LE VITTORIE DI PIRRO DELL'ITALIA
di Riccardo Achilli
Forse contagiati dalla vittoria della nazionale di calcio sulla Germania, i giornali italiani (come al solito allineati ai poteri forti) oggi sono tutti orientati verso un trionfalismo eccessivo rispetto ai risultati ottenuti da Monti nel Consiglio europeo di ieri. Certo, considerando che la Merkel aveva iniziato questo vertice con l’intenzione di non concedere assolutamente niente, si può anche dire che la miseria che Monti ha strappato (con l’appoggio determinante di Hollande, senza il quale non si sarebbe ottenuto neanche quel poco che si è ottenuto) sia una vittoria. Ma è una vittoria di Pirro.
Cosa avrebbe ottenuto di così strabiliante Monti?
La concessione più importante sembra essere quella del cosiddetto “meccanismo di stabilizzazione dello spread”. In soldoni, si tratta di prevedere che l’Efsf (1) , che sarà presto sostituito dall’ESM (2), acquisti una parte dei titoli pubblici emessi dai Paesi iper-indebitati, che però rispettino alla lettera le politiche di austerità imposte dal fiscal compact, al fine di ridurre i rendimenti. Da quel poco che filtra rispetto ai meccanismi attuativi concreti, che dovranno essere messi a punto entro dicembre, questo meccanismo sembra poco più che una fumosa presa in giro, per tranquillizzare i mercati (che però si faranno tranquillizzare per poco tempo). Perché?
Perché intanto l’ESM non ha i soldi per effettuare una simile operazione di acquisto di titoli pubblici. L’ESM partirà con una dotazione di capitale di 700 miliardi. Con tale dotazione, potrà indebitarsi emettendo titoli, per poi utilizzare la raccolta per i molteplici fini demandatigli, ovvero l’erogazione di prestiti agli Stati membri in difficoltà, l’erogazione di aiuti per la stabilizzazione dei sistemi bancari (in particolare di quello spagnolo, sul bordo del tracollo), ed infine l’acquisto di titoli pubblici dei Paesi “virtuosi”, ma sottoposti ad un particolare stress sui rendimenti.
Considerando la situazione depressa dei mercati finanziari attuali, e ipotizzando un buon moltiplicatore (perché i titoli emessi dall’ESM godranno di una priorità particolare nel rimborso rispetto ai titoli del debito pubblico degli Stati nazionali) diciamo di 1 a 5, l’ESM avrà a disposizione 3.500 miliardi per operare. Soltanto il salvataggio del sistema bancario spagnolo potrebbe costare fino a 600 miliardi (tale è l’esposizione del sistema bancario verso il settore immobiliare, una esposizione che si tradurrà quasi tutta in sofferenze, atteso che le banche spagnole non hanno ancora iscritto a bilancio tutte le loro perdite, e che resta l’immane incognita delle Casse di Risparmio, un vero e proprio buco nero in cui ancora non si è guardato a fondo). In più, occorrerà continuare ad erogare prestiti per tenere artificialmente in vita l’economia greca, oramai fallita e dipendente dall’ESM. E siccome, come ha previsto il Centro Studi Confindustria ieri, la recessione economica prevista per l’Italia per il 2012-2013 impedirà il raggiungimento dell’obiettivo di pareggio di bilancio (come da noi sostenuto già in
occorrerà prevedere aiuti consistenti anche per l’Italia. Quanti soldi saranno ragionevolmente a disposizione per il meccanismo salva-spread montiano? Peraltro, la mancata concessione all’ESM dello status di intermediario creditizio, imposta dalla Merkel, impedirà a tale fondo di potersi avvalere di liquidità emessa dalla Bce per rafforzare la sua dotazione finanziaria. Di utilizzare la Bce in luogo dell’ESM non se ne parla nemmeno: lo statuto della Bce vieta gli interventi sui mercati primari dei titoli pubblici, e Draghi si taglierebbe le vene, prima di autorizzare una modifica statutaria su questo punto.
Inoltre, lo stesso meccanismo di intervento ipotizzato sembra amplificare a dismisura i limiti finanziari dell’ESM. E’ infatti previsto che il meccanismo scatti quando lo spread superi una determinata soglia (p. es. 300 punti-base). Ciò significa che non vi è limite teorico all’ammontare di investimenti che l’ESM dovrebbe mettere in campo per riportare lo spread al di sotto della soglia, in situazioni in cui la speculazione investa contro il debito sovrano di un Paese. C’è da scommetterci: con questo meccanismo, di fronte ad un attacco speculativo serio, l’ESM sarà un soldato senza munizioni.
Infine, è la filosofia stessa di tale strumento che è molto discutibile. Intanto, presuppone la prosecuzione di politiche di austerità di bilancio da parte degli Stati fruitori, che sono proprio quelle politiche che, deprimendo la crescita e quindi il gettito fiscale, impediscono un miglioramento ciclico dei saldi di finanza pubblica, costringendo quindi le singole economie nazionali a rimanere schiacciate da politiche recessive per anni, impoverendosi oltre ogni misura e (come dimostra la Grecia) finendo comunque in default. Per inciso, Monti ha anche mentito, affermando che i Paesi fruitori del meccanismo non saranno monitorati dalla trojka. Mezz’ora dopo, la Merkel ha dichiarato esattamente il contrario: chi vorrà fruire del meccanismo, dovrà sottoporsi ad un controllo specifico sulle sue politiche di bilancio da parte della trojka, e quindi per ridurre di mezzo punto i rendimenti dei propri titoli, dovrà massacrare la sua economia con politiche di austerità. Non sembra che il gioco valga la candela. Tra l’altro, la chicca sulla torta è che tale meccanismo non sarà nemmeno automatico: dovrà passare per una trafila burocratica e la stipula di un memorandum. Ve lo immaginate un meccanismo paralizzato per settimane, in attesa che le procedure burocratiche lo sblocchino, mentre magari un Paese è sottoposto quotidianamente ad un attacco dei mercati rispetto ai rendimenti dei suoi titoli pubblici? E poi la Ue parla di “smart burocracy” e semplificazione amministrativa…ma per favore…
Ma vi è qualcosa di ancor più grave: tale meccanismo contiene una enorme contraddizione strutturale, che rischia di farlo fallire. Siccome i titoli emessi dall’ESM per finanziare, tra l’altro, anche il meccanismo anti-spread hanno una priorità nel rimborso rispetto ai titoli del debito pubblico nazionali, ciò potrebbe spiazzare gli investimenti dei mercati, sottraendoli alle aste per la collocazione dei titoli del debito pubblico, in favore dei titoli emessi dall’ESM. Vanificando l’effetto-calmiere degli acquisti di titoli pubblici effettuati dall’ESM stesso. Un vero e proprio corto circuito finanziario, dovuto ad ovvi effetti di spiazzamento, ed all’avversione al rischio degli operatori finanziari in una fase come quella attuale.
Questo meccanismo inefficace, contraddittorio, controproducente perché perpetua le politiche di austerità di bilancio sarebbe il più grande successo strappato da Monti? Se così è, figuriamoci il resto dei risultati del vertice…E in effetti, gli altri risultati del vertice sono la certificazione di un fallimento nell’affrontare la crisi. Un topolino che dovrebbe contrastare l’enorme montagna di una crisi infinita (il cui prossimo capitolo probabilmente sarà l’esplosione della bolla dei debiti privati per credito al consumo, in continua e forte crescita in tutta Europa). Fra le altre misure più propagandate, si prevedono 130 miliardi di investimenti pubblici, cui vanno aggiunti 4,5 miliardi di project bonds per opere pubbliche. Tale pacchetto avrà effetti? Facciamo qualche conto: si tratta di un pacchetto pari ad appena il 7% del totale degli investimenti fissi lordi effettuati nell’area-euro nel 2011, ed ad appena l’1,4% del suo PIL. Stimando l’effetto di crescita di tale pacchetto sulla base dei contributi al PIL delle componenti di domanda aggregata, esso contribuirebbe ad una crescita del PIL dell’area-euro pari alla strabiliante cifra di 0,04 punti!!! (Stima effettuata su dati Eurostat). Una goccia nel mare che non avrà alcun effetto di ripresa dell’economia europea (per inciso, la stessa somma spesa come incentivo al consumo avrebbe un effetto di 0,6 punti sulla crescita del PIL europeo: di cosa hanno paura i nostri governanti, che predicano l’impossibilità di fare politiche di stimolo ai consumi: di una inflazione al di sotto del 2%? Stiamo scherzando?) Questo pacchetto di investimenti non è niente più che un annuncio politico ad uso e consumo delle opinioni pubbliche (senza contare il fatto che, in assenza di clausole specifiche sull’uso di tali fondi, gli investimenti tenderanno ad essere calamitati dalle economie nazionali più forti, e non certo da quelle sottoposte a piani di rientro dall’extra debito ed in più profonda recessione, che avrebbero maggior bisogno di investimenti).
La golden rule viene rimandata a tempi migliori, ad un approfondimento successivo, che ovviamente è un modo per non realizzarla; di Tobin Tax non se ne parla con grande enfasi (anche perché i principali mercati finanziari europei, quello svizzero e quello britannico, non la applicherebbero, rendendola inefficace); di unione politica si parla vagamente, e soltanto nei termini imposti dalla Germania, ovvero di controllo ancor più stringente sulle politiche di bilancio degli Stati membri da parte di una euro-burocrazia legata ai poteri forti del capitalismo finanziario.
Le altre misure decise nel vertice, come l’avvio di una unificazione bancaria, vanno anche bene, ma il problema di fondo è che le conclusioni del vertice non fanno altro che ribadire una linea neo liberista chiaramente perdente, inadeguata a far ripartire economia ed occupazione, masochistica, che a questo punto va attribuita essenzialmente al disinteresse totale del capitale finanziario rispetto all’andamento reale dell’economia (state pure in recessione per i prossimi cinquant’anni, purché garantiate il puntuale rimborso dei vostri debiti alle banche internazionali ed alle corporation finanziarie).
Non si discute di un piano di fuoriuscita graduale e non traumatica della Grecia dall'euro, con un tasso di cambio controllato entro margini di oscillazione fissi, incaponendosi a non concederle nemmeno una dilazione dei tempi di esecuzione del piano di rientro, senza spiegare come farà un Paese fallito a ridurre la sua esposizione debitoria con la prosecuzione di politiche liberiste; non si discute minimamente degli effetti dell'imminente entrata in vigore del regolamento di Basilea 3, le cui modeste misure anticicliche non sono sufficienti ad evitare larghi credit crunch nelle fasi di crescita stagnante; non si implementa una terapia di shock, dagli effetti immediati, sulla domanda aggregata dei Paesi più virtuosi (Germania, Svezia) in grado di esercitare effetti di locomotiva anche sugli altri, tramite le esportazioni; non si discuterà di un meccanismo europeo di welfare in grado di rimettere milioni di disoccupati dentro il circuito del consumo e della domanda (reddito minimo universale, peraltro suggerito dal Parlamento europeo in una raccomandazione del 2010, nella misura del 60% del reddito mediano nazionale, e di fatto disatteso, anche dal ridicolo meccanismo dell’Aspi ideato dalla Fornero); non si discute dell'unico modo per evitare che, nel medio periodo, Italia, Spagna ed Irlanda finiscano come la Grecia, cioè in default dichiarato, travolgendo l'euro, ovvero la mutualizzazione del debito pubblico tramite gli eurobonds, che consentirebbe di avere un debito pubblico europeo sostenibile, pari all’87% del PIL dell’eurozona, e quindi di poter far ripartire veramente le politiche di stimolo alla crescita. Non si discute della possibilità di attivare un programma di micro opere pubbliche, specie nel settore della difesa del territorio, per Paesi come l'Italia, che oltre ad avere un interesse sociale enorme (ed anche un interesse produttivo, visto che il terremoto dell'Emilia ci mostra che, senza opere di contenimento e difesa, ad andarci di mezzo sono anche gli insediamenti produttivi) attiverebbe anche migliaia di posti di lavoro.
In sostanza, è chiaro che per uscire dal gorgo serve più Europa, ma un’Europa più coesa, più orientata alla crescita, più politica e democratica, e meno tecnocratica. Ma quella che esce dal vertice di ieri non realizza alcun avanzamento in tal senso. Esce un’Europa divisa, che mette a nudo miopi egoismi nazionali (e poi qualcuno dovrebbe spiegare al cittadino tedesco medio a chi esporterà le sue merci la Germania se l’Europa centro meridionale continuerà ad essere massacrata da politiche liberiste) ed approcci emergenziali focalizzati su pseudo-soluzioni di breve termine, approcci tecnocratici e privi di prospettiva politico/strategica, nonché tentativi di gettare fumo negli occhi dei mercati e delle opinioni pubbliche con carabattole tecniche inefficaci e piene di contraddizioni. Niente di tutto ciò è utile per uscire dal tunnel, e niente di tutto ciò, professor Monti, può considerarsi una vittoria vera per il nostro Paese. Come Pirro, abbiamo ottenuto un inefficace meccanismo di calmiere allo spread, in cambio della garanzia che il massacro sociale continuerà (ed infatti oggi la Merkel, in Germania, parla di una vittoria tedesca, e ne ha ben donde: di eurobonds non se ne parlerà mai più).
E’ una vittoria? E’ una prova di dignità nazionale? Cos’è?
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(1) European Financial Stability Facility
(2) Meccanismo Europeo di Stabilità
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