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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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martedì 4 ottobre 2011

MATERIA ED ENERGIA... DA NEWTON ALLA TEORIA DELLA RELATIVITÀ E DOPO... di E. Bitsakis



La recente scoperta sul possibile superamento della velocità della luce, rende sempre più attuali articoli di marxismo come questo....

di Eftichios Bitsakis

Dall’epoca di Newton, la materia era identificata con la massa (che è la misura dell’inerzia della materia): «Quantità di materia: è quella grandezza che intendo ormai col nome corpo o massa».[1] La fisica meccanicista conosceva perciò due entità fondamentali: la massa-materia e l’energia. Quest’ultima era considerata come sostanza non materiale: non ha massa, non è materia, è energia, scriveva Poincaré. Questa entità «non materiale» era l’elemento attivo. Era questa che vivificava la materia, inerte per natura.
Ma la relatività ristretta ha dimostrato una relazione, ben nota d’altronde, tra la massa e l’energia: a tale quantità di massa corrisponde tale quantità di energia, e viceversa. Questa relazione quantitativa fra grandezze opposte è stata interpretata da molti fisici e filosofi e nel quadro concettuale pre-relativista, come una relazione di equivalenza. Una relazione fra due grandezze differenti dal punto di vista fisico è stata interpretata come l’identificazione della massa e dell’energia. Si apriva così la strada verso un nuovo energetismo, dunque verso un nuovo idealismo (e fideismo).
La confusione era generale. Perciò Einstein scriveva che la conservazione della massa di un sistema doveva lasciar posto al principio più generale della conservazione dell’energia mentre Heisenberg riteneva che l’universo fosse composto esclusivamente di energia: «Dato che la massa e l’energia sono, secondo la teoria della relatività, sostanzialmente le stesse nozioni, possiamo dire che le particelle elementari sono costituite dall’energia. Ciò può essere interpretato come definizione dell’energia come qualità di sostanza primordiale del mondo».[2] Teilhard de Chardin, infine, era più chiaro: «L’Energia, entità fluttuante universale, da cui tutto emerge, e in cui tutto ricade, come in un oceano. L’Energia, il nuovo Spirito. L’Energia, il nuovo Dio».[3]
Nessun bisogno di moltiplicare le citazioni. Le analisi di Engels e di Lenin possono aiutarci a vedere in cosa consiste il problema. La massa non è la materia. È la misura di uno dei suoi attributi, l’inerzia. L’energia, d’altra parte, non è una sostanza a parte. È la misura di un attributo contrario (e complementare) della materia, il movimento. La relazione di Einstein esprime il loro rapporto quantitativo. Ciò che sembra essere «energia pura» è solo una forma di materia in movimento. Si dice per esempio che il fotone non ha massa e che è energia; che non è materiale. Troviamo qui un residuo della concezione meccanicista delle due entità: della massa (materia) e dell’energia (immateriale). Per il fotone, la nozione di massa in quiete non ha senso. Ora, il fotone è altrettanto materiale di qualunque «particella» della fisica. Si tras-forma in particelle «materiali» (cioè di massa positiva in quiete) ed è creato dall’«annichilamento» delle particelle «materiali». Ha impulso, come ogni particella materiale. È attratto dai campi gravitazionali, come ogni particella materiale. A sua volta, crea il suo campo gravitazionale, come ogni particella materiale. Dunque, anche dal punto di vista della Relatività Generale, non c’è differenza fondamentale tra la materia in senso stretto e l’«energia», che contribuiscono, entrambe, alla creazione del campo gravitazionale. La «materializzazione» dei fotoni e la «smaterializzazione» degli elettroni sono da qui in poi termini che non esprimono l’essenza di questi fenomeni, che rappresentano in realtà trasformazioni di forme della materia. Invece di «smaterializzare» il fotone perché non ha, secondo il punto di vista dominante, massa in quiete, si potrebbe forse vedere qui il limite della legge d’inerzia.
Ma si potrebbe considerare questo problema da un altro punto di vista, autenticamente relativista. Per la teoria della relatività, i soli enti che hanno un senso fisico, sono quelli esistenti nello spazio-tempo quadridimensionale. Questi enti sono indipendenti dal sistema di riferimento: non sono «relativi». L’ente che qui c’interessa è il quadri-vettore impulso-energia le cui tre componenti spaziali corrispondono all’impulso e la quarta all’energia. La «lunghezza» invariabile di questo quadri-vettore è il prodotto della massa propria per la velocità della luce. La legge della conservazione della massa e la legge di conservazione dell’energia son legate all’interno di questo quadri-vettore. Per un sistema isolato, la massa totale e l’energia totale sono conservate in tutte queste trasformazioni. Tuttavia, durante queste trasformazioni, non c’è «smaterializzazione» della massa e «materializzazione» dell’energia. C’è solo conversione da una forma di materia in una forma differente. Trasformazione di particelle massive in particelle senza massa in quiete, e viceversa.
Ciò che si conserva è la massa totale (potenziale e in atto) come l’energia totale (potenziale e in atto). La materia non è un concetto. Non c’è misura della materia. Di conseguenza, la sua conservazione è un principio che non si può provare. Oggi, d’altronde, ci sono indizi circa la creazione di materia negli spazi cosmici. Non si tratta, evidentemente, di creazione ex nihilo, ma di emersione di forme materiali da un livello più profondo di quello quantistico. […]
La relatività ha sconvolto le idee classiche sullo spazio e sul tempo. Ha aperto un orizzonte nuovo alla scienza, come alla filosofia. La relatività ha anche sconvolto le nostre concezioni sulla materia e, in particolare, sulle relazioni tra la massa e l’energia. Ora, la quasi totalità dei fisici ha interpretato le nuove relazioni nel quadro tridimensionale prerelativista. Per spiegare questo fatto, bisogna ricordarci la concezione newtoniana.
Newton identificò la massa e la materia – un concetto scientifico – con una categoria filosofica.[4] Einstein dimostrò, con la sua celebre formula, una relazione quantitativa tra la massa, misura dell’inerzia, e l’energia, misura del movimento. Ma questa formula è stata interpretata come relazione di equivalenza tra la massa e l’energia o, ancora peggio, tra la materia e l’energia. Sulla base dell’identificazione della massa e della materia, si consideravano come materiali solo le particelle dotate di massa. Perciò si è parlato di materializzazione dell’energia e di smaterializzazione della massa-materia, in un discorso epistemologicamente incoerente.
La confusione è evidente: la massa è un concetto scientifico, misura dell’inerzia. L’energia non è una sostanza (come aveva presentito Engels). Essa è misura del movimento. Questi due attributi contraddittori della materia sono legati dalla relazione quantitativa di Einstein. La materia, al contrario, non è un concetto scientifico. Non c’è misura della materia. La sua conservazione è un principio ontologico, una proposizione né verificabile, né falsificabile. Di conseguenza, questo principio non è provato dalla legge della conservazione della massa totale (o dell’energia totale) di un sistema chiuso.
Come uscire da questa confusione? Per questo, bisogna abbandonare il quadro classico e passare al quadro spazio-temporale di Minkowski.
Ritorniamo ora alle concezioni di Paul Langevin.
Paul Langevin era arrivato, in un altro quadro concettuale, a una formula identica a quella di Einstein. Era stato tra i primi ad accettare la relatività, e in particolare la famosa formula di Einstein sulla base della quale spiegò il fatto che le masse atomiche degli elementi chimici sono inferiori alla somma della massa dei loro costituenti.[5] Tuttavia, non arrivò a risolvere il problema epistemologico delle relazioni tra i concetti di massa e di energia e la categoria di materia. Perciò scriveva che «il principio di conservazione della massa si confonde con quello dell’energia».[6] Faceva una distinzione tra la materia e la luce. Parlava di trasformazione della luce in materia e viceversa, di cose materiali o non, di porzione di materia o di onda elettromagnetica ecc. Tutto ciò nel linguaggio dei fisici del suo tempo (e di oggi).
Langevin aveva contribuito alla relatività. Come disse Jean Perrin, suo compagno di strada su più fronti, «la crisi della fisica non poteva lasciarlo indifferente. Per primo in Francia, ne percepì l’importanza e contribuì al suo sviluppo, stabilendo, indipendentemente da Einstein, l’equivalenza tra la massa e l’energia».[7] Anche Einstein, in una lettera commovente in occasione della morte di Langevin, scriveva: «Mi sembra certo che avrebbe sviluppato la teoria della relatività, se ciò non fosse stato fatto altrove; perché ne aveva chiaramente riconosciuto i punti essenziali».[8]
Langevin, in particolare, era arrivato alla stessa formula di Einstein concernente la relazione di proporzionalità tra la massa e l’energia. Edmond Bauer, suo collaboratore, si ricorda: «Mi disse un giorno: “Credo di essere in possesso di una legge fondamentale. L’inerzia è una proprietà dell’energia. Tutta la massa dei corpi è proporzionale alla loro energia interna, essa è uguale a questa energia divisa per il quadrato della velocità della luce”».[9]
Perché Abraham, Lorentz, Poincaré, Langevin, non sono riusciti a creare la relatività? La ragione principale è che restavano sempre nel quadro newtoniano. Come segnala M. Paty, essi trattavano il problema della determinazione dell’energia in relazione a una teoria dell’elettrone. Einstein, al contrario, «dimostrò questa stessa formula in piena generalità, cioè per ogni massa e ogni energia, a partire dalla cinematica».[10]
Langevin non è arrivato a interpretare correttamente la formula che lui stesso aveva costruito in un quadro prerelativista. Tuttavia, non era il solo tra i grandi fisici della sua epoca. In effetti, i rapporti tra la massa e l’energia sono stati generalmente interpretati in seno al «paradigma» newtoniano, in contraddizione con la relatività. Anche Einstein non sfugge alla regola. Perciò, aveva interpretato la famosa formula, non come una relazione di proporzionalità tra due attributi opposti della materia, ma come una relazione di equivalenza.[11] Anche in un altro testo, scriveva che la teoria della relatività ristretta ha condotto alla conclusione che la massa inerte non è altro che energia.[12] Ancora nel 1916 distingueva il campo gravitazionale dalla materia, considerando come materia «qualsiasi cosa eccetto il campo gravitazionale». Tuttavia, nello stesso testo, Einstein scriveva che il campo gravitazionale agisce allo stesso modo di qualunque altra forma di energia. Così è possibile includere il campo gravitazionale nella categoria di materia.[13]
Per un’interpretazione coerente delle relazioni tra la massa e l’energia, occorreva passare al quadro relativista: allo spazio pseudo euclideo di Minkowski. Ma sin dal 1913 Langevin aveva colto un punto essenziale. Così scriveva a quell’epoca: «La nuova dinamica poggerebbe sulle due leggi fondamentali di conservazione dell’energia e di conservazione dell’impulso o quantità di movimento. Le due leggi non sono d’altronde indipendenti: dal punto di vista del principio di relatività, appaiono come due aspetti differenti di un’unica legge, la conservazione dell’impulso di universo».[14] Langevin notava che l’energia e la quantità di movimento sono gli aspetti temporali e spaziali di un tensore di universo.
Sulla base delle relazioni relativiste, si può fondare il monismo della materia, evitando la confusione dell’inter-pretazione prerelativista. La massa e l’energia sono concetti scientifici, misura di proprietà opposte, e tuttavia intrinsecamente legate, della materia. La loro unità è espressa dal quadrivettore impulso-energia, le cui tre componenti spaziali corrispondono alla massa e la componente temporale all’energia. Questo quadrivettore «contiene» tanto le particelle dotate di massa quanto i fotoni. Perciò, la trasformazione di un fotone nella coppia elettrone-positrone non è una materializzazione dell’energia. Correlativamente, la trasformazione di una coppia elettrone-positrone in un quanto di luce non è una smaterializzazione della materia. Nel primo caso si tratta della trasformazione di una particella non dotata di massa (di un bosone) in due particelle dotate di massa (due fermioni). È il contrario nel secondo caso. Già nel 1939, J. Solomon (genero di Langevin, fucilato dai nazisti), scriveva che «non bisogna attribuire un senso troppo letterale a queste espressioni di materializzazione e di smaterializzazione, che indicano semplicemente il passaggio da uno stato materiale a un altro».[15]
Sulla base del senso fisico del quadrivettore impulso-energia, possiamo arrivare a una nuova concezione delle leggi di conservazione. Infatti non si tratta di una sola legge o di due leggi equivalenti, né di legge di conservazione della materia. In effetti, durante ogni trasformazione, la massa totale (attuale e potenziale) si conserva per un sistema chiuso. La stessa legge è valida per l’energia totale (attuale e potenziale).
Non bisognerebbe tuttavia identificare questa legge fisica col principio filosofico dell’indistruttibilità della materia e concludere che la fisica ha dimostrato un principio filosofico. La legge fisica concerne forme concrete di materia; essa non ci dice niente sulla materia nel suo «insieme». L’indistruttibilità di quest’ultima non può essere «provata» da nessun esperimento o teoria fisica. I principi (o le tesi) filosofici non possono essere dimostrati: possono essere conformi o essere in contraddizione con le scienze.
La «materia» non ha niente a fare in tutto ciò, perché la materia non è un concetto. Tuttavia gli scienziati utilizzano questa parola che designa l’oggetto delle loro ricerche. Si potrebbe affermare che questa parola, nel senso stretto del fisico, funziona al livello della scienza in quanto concetto quasi filosofico, esercitando una funzione di mediazione tra le scienze e la filosofia. Tuttavia le leggi di conservazione della massa e dell’energia non costituiscono una prova della verità del principio di conservazione della materia, contrariamente a ciò che si dice spesso, perché, come abbiamo notato, si tratta di un principio ontologico e non di una legge fisica.
Ora, sembra che la validità di questo principio sia contestata dalla fisica attuale. Si sa, per esempio, che il modello cosmologico dell’universo di stato stazionario presuppone la creazione continua di massa (evidentemente, senza l’inter-vento di un creatore). Questa «creazione» non è una creazione ex nihilo: si tratta dell’emergenza di particelle dotate di massa da un livello più profondo della realtà, inaccessibile ai nostri attuali mezzi di sperimentazione. Si tratta, in altre parole, di emergenza di forme nuove «dal fondo del reale» (Hegel). Così il principio di conservazione della «materia» non sarebbe violato, anche in questo caso.[16]
Infine, come si potrebbe definire la materia? Engels aveva definito la materia come tutto ciò che esiste oggettivamente, indipendentemente dal soggetto. Perciò la materia è definita nella sua generalità, indipendentemente da tale o tal altra forma o proprietà. «La materia come tale» scriveva Engels «è pura creazione e pura astrazione. Noi facciamo astrazione dalle differenze qualitative delle cose riunendole, in quanto esistono corporalmente, sotto il concetto di materia. La materia come tale, a differenza delle determinate materie esistenti, non ha dunque esistenza sensibile».[17] Engels stabilisce qui una distinzione tra la categoria di materia (l’universale astratto) e le forme specifiche sotto le quali la materia esiste. A sua volta, Lenin scriveva che «l’unica ‘proprietà’ della materia, che il materialismo filosofico riconosce, è quella di essere una realtà oggettiva, di esistere al di fuori della nostra coscienza».[18] Perciò, la filosofia dialettica riallaccia i suoi legami col nominalismo aristotelico, in un quadro epistemologico moderno.
Le due definizioni precedenti possono aiutarci ad uscire dalla confusione dominante. Ora, entrambe non indicano in modo concreto il passaggio dal concetto alla categoria. Perciò, come sottolinea J. Texier, a proposito della definizione di Lenin, «essa può portare a spiacevoli conseguenze cioè ad una sorta di separazione, precisamente del filosofo e dello scienziato».[19] In più, come abbiamo già notato, la definizione di Lenin non è completa: l’oggettività della materia fonda solo un realismo scientifico. Una definizione materialista presuppone il principio dell’aseità della materia, di conseguenza la delucidazione delle relazioni tra la materia e lo spirito. Perciò, la fisica non basta. Ci serve la biologia e la psicologia.
Ma la confusione concernente la materia si ripercuoteva al di là della fisica. In effetti, l’identificazione della materia con la massa alimentò una nuova ondata di energetismo. Secondo la corrente del neo energetismo, la materia sparisce. L’energia è la sostanza ultima dell’universo. Per esempio, l’energia, secondo Padre Teilhard de Chardin, sostanza immateriale, è il nuovo spirito e l’evoluzione dell’universo si dirige verso il punto Omega, perseguendo così un télos aristotelico o hegeliano.[20] Heisenberg, Eddington, Jeans ed altri grandi scienziati avevano in quell’epoca interpretato l’equazione di Einstein come prova della sparizione della materia. L’energia «immateriale» era, per questi scienziati-filosofi, la sostanza unica e ultima del mondo.
Paul Langevin aveva già criticato l’energetismo classico, alimentato da un’interpretazione abusiva della termodinamica. Scriveva a questo proposito: «Questa energetica che viene a nascere costituisce a sua volta, e sempre per prematura generalizzazione, una nuova mistica che si è mantenuta a sua volta per più di cinquant’anni. Mi ricordo di aver letto, intorno al 1894, un articolo di Ostwald che era un vero inno in cui debordava la fede energetica. L’autore propagò anche una specie di religione, un particolare monismo, fondato sui principi della termodinamica e credette di poter piazzare alla base della morale un assioma fondamentale: ‘Non degradiamo l’energia’».[21] Il nuovo energetismo, generato dalla relatività grazie alla sua interpretazione meccanicista-prerelativista, è anche una mistica incompatibile col quadro concettuale relativistico. A proposito della critica di Langevin, R. Huard scriveva ne La Pensée che per i grandi sapienti «gli energetisti sono gli evangelisti moderni che, perdendo di vista l’origine del principio, fanno dell’energia un nuovo idolo le cui molteplici incarnazioni bastano a rappresentare tutto». Huard cita Jean Perrin. Anche lui parla dell’idolo velato adorato dagli energetisti.[22]
Il «concetto» di materia, nel senso stretto del fisico, è un «concetto» storicamente determinato, dunque relativo. (Le forme conosciute della materia cambiano nel corso del progresso scientifico). Ma la categoria di materia, che rappresenta tutto ciò che esiste oggettivamente, indipendentemente dal soggetto (Langevin sarebbe d’accordo con questa definizione), nella sua astrazione neutra, contiene tutta la ricchezza specifica del reale. Il monismo della materia è un principio ontologico. Sulla base di questo principio si può evitare l’incoerenza logica, tanto del realismo ingenuo che dell’energetismo contemporaneo.


[1] I. Newton, Principia, Univ. of California Press, 1947, p. 1.
[2] W. Heisenberg, Physics and Philosophy, Georges Allen, London, 1959, p. 105.
[3] P. Teilhard de Chardin, Le phénomène humain, Seuil, Paris, p. 286.
[4] I. Newton, Principia, Univ. of California Press, 1947.
[5] Cfr., per es., P. Langevin, La Physique depuis vingt ans, op. cit. Per il contributo di Langevin alla teoria della relatività, alla sua interpretazione e alla sua diffusione, cfr. Michel Paty, La Matière Dérobée, Éditions des archives contemporaines, Paris, 1988; Id., Einstein Philosophe, PUF, Paris, 1993.
[6] P. Langevin, La Physique depuis vingt ans, op. cit.
[7] J. Perrin, in Deux Savants Français, Jean Perrin et Paul Langevin (fascicolo senza data).
[8] A. Einstein, La Pensée, 12, Mag.-Giu. 1947, p. 14
[9] Citato da P. Biquard, Langevin, op. cit.
[10] M. Paty, Einstein Philosophe, op. cit., p. 63.
[11] A. Einstein, Ideas and Opinions, Crown, N.Y., 1982, p. 337.
[12] A. Einstein et al., The Principle of Relativity, Dover, N.Y., 1923, p. 148.
[13] Ibid., p. 143 e 149.
[14] P. Langevin, La Physique depuis vingt ans, op. cit., pp. 400-402.
[15] J. Solomon, «Qu’est-ce que la Matière?» Centre National de Synthèse, 1945, p. 89 (il testo data dal 1939).
[16] Per tutti questi problemi, cfr. E. Bitsakis, Physique et Matérialisme, op. cit., Id.,Foundations of Physics, 21, 1991, pp. 63-81.
[17] F. Engels, Dialectique de la Nature, Éd. Sociales, Paris, 1952, p. 259.
[18] LÉnine, Matérialisme et Empiriocriticisme, Éd. Sociales, Paris, 1962, p. 271.
[19] J. Texier, Rapporto presentato alla «Journée d’Études, Langevin et le Matérialisme Philosophique», Paris, 1973 (testo dattilografato).
[20] Cfr. i libri classici di Heisenberg, di Jeans, di Theilard de Chardin, e di altri.
[21] P. Langevin, La Valeur Éducative de l’Histoire des Sciences, p. 7 (Testo introduttivo al Colloquio «La Valeur éducative de l’histoire des sciences», 30.01. 1960.
[22] P. Huard, La Pensée, 109, 1963, pp. 74-75.
[da Eftichios Bitsakis, La natura nel pensiero dialettico, PonSinMor, Torino. in www.ponsinmor.info

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