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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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venerdì 23 dicembre 2011

Un "nuovo" segretario inaugura un "nuovo" PSI





Care compagne e cari compagni,
il nostro partito è giunto sulla soglia di un anniversario che lo vede ancora tenere alta la sua bandiera dopo ben 120 anni di storia, una storia illustre piena di luci ma anche densa di molte ombre, fattesi purtroppo molto lunghe negli ultimi venti anni.
E quando le ombre sono lunghe, vuol dire che il sole è basso e non splende più in alto nel nostro orizzonte, e il clima non è caldo, ma tende ad essere gelido.
Le vicissitudini degli ultimi tempi ci hanno portato a dover combattere più per sopravvivere che per affermare i nostri ideali di sempre.
Ma la nostra passione resta intatta e lo si vede quando qualcuno di noi vola più alto delle misere logiche localistiche o dei disperati giochi di bottega, per ricordarci quale è la nostra bussola, come essa sia importante e quale direzione tuttora essa segni nel mondo ed in Europa.
Un partito che ambisce ad essere socialista e a restare tale, unico per altro ad essere ancora iscritto al PSE e all'Internazionale Socialista in Italia, ha il dovere innanzitutto, prima ancora di ogni eventuale strategia politica di carattere nazionale, di coordinarsi con quelle che sono le politiche europee e globali messe in atto da analoghi partiti socialisti.
Il documento di recente elaborato dal partito socialdemocratico tedesco e da quello socialista francese parla chiaro:
Bisogna dunque riformare in profondità la politica economica, finanziaria e sociale europea nel quadro di un governo economico europeo democraticamente legittimato e dotato di ampi poteri di intervento. I capi di stato e di governo europei, in maggioranza conservatori e liberali, e soprattutto la cancelliera tedesca e il presidente Sarkozy, si sono rifiutati per troppo tempo di discutere di una governance economica europea. Hanno sottovalutato l’ampiezza della crisi monetaria e finanziaria. Non l’hanno saputa anticipare e hanno dimostrato di non avere quella visione politica di cui l’Europa avrebbe avuto bisogno durante la crisi. L’Europa governata dai conservatori ha esitato troppo.(…) Le decisioni assunte all’ultimo Consiglio di Marzo 2011- riforma del patto di stabilità e di crescita, accordo sui principi di un meccanismo di stabilità europeo permanente e su un patto per l’euro – sono ben al di sotto del grande slancio politico necessario ad attuare un vero governo economico europeo. Sono iniziative incentrate sul rigore di bilancio, sull’austerità, considerata come la via maestra per far uscire l’Unione europea dalla crisi.
Si tratta di un approccio alquanto sbagliato e pericoloso. Riduce la crisi monetaria europea ad una crisi di indebitamento dei paesi membri e dimentica così totalmente la causa principale della crisi attuale dell’euro: la crisi dei mercati finanziari internazionali scatenata da un’enorme speculazione che ha costretto a più riprese gli Stati membri dell’Unione europea ad indebitarsi per impedire il crollo totale dei mercati finanziari.
Sono i contribuenti che alla fine pagheranno il conto della crisi. Per colpa dei conservatori europei, le banche e gli speculatori, le cui operazioni finanziarie rischiose hanno provocato la crisi stessa, se ne usciranno senza alcuna conseguenza. Questo non può essere nè economicamente nè socialmente accettabile.
Le iniziative e le riforme attuali sono insufficienti perché prescrivono una via, quella dell’austerità economica, come unico rimedio universale per tutti i paesi membri. Esse dimenticano le disparità economiche e gli squilibri esistenti tra gli stati membri dell’UE e, cosi facendo, rischiano di accentuare le fratture economiche invece di sanarle.
Anche i rimedi proposti sono particolarmente condivisibili ed evidenti:
1) Una tassa sulle transazioni finanziarie in Europa (…)
2) Un programma di crescita europea (…)
3) Istituzione degli eurobond (…)
4)Un sistema bancario con un’autentica funzione di servizio(…)
5)Una base comune per l’imponibile fiscale sulle società (…)
6)Un patto di stabilità sociale (…)
La governance economica deve essere completamente democratica
Non ci sembra per altro che la precedente opposizione parlamentare (in particolare il PD) abbia recepito in alcun modo tali indicazioni ed in particolare, favorendo la nascita di un governo tecnico non eletto dai cittadini, essa ha disatteso la necessità di una governance democratica, e con le misure messe in atto e votate dalla medesima ex opposizione, oggi diventata a tutti gli effetti componente organica per la fiducia ad un governo che attua le politiche della peggior destra europea, essa ha piuttosto contribuito a far pagare ai contribuenti più deboli un ulteriore insopportabile costo della crisi, rendendosi di fatto complice attiva della recessione in atto. E con l'aggravante di spacciare tale complicità per senso di responsabilità, non certo esercitato nei confronti della maggioranza degli elettori.
Un partito Socialista degno di tale nome deve dunque evitare due rischi che sono al contempo due pericoli micidiali che possono portarlo al suo annientamento definitivo:
Il primo è la "complicità" con chi mette in atto politiche profondamente divergenti da quelle che si considera di attuare nell'ambito del Socialismo Europeo
Il secondo è lo “strabismo” che lo porta a guardare da una parte alla sua presenza in un ristretto ambito localistico, e dall'altra a fregiarsi di una visione europea di facciata, in particolare per autoleggittimarsi (ma solo formalmente) nell'eventualità che altri reclamino il diritto di attuare politiche concretamente e più credibilmente socialiste. Uno “strabismo” per altro accentuato anche dalla tendenza non tanto ad accogliere senza pretese chi crede di avere sbagliato ad intraprendere strade diverse in passato, ma addirittura a proporre liste comuni con coloro che fuoriescono da anni di berlusconismo da noi sempre aspramente criticati e considerati tuttora rovinosi per l'assetto sociale ed economico del paese.
Chi ha sbagliato e chiede di tornare a non sbagliare può essere accolto (perché non si sbatte mai la porta in faccia a nessuno e ai miracoli non si voltano mai le spalle), ma solo a patto che, pentito seriamente ed amaramente del suo recente passato, dia poi umilmente il suo contributo come tutti. Non si può certo accettare che diventi invece il perno di una nuova politica per cercare consensi che non troveremo di sicuro tra quelle persone che sanno ancora quali sono sempre stati i valori e gli orientamenti del socialismo italiano, tanto meno tra i giovani che sono stati le vittime preferite di tali disastrose politiche, messe in atto con il pieno assenso di coloro che oggi abbandonano il carro di Berlusconi.
Un valore che dobbiamo mettere al centro della nostra politica è la “condivisione” perché il valori socialisti non sono un “monopolio” esclusivo di un partito, in particolare, considerando i compagni socialisti di SEL profondamente delusi dopo la svolta del “precedente” segretario svoltasi a Bagnoli, che aspiravano ed aspirano tuttora a creare una “sinistra larga” di orientamento socialista e democratico, noi dobbiamo rivolgere loro un caloroso appello affinché si crei con il nostro partito una piena convergenza di intenti, per rafforzare anche in SEL l'energia necessaria a percorrere con orientamenti e valori chiari, la via del Socialismo Europeo, la quale, evidentemente, non può essere tracciata solo da un leader, o che, comunque, non aspetta a tempo indeterminato che un leader la percorra, ma piuttosto richiede una vasta partecipazione e consapevolezza nella base di tutti quei militanti di partito che sono decisi fermamente ad intraprenderla.
Noi, dunque, come partito seriamente ancorato alla sinistra fino ad esserne indissolubili e a reclamarne oggi come 120 anni fa la sinonimia e la stessa “fondazione”, restiamo aperti al loro prezioso contributo e anche alla loro militanza, pronti ad accoglierli in ogni momento, per valorizzare al massimo le loro ragioni e farne elemento fondamentale di propulsione creativa verso i più vasti orizzonti e percorsi che consideriamo insieme di volere raggiungere.
Lo stesso diciamo ai compagni socialisti del PD, e anche a chi si trova nella FED; la sinistra può e deve essere rinnovata e rilanciata soprattutto se sapremo condividere la strada della prassi socialista, che richiede innanzitutto partecipazione alle lotte dei lavoratori, sostegno ai sindacati che più ne difendono oggi i diritti, promozione di una coscienza più matura di appartenere ad una “classe”, ad un mondo che lo spietato totalitarismo del profitto tende a ridurre a merce e “pezzo di ricambio”, soltanto per accrescere i suoi interessi. Ciò ci impone in particolare una coscienza matura dei rapporti sociali in atto e anche delle sfide ecologiche ed ambientali che esigono un diverso modello di sviluppo più orientato non tanto verso la “sostenibilità”, ma piuttosto verso la compartecipazione alla valorizzazione e alla simbiosi con le forze della natura, ricavandone energia vitale e rinnovabile.
Per seguire la bussola del Socialismo, l'unica che può concretamente evitare di farci naufragare in una generalizzata e globalmente rovinosa barbarie, è necessario non essere “strabici”, e conseguentemente saper guardare insieme nella stessa direzione, verso la quale già puntano altri popoli che validamente cercano di contrastare, anche in altri continenti, la tirannide di un capitalismo cainamente speculatore e guerrafondaio.
Dobbiamo utilizzare le risorse preziose che vengono dai contribuenti (e dobbiamo lottare strenuamente affinché tutti lo siano) non per incrementare l'attività più inutile e dispendiosa oltre che tragicamente rovinosa ed autodistruttiva che ci sia mai stata: la guerra. Dobbiamo giovarcene per rendere il nostro Stato più solidale e più giusto, per combattere la criminalità e la corruzione e per tutelare lo Stato sociale, la giustizia, la salute, la formazione ed i posti di lavoro, sapendo anche “vendere meglio” i nostri prodotti all'estero, in particolar modo nei paesi emergenti del BRIC in cui la nostra politica dell'export è tuttora in ritardo, deficitaria e scarsamente concorrenziale.
Noi siamo “piccoli” perché scontiamo troppe “piccolezze” che ci hanno ridotto in tali condizioni in un passato recente, dopo avere tentato di essere “grandi” con un grande leader: Bettino Craxi il quale però, pur pensando in “grande” non seppe allargare questa “grandezza” al di fuori della sua leadership, restando sostanzialmente prigioniero prima e confinato poi nell'assolutismo di “quella sua personale”.
Un leader è grande quando riesce non solo a dare un esempio credibile e duraturo, ma ancor di più quando sa coinvolgere, nella rilevanza del suo progetto innovativo, la partecipazione attiva e responsabile di altri compagni e persino di altre forze politiche; in poche parole quando è “contagiosamente” utile e positivo per una causa comune. Così furono grandi socialisti come Pertini, Nenni e Lombardi, così possiamo, vogliamo e dobbiamo essere noi, non contando su “uno per tutti”, ma essendo piuttosto disposti a “contare tutti per uno”.
Condivisione e focalizzazione degli obiettivi che abbiamo di fronte, senza alcuna “complicità” o “strabismo” questa può essere la strada non solo della rinascita di un partito, ma, ancora di più, di una Italia più degna, più rispettata e sicuramente migliore di quella che abbiamo oggi sotto i nostri occhi
Ecco quindi che il miglior augurio che credo di potervi fare per il nostro prossimo 120° anniversario è quello di avere coraggio e di non esitare, per continuare a guardare in alto e credere, partecipare e lottare, perché così le ombre si accorceranno, e il nostro sole, quello del migliore avvenire, finalmente potrà rispendere alto e luminoso su di noi... fino alla vittoria, sempre!

C.F.

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