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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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martedì 12 giugno 2012

I risultati elettorali del Front de Gauche: alcune considerazioni




di Riccardo Achilli

Prima che si scatenino i consueti sciacalli sugli esiti delle elezioni parlamentari di oggi (già mi pare di sentirli: "il Front de Gauche è un bluff, una sinistra radicale unita non regge ai test elettorali, l'elettorato alla fine chiede ragionevolezza e quindi proposte moderate, ", ecc. ecc.) sarebbe il caso di precisare alcune cose in merito ai risultati elettorali per le parlamentari francesi conseguiti dal Front de Gauche:

- nel complesso, se il risultato fornito dalle proiezioni (6,5%) sarà confermato, allora il FG avrebbe conseguito un buon risultato, in lieve crescita rispetto al 6% conseguito alle europee del 2009 ed alle regionali del 2010;

- certamente il fortissimo calo rispetto al primo turno delle presidenziali di aprile (dove il FG aveva conseguito l'11%) e la stessa tragica sconfitta di Mélenchon, buttato fuori dal ballottaggio, nel suo feudo, dalla Le Pen e da un oscuro candidato socialista, deve far riflettere. A mio parere, è intanto il frutto di errori di strategia dello stesso Mélenchon. Il suo elettorato si aspetta che il leader di un partito di sinistra radicale sia combattivo, e non scenda immediatamente, e senza ottenere concessioni significative sul programma, a patti con Hollande. Invece, subito dopo il primo turno, Mélenchon si è "ammosciato", offrendo i suoi voti ad Hollande, per il ballottaggio, senza nemmeno negoziare in modo significativo sul programma, in nome di una presunta "emergenza FN" che si è rivelata  meno grave delle aspettative (atteso che il FvN ottiene, dalle proiezioni per il Parlamento, il 13,4%, in netto calo rispetto al risultato delle presidenziali). Vorrei ricordare, e ne so qualcosa sin dall'infanzia, che i francesi sono i più "germanici" fra i popoli latini: possono amare qualcuno (anche un movimento politico) con straordinaria passione, ma ad un certo punto irrompe il loro spirito cartesiano, razionalistico e freddo: se tu ti presenti come leader di un partito radicale e poi ti ammosci subito dopo le elezioni, non sei più coerente, e diventa illogico continuare a sostenerti. In cambio, mentre Mélenchon si ammosciava, Hollande, in questo ultimo mese, si è mosso efficacemente, varando due provvedimenti più demagogici che effettivi, in termini di riduzione reale delle diseguaglianze sociali, come il tetto agli stipendi di alcuni manager pubblici e la riduzione dell'età pensionabile a 60 anni per circa 110.000 lavoratori "precoci". Roba di poco conto, di piccolo cabotaggio, ma di impatto dal punto di vista mediatico. La politica è veloce, le rendite di posizione non esistono più, e chi non si muove è penalizzato subito, anche dopo soli due mesi;

- i risultati in discesa dei partiti alle due estreme del quadro politico francese, fra gli esiti delle presidenziali e quelli delle parlamentari, sono il frutto di un mostruoso astensionismo (43%) che non ha riscontro rispetto ai dati delle presidenziali (dove tale percentuale era soltato del 20-20,5%). Ciò mostra come gli elettori dei partiti posizionati alle estreme siano scettici ed anche ostili al parlamentarismo, in qualche modo associato ai rituali di gestione del potere della "casta" politica, mentre sono molto più propensi ad andare a votare per un leader dell'esecutivo che li rappresenti. Tale ostilità alla "casta", più o meno giustamente accusata di aver sprofondato l'europa in una crisi economica e sociale gravissima, assume varie forme nei diversi Paesi. Tutte queste diverse forme sono però negative per la sinistra radicale, poiché le tolgono quote di elettorato di riferimento. In Paesi come l'Italia o la Germania, dove esistono partiti politici de-ideologizzati, la cui base politica fondamentale è l'avversione nei confronti dell'intermediazione politica tradizionale, in nome di forme di partecipazione diretta e dal basso (M5S in Italia, Piraten Partei in Germania) tale disprezzo per la casta politica passa per il voto a tali partiti. Dove invece partiti simili non esistono, come in Francia, l'avversione per la casta passa tramite un enorme astensionismo in occasione di elezioni mirate a rinnovare le istituzioni simboliche dell'intermediazione politica tradizionale (come il Parlamento). Ma la conseguenza politica immediata è sempre la stessa: a soffrire maggiormente di tale orientamento dell'elettorato sono i partiti radicali, in particolare quelli di sinistra. Perché è soprattutto l'elettorato con tendenze di sinistra radicale a risentire maggiormente dell'attrazione di proposte politiche che in qualche misura possono risultare, solo apparentemente, "rivoluzionarie" nel loro rifiuto netto dei rituali tradizionali del parlamentarismo liberale;

- è comunque metodologicamente scorretto, e politicamente sleale, inferire lezioni per l'Italia da avvenimenti politici che si verificano in contesti nazionali, sociali e politici diversi da quello italiano. In Germania la Linke è in difficoltà per motivi specifici a quel Paese (sono d'accordo con Norberto Fragiacomo, quando in un articolo precedente dello stesso blog ci dice che molti elettori tedeschi preferiscono i Piraten alla Linke, perché i primi consentono loro di esprimere un dissenso che però non rimette in causa l'egemonia tedesca e della Bundesbank sull'intera Europa, anche se credo che molti dei mali della Linke derivino dall'assenza di un leader carismatico che la rappresenti, in una politica sempre più leaderistica e personalistica, e dalle mille mediazioni interne fatte con il bilancino, spesso anche fastidiose, che sono una consuetudine quotidiana di tale partito). In Francia il FG non sfonda per questioni specifiche a quel Paese. In Italia non abbiamo un Spd che metta in discussione il fiscal compact, sia pur in modo molto moderato, non abbiamo un PSF che faccia alcune politiche, sia pur prevalentemente di facciata, di sinistra. Abbiamo il PD. Ed è inutile sperare che il PD metta a disposizione la politica di rilancio della crescita ed equità sociale che serve oggi. È illusorio sperarlo. Quindi in Italia abbiamo bisogno di una sinistra unita...semplicemente per motivi inerenti le caratteristiche specifiche del quadro politico italiano, non perché tali esperienze abbiano successo o meno in contesti diversi dai nostri. Iniziamo a guardare dentro noi stessi, anziché misurare esperienze esterne, e stabilire se imitarle o meno in base ai loro specifici risultati.



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