LA COSTITUZIONE DI LELIO BASSO:
L'EGUAGLIANZA POSSIBILE E L'ATTACCO AI NOSTRI DIRITTI
di Marco Zanier
“Attribuiva grande valore al movimento di
resistenza non solo perché aveva combattuto per la libertà e la
giustizia ma perché essendo stata una lotta di popolo aveva promosso la
partecipazione delle masse alle scelte politiche del Paese”. Così Aldo Aniasi [1], partigiano in Valsesia e nella Repubblica dell’Ossola, dirigente
socialista di livello e poi sindaco di Milano inquadrava un aspetto
centrale del pensiero di Lelio Basso.
Resistenza, lotta di popolo, partecipazione delle
masse possono sembrare a noi oggi cose circoscritte nel tempo della
guerra di liberazione e lontane dai nostri giorni ma invece
costituiscono ancora l’intelaiatura di alcuni articoli molto importanti
della nostra Costituzione, il n. 3 e il n. 49, che proprio Basso ha
contribuito in modo determinante a scrivere e costruire nella loro forma
definitiva.
Come ha detto lucidamente Stefano Rodotà [2]: “Contraddizione
e conflitto, e partecipazione dei lavoratori, ci conducono così al
capolavoro istituzionale di Basso (assistito dalla fiduciosa sapienza
giuridica di Massimo Severo Giannini): all’art.3 della Costituzione, e
soprattutto a quel suo secondo comma sull’eguaglianza sostanziale che
innesta sul tronco istituzionale la contraddizione sociale, che forza le
istituzioni a misurarsi con il conflitto tra esclusione e
partecipazione. Si precisano così le modalità dell’intreccio tra lotta
politica e strumenti istituzionali, e il ruolo di questi strumenti nel
processo rivoluzionario”.Chiarendo senza possibilità di dubbi quello che Basso immaginava col termine “rivoluzionario”: “Un
processo le cui caratteristiche diventano più chiare nel momento in cui
il riferimento alla legalità non allude ad un “dopo”, ad una legalità
rivoluzionaria che si pone come momento terminale, successivo alla presa
del potere realizzata per vie diverse, ma diventa una delle componenti
essenziali di una lotta politica e sociale, qualificando così modalità e
caratteri di quel processo.”
La commemorazione di Stefano Rodotà, è chiaramente
più ampia di questi pochi passaggi, abbraccia un periodo più vasto che
comprende l’impegno di Basso nell’Assemblea Costituente, ma anche il suo
contributo nel 1976 alla stesura del documento fondante del diritto
delle Nazioni Unite, la cosiddetta Carta d’Algeri, in cui lui individua
un legame sostanziale tra la rimozione degli ostacoli materiali per
l’individuo indicata nell’art. 3 della Costituzione italiana e quelli
per i i popoli nella carta del 1976. E questo ci riporta al momento
iniziale del nostro ragionamento, alle parole del partigiano Aldo Aniasi
che vedeva nel socialismo di Basso un processo in divenire per portare
attraverso la lotta di popolo le masse alla partecipazione democratica
del potere.
Ma chi era in quegli anni Lelio Basso e cosa aveva
significato il suo pensiero negli anni precedenti la lotta di
liberazione e la Resistenza? La domanda non è delle più semplici ma è
estremamente importante perché ci permette di ricostruire le origini di
un’elaborazione teorica tra le più significative del Novecento che tanto
ha influenzato negli anni successivi gli sviluppi e l’affermazione di
una politica di classe che è stata uno degli aspetti migliori del
socialismo italiano del dopoguerra.
Tra i molteplici studi che si sono susseguiti negli
anni su di lui, segnalo per tanti motivi l’ultimo ampio lavoro di Chiara
Giorgi [3] che
ne ricostruisce il percorso dalla sua formazione alla costruzione passo
dopo passo della nostra Carta costituzionale nei lavori dell’Assemblea
Costituente.
Basso, che apparteneva alla generazione di Piero
Gobetti, Rodolfo Morandi e Carlo Rosselli, ossia di coloro che sentivano
sulle loro spalle il peso e la responsabilità di una generazione da
reimpostare seguendo gli insegnamenti di Antonio Labriola e Rodolfo
Mondolfo, fin dai primi saggi negli anni Venti ha espresso una
consapevolezza rara del dover dare vita ad un processo che facesse
rinascere su basi nuove il socialismo italiano partendo sia da una
lettura attenta dell’opera di Marx che dalla necessità di registrare la
coscienza di classe del proletariato. Fin da questi primi scritti, il
cammino delle masse proletarie si configura come una pressione del
lavoro sul capitale e della classe lavoratrice sullo sviluppo della
grande industria. Negli anni insomma dell’affermazione vittoriosa e
tronfia del fascismo, con la negazione dei diritti essenziali ed il
controllo del regime sulla classe operaia, Lelio Basso, afferma che “il
socialismo dev’essere non solo lo sbocco cosciente della rivoluzione
proletaria, ma anche la realizzazione del pensiero filosofico del
proletariato”. Saranno queste le premesse dell’antifascismo di classe
degli anni Trenta, quel Centro socialista interno diretto da Rodolfo
Morandi e costruito clandestinamente con Eugenio Colorni, Lucio Luzzatto
ed Eugenio Curiel che avrebbe impostato, con maggiore consapevolezza
del gruppo di Giustizia e Libertà ormai falcidiato dal regime, le
premesse di classe della futura Resistenza e della collaborazione tra
socialisti e comunisti per la creazione di un futuro democratico del
Paese.
È questo il terreno da cui nasce e si sviluppa in lui
la necessità di fare posto alla partecipazione popolare alla democrazia
unita alla tutela dei diritti inviolabili della persona umana
nell’ordinamento del nuovo Stato italiano. Per questo si batterà con
successo nell’Assemblea Costituente per costruire l’impianto
dell’articolo 3 e dell’articolo 49 in relazione a quanto espresso
nell’articolo 1, ossia normare l’uguaglianza di tutti i cittadini di
fronte alla legge e la loro possibilità di associarsi liberamente per
partecipare alle scelte politiche della Repubblica democratica fondata
sul lavoro. Se entriamo ora nelle pieghe della scrittura della Carta
costituzionale, diventano ancora più appassionanti le sue posizioni e le
sue battaglie per far passare i principi del socialismo e del rispetto
dei diritti fondamentali dell’individuo, visto come parte di un insieme
di lavoratori che hanno il diritto di trasformare progressivamente i
rapporti di forza che ancora determinano l’esclusione dai processi
decisionali.
L’articolo 3
Tutti conosciamo, credo, il testo dell’articolo 3 della nostra Costituzione, che recita:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Ma dietro questo articolo forse non molti di noi
sanno quanto lavoro c’è stato da parte dei costituenti ed in particolare
di Lelio Basso, che è riuscito a fare affermare alla nostra
Costituzione che non si realizzerà l’uguaglianza affermata nel primo
comma (“tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”) , se lo Stato
italiano non avrà rimosso gli ostacoli che impediscono ai suoi cittadini
di avere la sostanziale uguaglianza (comma due). Ed essendo in
contrasto il comma due (ci sono ostacoli da rimuovere per realizzare
l’uguaglianza ) col comma uno (tutti i cittadini sono uguali davanti
alla legge) esiste nell’art. 3 la concezione dei rapporti di forza
sociali da modificare progressivamente in uno Stato democratico, di
chiara derivazione marxista, che Basso espresse più tardi [4] con queste parole: “riconosce che in Italia c’è un ordine sociale di fatto che è in contrasto con l’ordine giuridico”.
Se la definizione dell’eguaglianza sostanziale che spetta di diritto ai
cittadini si configura come un processo in divenire, è anche la critica
della definizione di “uomo naturale e isolato” che il suo contributo in
Assemblea costituente contesta, affermando che la persona è al centro
dei rapporti umani e sociali e si afferma all’interno del contesto
sociale. Ed anche questo è evidentemente un concetto di derivazione
marxista che lui porta dentro la legge fondamentale del nuovo Stato
italiano. Non si capisce la portata delle affermazioni contenute
nell’art. 3 se non si tiene presente la visione politica complessiva di
Basso che nel 1947 [5] espresse con queste parole: “Noi
pensiamo che la democrazia si difende […] non cercando di impedire o
ostacolare i poteri dello Stato, ma al contrario, facendo partecipare
tutti i cittadini alla vita dello Stato […]. Solo se noi otterremo che
tutti siano effettivamente messi in condizione di partecipare alla
gestione economica e sociale della vita collettiva, noi realizzeremo
veramente una democrazia”.
L’articolo 49
L’altro articolo della nostra costituzione sul quale dobbiamo soffermarci è il 49, che recita:
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi
liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a
determinare la politica nazionale.
Anche qui l’impegno di Basso è stato fondamentale e
già da una prima lettura se ne può scorgere il nesso profondo con quanto
sancito dall’art.3. Ma nondimeno è legato strettamente con quanto
scritto nell’art. 1, secondo cui la sovranità appartiene a tutto il
popolo. È con il riconoscimento ai partiti del ruolo di strumenti
democratici per determinare la partecipazione della democrazia, si badi
bene, a tutti i partiti, non solo quelli al governo ma anche quelli
all’opposizione che in questo articolo si rende manifesto quanto
espresso nell’articolo 1 legando ad essi la sovranità popolare, il
carattere democratico della forma repubblicana, il riconoscimento di
partecipare tutti con le proprie idee e convinzioni politiche alle
scelte del governo ed alle osservazioni dell’opposizione, perché
entrambe portate avanti da partiti che sono riconosciuti dalla nostra
Costituzione perché espressione della libera associazione dei cittadini
(che l’articolo 3 afferma essere tutti uguali davanti alla legge senza
distinzioni e dunque tutti in grado di esprimere una propria idea
politica e di partecipare delle scelte dello Stato). Per Basso i partiti
consentono di superare la vecchia logica de sistema parlamentare di
impostazione liberale, perché esprimono “le differenze effettive del
popolo reale”. Sono i partiti, banditi ricordiamolo sempre dal regime
fascista contro il quale i nostri costituenti hanno lottato e Basso con
loro, i massimi garanti che questa unitaria volontà corrisponda quanto
più possibile agli interessi della popolazione. Sono essi il tramite fra
la sovranità popolare riconosciuta dall’art. 1 quale fondamento dello
Stato italiano e gli organi deputati a realizzare la sua volontà in
forma di legge.
La riforma Renzi- Boschi ed il ruolo dei socialisti
Ricostruito il percorso che ha portato il massimo
costituente socialista ad inserire nella Carta costituzionale il
riconoscimento dell’inviolabilità dei diritti di ogni cittadino ad
esprimere una propria opinione, il ruolo dello Stato che riconoscendo
l’esistenza di un ordine sociale difforme da quanto affermato come
diritto inviolabile di tutti si deve impegnare a rimuovere gli ostacoli
che vi si frappongono, il ruolo dei partiti come espressione massima
della volontà popolare e portatori delle diverse istanze della gente che
vive quotidianamente le difficoltà più diverse e vuole contribuire col
voto a determinare le scelte politiche nazionali dei singoli governi,
come potrebbe essere possibile che i socialisti oggi sostengano le
ragioni della riforma Renzi-Boschi che di fatto toglie la voce alla gran
parte dei cittadini, non riconosce valide e degne di nota le opinioni
differenti dal partito che con una risicata maggioranza potrebbe
controllare l’intero Parlamento, stravolto peraltro nella sua forma e
nelle sue funzioni dall’abolizione di fatto dei contrappesi necessari
presenti nella formulazione di una Camera e di un Senato con pari
dignità giuridica ed introduce parlamentari nominati direttamente dal
Presidente del Consiglio? Per me tutto questo se per un comune
cittadino è inaccettabile, deve esserlo a maggior ragione per chi si
definisce nel socialismo, nei suoi principi, nei suoi obiettivi, nel suo
orizzonte di trasformazione sociale complessiva attraverso passaggi
graduali ed il metodo democratico del confronto delle idee diverse.
Per mantenere la democrazia in Italia, continuare a
far sentire ciascuno la nostra voce, confrontarci sui problemi reali e
trovare delle soluzioni possibili, al Referendum di ottobre diciamo NO
all’attacco del governo Renzi ai nostri diritti in nome della nostra
bella inimitabile Costituzione, amata e studiata in tante parti del
mondo.
[1] Aldo Aniasi, “Maestro di socialismo”, intervento pubblicato in “Lelio Basso”, edizioni Punto Rosso 2012, p. 137
[2]
Stefano Rodotà, “Vocazione costituente” (estratti dal discorso
commemorativo tenuto il 15 novembre 1988 presso la sala Zuccari del
Senato della Repubblica) ora in “Lelio Basso”, ed. Punto Rosso cit., p.
47
[3] Chiara Giorgi, “Un socialista del Novecento. Uguaglianza libertà e diritti nel percorso di Lelio Basso”, Carocci editore, 2015
[4]
Lelio Basso, “Interventi”, a cura di F. Livorsi, “Stato e
Costituzione”, atti del convegno organizzato dalla Fondazione Basso-
ISSOCO e dal Comune di alessandria, Marsilio, 1977, p. 130
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