di Marco Milani
Cornelius Castoriadis (Costantinopoli, 1922 – Parigi, 1997) è stato uno dei maître à penser più innovativi della cultura francese del secondo Novecento. Greco di nascita, riparò in Francia negli anni Quaranta. Fondatore del gruppo Socialisme ou Barbarie con Claude Lefort, pubblicò l’omonima rivista dal 1949 al 1966. Inizialmente comunista (fu vicino al trotskismo fino a vent’anni), ha maturato una delle critiche più radicali e articolate del marxismo, specialmente della tecnoburocrazia sovietica, sviluppando il concetto di autonomia. È stato filosofo, psicanalista, economista e, soprattutto, attivista rivoluzionario. La sua opera è assolutamente enciclopedica, non solo vasta ma varia al punto da toccare in profondità i campi del sapere più disparati. Ma questa poliedricità non ha favorito la diffusione del suo pensiero, al contrario: in Italia sono state tradotte e pubblicate poche opere (spesso parzialmente), e anche all’estero rimane un autore di gran lunga più citato che letto e assimilato.
Democrazia e relativismo, il libretto pubblicato ora da Elèuthera, è una buona occasione (l’unica in lingua italiana) di incontrare il pensiero di Castoriadis nei suoi tratti essenziali. Depurato dalle difficoltà dei linguaggi accademici e specialistici, ma non banalizzato, si presenta come dialogo fra Castoriadis e i membri del MAUSS (Movimento Anti-Utilitarista nelle Scienze Sociali), tra cui ricordiamo Alain Caillé, Serge Latouche e Chantal Mouffe. Le questioni poste dal MAUSS, fucina di primo piano di intellettuali marxisti eterodossi, danno vita a un dibattito vivace, in cui le analisi e proposte di Castoriadis emergono per radicalità e chiarezza. Frutto di cinquant’anni di attività, dopo altri quindici anni sono più attuali che mai.
Innanzitutto, la democrazia. Per Castoriadis, la democrazia non è data dalla natura né dallo sviluppo dialettico dei rapporti sociali, è una creazione storica e autonoma degli esseri umani che decidono di autogovernarsi e, in quanto tale, costruzione aleatoria. Nulla è più estraneo di questo al pensiero marxista, ispirato dalla necessità della rivoluzione. In due momenti della storia, nell’Atene classica e nell’Occidente, l’idea di una società autonoma (che si dà regole da sé), s’impone rispetto all’eteronomia dilagante. Il germe di questa autonomia «è la messa di discussione di sé stessi»: la capacità di riflettere su sé stessi, di prendere le distanze e di rivoltarsi contro l’istituito e di creare dal nulla nuove istituzioni sociali.
Questo processo incessante di rimessa in discussione esprime un relativismo radicale. Ma non si tratta di una resa critica di fronte al divenire, al contrario. Il riconoscimento che le dinamiche sociali sono legate in maniera indissolubile alle fragili contingenze umane, e sono del tutto svincolate da presunte necessità storiche, ragioni razionali o istanze trascendenti, è una precondizione per l’esercizio della libertà. Nessuno spontaneismo, nessuna soluzione facile né definitiva, poiché «Niente e nessuno può proteggere l’umanità dalla sua propria follia» (1). Ma tanto meno può essere una soluzione l’eteronomia, in qualunque sua forma, di delega ai rappresentanti, o di soggezione a un potere dittatoriale, regale, imperiale. Per questo l’unica democrazia possibile è la democrazia diretta, a sostegno della quale Castoriadis offre argomentazioni semplici ed eleganti.
Quali sono gli strumenti per coltivare un immaginario di autonomia, che è la base dell’esercizio della libertà? Castoriadis indica con forza la paideia, l’educazione:
«la partecipazione dei cittadini, a tutti i livelli della società, non è una faccenda nella quale basta aspettare un miracolo, bisogna lavorarci intensamente, introdurre delle disposizioni istituzionali che la facilitino. […] Nessuno nasce cittadino. E come lo si diventa? imparando a esserlo. Lo si impara, innanzitutto, osservando la città in cui ci si trova.».
Consapevoli (e Castoriadis cita esplicitamente Berlusconi e il suo omologo francese Bouygues) che la situazione è grave, forse senza rimedio, perché l’immaginario è dominato dall’immondizia televisiva, dalla volgarità dell’esibizionismo pornografico di massa.
Il discorso si conclude con una duplice apertura al futuro. A proposito dell’insostenibilità dell’ideologia del Progresso, vero punto in comune fra il marxismo e il liberalismo, sia a livello economico sia a livello tecno-scientifico:
«Ecco quindi qual è il punto centrale della questione politica oggi. Una società autonoma può essere instaurata solamente dall’attività autonoma della collettività. Tale attività presuppone che gli esseri umani investano con forza ben altro che non la possibilità di acquistare un nuovo televisore a colori. Più profondamente, essa presuppone che la passione per la democrazia e la libertà, per gli affari comuni, prenda il posto della distrazione, del cinismo, del conformismo, della corsa al consumo. In breve: essa presuppone, tra l’altro, che l’economico cessi di essere il valore dominante o esclusivo. [...] Diciamolo in maniera ancora più chiara: il prezzo da pagare per la libertà è la distruzione dell’economico in quanto valore centrale e, di fatto, unico. È un prezzo davvero tanto alto? Per me, certamente no: preferisco infinitamente avere un nuovo amico piuttosto che un’automobile nuova. Preferenza soggettiva, senza dubbio. Ma ‘oggettivamente’? Lascio volentieri ai filosofi politici il compito di ‘fondare’ lo (pseudo-)consumo in quanto valore supremo. Ma c’è qualcosa di più importante ancora. Se le cose continuano la loro corsa attuale, questo prezzo dovrà essere pagato in ogni caso. Chi può credere che la distruzione della Terra potrà continuare ancora un secolo al ritmo attuale? Chi non vede che questa distruzione si accelererà ancora se i paesi poveri si industrializzano? E chi stringerà la cinghia, quando non sarà più possibile tenere le popolazioni fornendo loro costantemente nuovi gadget? […] È certo che non si può continuare così. Ma è certo che non si può puramente e semplicemente dire: si distrugge tutto e si riparte da zero. Siamo la prima società in cui la questione di un’autolimitazione dell’avanzamento delle tecniche e delle conoscenze si pone non per ragioni religiose o simili, o politiche in senso totalitario – Stalin che decreta che la teoria della relatività è antiproletaria –, ma per ragioni di [...] prudenza nel senso profondo del termine. E insisto: parlo di limiti non solo della tecnica, ma anche della scienza. […] mi piacerebbe molto che un Hubble ancora più potente ci permetta di sapere se c’erano oppure no delle protogalassie quindici miliardi di anni fa, è un problema che mi appassiona. Ora, gli Hubble e i satelliti implicano la totalità della scienza e della tecnica moderna. Dove andremo a porre questo limite, e chi lo porrà, e a partire da cosa? Questa è una vera domanda».
Approfondimenti su: http://www.castoriadis.org/
1. «Nessuno può proteggere l’umanità contro la follia o il suicidio», «La polis grecque et la création de la démocratie» (1982-1986), ripreso in Domaines de l’homme, Paris, Le Seuil, 1986, p. 297; nuova edizione collana «Points», p. 371.
Bibliografia italiana di Castoriadis
La Società burocratica - I rapporti di produzione in Russia, SugarCo, Milano, 1978 (esaurito)
L’Immaginario capovolto, Elèuthera, Milano, 1987 (con Pierre Ansart, Amedeo Bertolo et al.) Gli incroci del labirinto, Hopefulmonster, Firenze, 1989 (esaurito) L’enigma del soggetto. L’immaginario e le istituzioni, Dedalo, Bari, 1998 L’istituzione immaginaria della società, Bollati Boringhieri, Torino, 2000 (esaurito) La rivoluzione democratica. Teoria e progetto dell’autogoverno, Elèuthera, Milano, 2001 Finestra sul caos. Scritti su arte e società, Elèuthera, Milano, 2007 Democrazia e relativismo, Elèuthera, Milano, 2010 |
Nov.2010
Nessun commento:
Posta un commento