di Leonardo Boff
Non mi propongo di presentare un bilancio del pontificato di Benedetto XVI cosa fatta da altri con competenza. Per i lettori è forse più interessante conoscere meglio una tensione sempre viva dentro la Chiesa e che segna il profilo di ciascun Papa. La questione centrale è questa: qual è la posizione e la missione della Chiesa nel mondo? Anticipo subito che una concezione equilibrata deve poggiare su due pilastri fondamentali: il Regno è il Mondo.
Il Regno è il messaggio centrale di Gesù, la sua utopia di una rivoluzione assoluta che riconcilia la creazione con se stessa e con Dio.
Il mondo è il luogo dove la Chiesa realizza il suo servizio al Regno e dove essa stessa si costruisce.
Se pensiamo la Chiesa come troppo legata al Regno si corre il rischio di spiritualismo e di idealismo; se troppo vicina al mondo, si rischia di cadere nella tentazione di mondanizzazione e politicizzazione. Quello che importa è saper articolare Regno-Chiesa-Mondo. La Chiesa appartiene al Regno e anche al mondo. Possiede una dimensione storica con le sue contraddizioni e una trascendente. Come vive questa tensione dentro al mondo e alla storia? Abbiamo a disposizione due modelli differenti e a volte in conflitto tra di loro: testimonianza e dialogo.
Il modello della testimonianza afferma con convinzione: abbiamo il deposito della fede, che contiene tutte le verità necessarie alla salvezza; abbiamo i sacramenti che comunicano la grazia; abbiamo una morale ben definita; abbiamo la certezza che la Chiesa cattolica è la Chiesa di Cristo, l'unica vera; abbiamo il Papa che gode di infallibilità nelle questioni di fede e morale; abbiamo una gerarchia che governa il popolo dei fedeli; abbiamo la promessa dell'assistenza permanente dello Spirito Santo; questo va testimoniato a fronte di un mondo che non si sa dove va e che da solo mai arriverà alla salvezza. I cristiani di questo modello, dal Papa fino ai semplici fedeli, si sentono pervasi di una missione di salvezza unica. In questo sono fondamentalisti e poco dediti al dialogo. Perché dialogare? Abbiamo tutto. Il dialogo è per facilitare la comprensione è anche un gesto di civiltà.
Il modello del dialogo parte da altri presupposti. Il Regno è più ampio che la Chiesa e conosce pure una realizzazione non religiosa, sempre dove ci sono verità, amore e giustizia. Il Cristo risorto ha dimensioni cosmiche e spinge l'evoluzione verso il buon fine; lo Spirito sta sempre presente nella storia e nelle persone oneste; lui arriva prima del missionario, visto che stava già presente nei popoli sotto forma di solidarietà, amore e compassione. Dio non ha abbandonato i suoi e a tutti offre un'opportunità di salvezza perché gli altri al di fuori dal cuore un giorno potessero vivere felici nel Regno del liberti.
La missione della Chiesa consiste nell’essere segno di questa storia di Dio dentro alla storia umana e pure strumento della sua implementazione insieme ad altri cammini spirituali.
Se la storia, sia quella religiosa che quella secolare è impastata di Dio, dobbiamo dialogare tutti: scambiarsi, imparare l’uno dagli altri, rende il cammino umano verso la promessa felice più facile e sicuro.
Il primo modello di testimonianza è quello della Chiesa in Africa, Asia e in America Latina, fino ad essere complice delle decimazioni e della dominazione di molti popoli indigeni, africani e asiatici. Era il modello del papa Giovanni Paolo II, che percorreva il mondo impugnando la croce come testimonianza che da lì veniva la salvezza.
Era il modello, ancora più radicalizzato di Benedetto XVI che negò il titolo di «chiesa» alle chiese evangeliche, offendendole duramente; attacò direttamente la modernità perché la vedeva negativamente como relativista e secolaristica. Logicamente non le negò tutti i valori, ma vedeva in essi, come fonte, la fede cristiana. Ridusse la Chiesa a una isola isolata o a una fortezza, circondata da tutte le parti da nemici contro i quali bisogna defendersi.
Il modello di dialogo è del Concilo Vaticano II, di Paolo VI, di Medellin e di Puebla in America Latina. Vedevano il cristianesimo non come un deposito, sistema chiuso con il rischio che rimanesse fossilizzato, ma come una fonte di acque vive cristalline che possono essere canalizzate attraverso molte condutture culturali, un luogo di apprendistato mutuo perché tutti sono portatori di Spirito Creatore e dell’essenza del sogno di Gesù.
Il primo modello, della testimonianza, ha spaventato molti cristiani che si sentivano infantilizzati e non valorizzati nei loro saperi di professionali; non sentivano più la Chiesa come un focolare spirituale e, sconsolati, si allontanavano dall’instituzione ma non dal cristianesimo come valore e utopia generosa de Gesù.
Il secondo modello, quello del dialogo, ha avvicinato molti perché si sentivano in casa, aiutandoli a costruire una chiesa-apprendista e aperta al dialogo con tutti. L’effetto era il sentimento di libertà e di creatività. Così vale la pena esse cristiani.
Questo modello di dialogo diventa urgente nel caso che l’istituzione-chiesa volesse uscire dalla crisi in cui si è messa e che ha raggiunto il punto d’onore: la moralità (pedofili) e la spiritualità (furto di documenti segreti e problemi gravi di trasparenza nella Banca vaticana).
Dobbiamo discernere con intelligenza quello che ora serve meglio al messaggio cristiano all’interno di una crisi ecologica e sociale con gravissime conseguenze. Il problema centrale non è la Chiesa ma il futuro della Madre Terra, della vita e della nostra civiltà. La Chiesa come aiuta in questa traversata? Solo dialogando e sommando le forze con tutti.
*Leonardo Boff è autore di Chiesa: carisma e potere, libro messo sotto accusa dall’allora Cardinale Joseph Ratzinger.
Traduzione: Romano Baraglia
romanobaraglia@gmail.com
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