS hanno attirato l’attenzione del mondo intero. Certamente viviamo in un periodo storico decisivo. Comunque, l’impatto di questi eventi sullo Occidente e sul grosso del mondo capitalista rimane inesplorato. Secondo te, in che modo questi sviluppi avranno impatto sul « vittorioso » Occidente?

Mansoor Hekmat: I risultati immediati di questo processo saranno avvertiti ovviamente prima dagli abitanti della Europa orientale e URSS. Ma ciò che rende gli anni ’90 un periodo storico cruciale sono a mio modo di vedere i conseguenti risultati internazionali di questo processo e il suo impatto sul mondo occidentale. Gli eventi attuali nell’Est si vedranno in futuro come mero preludio a sviluppi assai più significativi nel mondo nel suo insieme.
Il fatto saliente al di là di tutto questo fermento politico e ideologico è il collasso economico del modello di capitalismo di stato e il trionfo su di esso del capitalismo di mercato. Qualunque discussione e commento dai mass media occidentali, con la loro eco nell’opinione pubblica, circa la « fine del comunismo » e la vittoria della democrazia e dello Occidente non sono che modi e forme per riferirsi alla stessa realtà economica. Ma quando si guarda più attentamente, si vede che in effetti è Io Occidente e il cosiddetto blocco vincente che è gettato in un periodo critico e turbolento della sua storia. Lo scenario che il blocco sconfitto ha di fronte è più o meno definito. Deve emulare il passato occidentale. Ma è il presente e il futuro del blocco vittorioso che ora, con gli eventi dell’Europa orientale, è avviluppato in contraddizioni e incertezze. Il collasso del blocco orientale pone seri problemi per la politica economica e l’organizzazione ideologica in Occidente e dà origine, per la loro risoluzione, a confronti sociali imponenti.

Worker Today: Quali contraddizioni e incertezze?

Mansoor Hekmat: Nell’economia, nella politica, nell’ideologia. A tutti i livelli. Fatto è che, in particolare durante il periodo postbellico, la vita economica, politica e intellettuale dell’Occidente è stata modellata da un confronto globale tra i due blocchi. Possiamo vedere il marchio di tal confronto non solo sullo allineamento militare e politico degli stati, ma sull’intera organizzazione della produzione nel mondo occidentale, strategie e tipi di sviluppo e crescita, nella sua struttura di pensiero sia intellettuale che concettuale. Oggi non è solo la NATO che diventa inutile con la virtuale eliminazione del Patto di Varsavia. Non è solo il piano per l’integrazione del 1992 del mercato europeo che deve esser totalmente rivisto con l’occidentalizzazione dell’Europa orientale e la riunificazione tedesca. Il profilo completo della società occidentale va ridefinito. L’intera organizzazione economica globale, che aveva assegnato la posizione dei vari Paesi e classi sociali per decenni, deve esser definita di nuovo con la piena integrazione del mercato mondiale capitalista. Questi problemi sono di nuovo aperti e portano le forze sociali, ciascuna con le proprie soluzioni, a una lotta serrata.
La più lampante espressione di questa confusione riguarda la democrazia stessa, sia come sistema di pensiero politico che come forma di governo nella società borghese. Ci dicono che la democrazia ha trionfato. Di quale democrazia parlano? Le nozioni ingenue che popolano le menti di pii professori e exradicali e che essi vedono come l’ottimo in fatto di liberazione umana, oppure la concreta, reale, ben articolata democrazia che è stata la ideologia dominante ufficiale in Occidente e ha fornito l’impalcatura intellettuale e propagandistica per il « mondo libero »? La democrazia di Hiroshima, della Guerra Fredda, del genocidio in Vietnam, dei colpi di stato della CIA e le sue giunte militari, del razzismo e della tracotanza antisindacale.
La democrazia di Thatcher, Reagan, del Times e dell’Economist. Questa è la vera democrazia che ha governato il mondo. Esattamente questa è la bandiera sotto cui l’Occidente si è articolato e organizzato in concorrenza per il dominio mondiale con il blocco opposto. Nella misura in cui tale concorrenza è eliminata, questa impalcatura ideologica stessa diviene ridondante e l’Occidente soffre confusione e divisione. Gli eventi in Europa orientale iniziano un’èra di spietate lotte politiche e ideologiche all’Ovest per ridisegnare una struttura ideologica ufficiale e dominante per il capitalismo contemporaneo.
In breve, il mondo entra in un periodo turbolento che ha la sua principale fonte di instabilità non a Est ma nell’Ovest stesso, che a sua volta renderà le sentenze attuali dei media occidentali circa il futuro dell’Europa dell’Est obsolete e irrilevanti.

Worker Today: In che modo questa situazione interessa il movimento della classe operaia?

Mansoor Hekmat: Penso che gli anni ’90 saranno un decennio di intensificati movimenti operai di protesta. Per diverse ragioni. Innanzitutto, per oltre un decennio l’offensiva della ‘nuova destra’, del Thatcherismo e della « Reaganomics », ha tenuto la classe operaia sotto forte pressione. Parte importante di questa offensiva era la soppressione dei sindacati, Il che a sua volta diveniva possibile con la crisi della socialdemocrazia e la supremazia politica e ideologica del nuovo conservatorismo. Oggi i distruttivi risultati di queste politiche per i lavoratori disoccupazione, perdita dei servizi sociali, eccetera si avvertono più che mai mentre è finita la coesione ideologica e politica della destra. In tutta Europa questioni come disoccupazione e mancanza di garanzie lavorative, la settimana lavorativa e così via sono focalizzate da una rinnovata ondata di movimenti operai, mentre la borghesia sta perdendo la capacità di intimidazione politica dei movimenti operai, e di mobilitazione populista dei ceti medi contro la nostra classe. Inoltre, il declino del sindacalismo, pur avendo effetti immediatamente deleteri per la vita di milioni di lavoratori, ha creato un ambiente favorevole per nuove idee e pratiche alternative di organizzazione operaia in Europa. lI movimento operaio già si è mosso verso attività più radicali organizzate al di fuori della struttura sindacale tradizionale, e si moltiplicano le campagne per « democratizzare il sindacato » o creare organizzazioni alternative. Ciò aiuta l’emergere di movimenti che sono più radicali e in grado di affrontare urgenti problemi di classe. Per finire, un punto molto importante è che con gli ultimi avvenimenti gli operai, i proletari sono condannati a afferrare la loro specifica identità di classe. Mentre chiunque si aggrega al festino in onore della democrazia, lo operaio della Germania orientale come il polacco, e l’operaio russo in Lituania e Estonia, sta cominciando a rendersi conto che chi è arrostito e servito come piatto prelibato è proprio lui. Il proletario in Europa occidentale sta accorgendosi che al di là di tutto questo gran parlare di democrazia ,è l’operaio e solo l’operaio che dovrebbe occuparsi dei propri interessi e diritti politici, senza sperare che qualcosa possa venire dalla intelligenzia che occupa i seggi parlamentari socialdemocratici o i posti di sindacalista di professione. Il fatto che gli strati che non appartengono alla classe operaia e i loro movimenti si calpestano l’un l’altro senza problema pur di affrettarsi alla dissociazione dal proletario e dai suoi ideali, costringe oggi il proletario a riflettere sulla sua specifica identità di classe. Penso che gli anni ’90 troveranno il proletario con un atteggiamento politico totalmente differente.

Worker Today: E il marxismo? Come vedi le prospettive?

Mansoor Hekmat: Solamente ora il marxismo, come concezione della classe operaia per il cambio sociale, può farsi avanti. Soltanto ora il proletario è liberato da una schiera di quasi-marxismi delle classi proprietarie. Son cosciente che ciò non è stato raggiunto tramite una offensiva teorica e pratica del marxismo operaio e del socialismo operaio, bensì derivato dal collasso dei poli quasi-socialisti sotto la pressione di altri settori della stessa borghesia. E sono cosciente che la situazione attuale circoscrive socialismo e pensiero socialista in generale. Ma le pressioni antisocialiste si riveleranno di breve durata. Il capitalismo per sua natura fa sorgere il socialismo operaio e il marxismo. Fin quando c’è proletario e capitalista, c’è marxismo. Ma stavolta ha esso stesso fatto i conti con tutte le correnti che avevano perseguito interessi non proletari in suo nome. Come marxista, come attivista del socialismo operaio, personalmente avverto che la via da percorrere è più aperta. Oltre a ciò, se la società nel suo complesso sta per ripensare le proprie fondamenta; se gli anni ’90 dovranno essere la decade di lotta tra visioni sociali, e se la borghesia ha in testa un vuoto ideologico . tutte caratteristiche degli anni ’90 _allora il marxismo come valida critica e concezione si farà avanti ancora una volta nella società.

Worker Today: Stanno crescendo i movimenti nazionalisti in URSS. Come pensi che se la vedranno? Che tipo di risposta avranno internazionalmente?

Mansoor Hekmat: Una delle correnti sociali a cui la sconfitta del blocco orientale ha tolto il guinzaglio è il nazionalismo. Esso è a lungo stato un movimento sociale coccolato nella società borghese. Sembra molto « naturale » e rispettabile essere un nazionalista in questa società. Ognuno sta venerando la propria bandiera nazionale e nessuno è mai stato biasimato per questa arrogante dipartita dall’identità universale e internazionale dell’umanità. Oggi il nazionalismo, a eccezione di alcuni casi, non è neanche più correlato a oppressione nazionale. Per la maggior parte deriva da considerazioni economiche molto terra terra della borghesia locale a proposito di prospettive di sviluppo economico nella regione. Non meraviglia che vediamo l’onorevole nazionalista in Lituania e Estonia cominciare la sua campagna con lo spogliare l’operaio russo dei suoi basilari diritti politici. A mio modo di vedere, il nazionalismo non punta a por fine all’oppressione nazionale. Esso semplicemente si sforza di ridefinire tra le nazioni quali sono oppresse e quali opprimono.
Quanto al futuro di questi movimenti, penso che con l’integrazione economica del mondo capitalista e in virtù del fatto che la borghesia non sta pensando al momento in termini di piccole unità nazionali ma piuttosto di blocchi internazionali nuovi, il nazionalismo non troverà un ambiente molto incoraggiante all’interno della classe capitalista. Qualcuno può guadagnarsi indipendenza, qualcun altro no. Ma il nazionalismo e la causa della indipendenza politica non diventerà un tema di moda per il mondo capitalista.

Worker Today: Come vedi le ripercussioni della situazione mondiale sulla situazione in Iran? Molti partiti di opposizione sperano che porterà all’emergere di una democrazia parlamentare in Iran.

Mansoor Hekmat: L’opposizione liberale iraniana, con le sue nuove reclute dai passati partiti filosovietici, è abituata a questo approccio in politica. Ieri si trattava dell’elezione di Kennedy o di Carter che doveva portar loro il parlamento. Ancora aspettano I Non capiscono che la politica in una società è condizionata dalla lotta di forze sociali materiali, reali, e non da formulazioni sentimentali come « l’era della fine delle dittature ». Una « dittatura » deve essere rovesciata da forze reali. Queste formule sono prodotte da classi medie e intellettuali in Europa come descrizioni ingenue e soggettive di processi assai più oggettivi. Non è come se gli dèi avessero deciso di far cadere come birilli le dittature a una a una. Inoltre, i liberali iraniani dimenticano che quella democrazia non ufficiale e accademica in Europa che produce tali formule per il consumo di massa è estremamente eurocentrica. Fino a che si tratta dei Paesi fuori d’Europa, specialmente quelli in cui la gente non se la passa tanto bene, una elezione farsa può bastare. La democrazia ufficiale della classe dominante, d’altronde, che usava il termine democrazia per caratterizzare qualunque tipo di regime estraneo al blocco rivale, non darà al nostro liberale la sua democrazia. Altrimenti non avrebbe per decenni trasformato il mondo in un mondo di giunte militari, stati di polizia e interventismo militare.
Si può affermare che la posizione dell’iran e la corrente islamica è ora oggettivamente cambiata per il capitale internazionale. Con l’eliminazione del blocco orientale, può non avere lo stesso significato strategico di prima e il panislamismo, con la idea di una cintura verde attorno alla Unione Sovietica divenuta obsoleta, può essere non tanto richiesto. La ricostruzione economica postbellica [NdR si tratta della guerra Iranlraq] deve anche aspettare il turno fino a che si mette in moto la ricostruzione delle economie della Europa orientale. Tutto ciò può voler dire maggior pressione sul regime islamico in Iran. Comunque, se la situazione si risolverà in democrazia parlamentare, o in nuovi tipi di dispotismo borghese, o nella vittoria della alternativa rivoluzionaria degli operai, è qualcosa che le forze sociali reali determineranno. Personalmente considero che chiunque voglia libertà politica non deve guardare ad altri che alla classe operaia. La borghesia, iraniana o comunque sia, ha provato che non può prosperare in un Paese come l’iran senza sopprimere i diritti politici della stragrande maggioranza della popolazione.

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