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giovedì 6 febbraio 2014

BREVIARIO CAPITALISTICO di Fausto Rinaldi




BREVIARIO CAPITALISTICO 
di Fausto Rinaldi


Nella definizione di Werner Sombart, il capitalismo è "un'organizzazione economica di scambio, in cui collaborano, uniti dal mercato, due gruppi diversi della popolazione, i proprietari dei mezzi di produzione (...) ed i lavoratori nullatenenti, e che è dominata dal principio del profitto e del razionalismo economico".
Secondo Max Weber "il capitalismo si identifica con l’aspirazione al guadagno nell’impresa capitalistica razionale e continuativa, e ad un guadagno sempre rinnovato, ossia alla redditività.
Il capitalismo è un sistema economico in cui la produzione di beni e servizi viene prevalentemente svolta da imprese private, le quali scambiano questi beni e servizi sulla base di un sistema di prezzi che si forma (almeno in base alla teoria) liberamente sul mercato, in ragione del rapporto esistente tra domanda e offerta. Nel modo di produzione capitalistico, il mercato è al centro degli equilibri di sistema (pur non rappresentandone la condizione ultima: quindi, necessaria ma non sufficiente); gli scambi sono regolati dalla legge della domanda e dell’offerta; i fattori di produzione (compresa la forza lavoro) sono pagati in moneta, la quale diventa un elemento fondamentale per il funzionamento dell’economia capitalistica e per il relativo calcolo razionale di costi e ricavi (la ratio contabile).


Nondimeno, l’insieme delle meccaniche che conducono al buon funzionamento di un sistema capitalistico devono essere innestate in un tessuto sociale che ne favorisca lo sviluppo e la continuazione; questa commistione tra la necessità economica di un sistema produttivo e la sua contemperazione con gli equilibri sociali e civile di una collettività, ha dato luogo allo “Stato capitalistico” (definizione che, nella società attuale viene declinata, a fini edulcoratori, in “democrazia”).

L’obiettivo di creare una società capitalistica si persegue attraverso la creazione di condizioni giuridico-istituzionali che garantiscano e tutelino i “diritti di proprietà” (elemento centrale nel processo di costituzione dello Stato borghese) e garantendo  alla “volontà di impresa” la più ampia libertà, in tutti i campi e in tutte le direzioni. Perciò, il capitalismo necessita di un “habitat normativo” che ne favorisca lo sviluppo e la continuazione, anche per mezzo di sistemi che limitino le possibili interferenze da parte del potere politico o di qualunque altro soggetto sociale.
Unità atomica del capitalismo è l’impresa. Le imprese, che sul mercato perseguono la creazione del massimo profitto, entrano tra loro in un conflitto basato sulla competitività e sulla concorrenza. Brevemente, le imprese possono essere intese come sottosistemi organizzati gerarchicamente che combinano conoscenza tecnologica, gestione economica dei fattori produttivi e razionalizzazione dei processi di produzione per ottenere una merce o un servizio da immettere sul mercato con l’intenzione di trarre da ciò un profitto sufficiente a generare una ricreazione del processo produttivo. All’impresa, e alla figura dell’imprenditore innovatore, Schumpeter attribuisce una funzione decisiva nello sviluppo delle dinamiche del mercato capitalistico. Almeno nella forma di impresa originaria, la figura dell’imprenditore è quella che racchiude in sé lo spirito generatore del capitalismo, attraverso la copertura di molteplici ruoli, quale quello direttivo e amministrativo del lavoro, reclutamento della forza lavoro, assunzione del “rischio d’impresa” sia sotto il profilo economico che quello giuridico.

Un’altra caratteristica peculiare del capitalismo è che il lavoro, attraverso cui il capitalista giunge alla creazione di un profitto, non è più parte di una particolare relazione sociale, in cui un uomo lavora per un altro in cambio di una qualche forma di sussistenza (come, ad esempio, nei rapporti di servitù tipici del periodo feudale), bensì, diventa una merce da collocare sul mercato come qualsiasi altra.
Come detto, il sistema capitalistico è, essenzialmente, un sistema sociale che si è affermato attraverso la penetrazione di un modello culturale propagatosi grazie alla identificazione del profitto come unico punto di riferimento per il progresso della convivenza civile, e che si è sviluppato nel corso dei secoli, soppiantando le diverse forme di società tradizionali (sulla datazione delle origini del sistema capitalistico esistono posizioni differenti: Smith fa risalire la fase iniziale all’XI secolo, Pirenne al XII, Wallerstein al XV, Marx e Weber nel XVII).

Sulle condizioni che hanno prodotto la germinazione e l’espansione del capitalismo hanno dibattuto diversi pensatori; un’interpretazione classica viene fornita da Max Weber nel suo “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, in cui attribuisce una significativa corrispondenza tra la credenza in certi valori religiosi, quelli propugnati dall’etica protestante di ispirazione calvinista, e lo “spirito del capitalismo”; cioè, di una particolare condotta economica volta alla ricerca di profitti sempre maggiori, grazie all’utilizzo razionale dei mezzi di produzione. Pertanto, il calvinismo, improntato a una visione del mondo favorevole a condotte economiche razionali, ha rivestito un ruolo decisivo come fattore culturale capace di dare una propulsione decisiva, in Occidente e non altrove, all’ espandersi dei valori propri dell’ accumulazione capitalistica. 
In particolare, è la dottrina calvinista della “predestinazione” (in base alla quale l’ uomo sia salvato o dannato in funzione di un insondabile e misterioso decreto divino, e che nulla possa essere compiuto in terra dall’uomo per mutare la volontà di Dio) che, sospingendo il singolo individuo in una sorta di isolamento interiore, la cui incertezza riguardo la propria salvezza, porterà a fare dell’ ascetismo la sola risposta sul piano della condotta morale alla dottrina della predestinazione. Pertanto, una condotta di vita laboriosa e morigerata, onde non finire tra i peccatori e avere una speranza di essere tra i prescelti; un‘ ascesi “intramondana” da conquistarsi attraverso il lavoro e il conseguimento di una “Beruf”, una posizione nel mondo, nel’ ambito di una professione. Rispetto ad altre forme di capitalismo sviluppatesi altrove (Cina, Egitto, nell’ antichità greco-latina), le caratteristiche del capitalismo occidentale di matrice protestante sono da individuarsi nell’ estrema razionalità dell’ organizzazione, con una forza lavoro gestita attraverso manodopera libera, grande ricettività nei confronti dell’ innovazione tecnologica, estensione dei mercati e una contabilità perfezionata.
Per contro, Werner Sombart, riteneva che il puritanesimo, con il suo rifiuto per gli aspetti mondani e profani dell’ esistenza, fosse un fiero nemico dell’ etica capitalistica e che, invece, fossero cristianesimo ed ebraismo ad avere svolto un ruolo propulsore per l’ affermazione del capitalismo. Nel cattolicesimo, la Chiesa condannava la ricchezza proveniente dal prestito ma non quella proveniente dall’ investimento di capitali; mentre, nel Giudaismo, la morale di fondo è favorevole anche a una ricchezza fondata anche sul prestito a usura.
Entrambi questi autori spostavano l’ attenzione delle origini del capitalismo su fattori eminentemente culturali, contrariamente a quanto aveva fatto Marx nel XXIV° capitolo de “Il Capitale”, in cui faceva risalire la nascita del capitalismo a un fattore economico, la cosiddetta “accumulazione originaria del capitale”; ossia, la concentrazione di ricchezza nelle mani di una minoranza (la borghesia capitalistica) ai danni di una gran massa di individui dotati unicamente della propria “forza-lavoro” (proletariato). Quindi, una concezione legata al “materialismo storico”, secondo cui la cultura è un derivato della struttura economica e dei rapporti di forza tra le classi sociali che, entro questo ambito, si sviluppano. Relativamente all’ Inghilterra, Marx identifica l’ origine dell’ accumulazione del capitale con l’espulsione dei contadini dalle terre, tra la fine del XV° secolo e l’ inizio del XVIII°, mediante le “enclosures”, con cui si avvia avvia "il processo storico di separazione del produttore dai mezzi di produzione". A seguito della nuova riforma agricola inglese, normata dagli “Enclosures Act”, vengono chiusi i cosiddetti “open fields” (campi adibiti al libero sfruttamento) e i latifondi vengono consegnati ai nobili, che si ritrovano a gestire in forma monopolistica il settore agricolo. Alla base dell’ intero processo c’è, quindi, l’ espropriazione delle terre, requisite ai coltivatori per essere trasformate in pascoli per le pecore che producevano la lana destinata all’ industria manifatturiera. Da un’ agricoltura feudale, che aveva avuto un carattere collettivo, basato sulla coltivazione di terre comuni, i contadini, allontanati dalle terre da cui ricevevano l’unica sussistenza, sono costretti a fluire entro le periferie delle aree urbane, dando origine a ghetti e mettendo a disposizione dei capitalisti una larga base di manodopera a bassissimo costo. Questa espropriazione ha determinato il rafforzamento della classe dei ricchi fittavoli, non più solamente interessati alla rendita fondiaria quanto a trarre un profitto dalla terra, quindi intesa come un capitale. Perciò, secondo Marx, i prodromi del capitalismo vanno collocati entro le trasformazioni che si sono prodotte all' interno della struttura economica feudale. 
Quindi, è dall’analisi delle condizioni economiche che bisogna fare riferimento per comprendere le origini del capitalismo.

Un'ulteriore interpretazione sulla genesi del capitalismo ci viene fornita da Adam Smith, il quale, ne “La ricchezza delle Nazioni” del 1776, riconduce le origini del capitalismo alle condizioni di “anarchia feudale” che si sviluppò in Europa dopo la caduta dell’ Impero romano. Intorno all’ anno Mille, il conflitto tra il potere temporale dell’ Impero e quello spirituale della Chiesa, aveva consentito alle città-Stato di approfittare del vuoto di potere, generato da questo conflitto, per costruire una struttura politico-amministrativa che prevedeva un proprio consiglio cittadino, un corpo di magistrati, un proprio governo e una propria milizia. La contemporanea assunzione di diritti politici da parte dei cittadini, condusse alla garanzia che i proventi del loro lavoro non sarebbero stati espropriati indebitamente e che, gli stessi, si sarebbero potuti tramandare per successione testamentaria. Le città-Stato diventarono, quindi, gli unici luoghi in cui i piccoli capitali accumulati da parte di industriosi individui potessero essere garantiti; conseguentemente, per molti divenne conveniente spostarsi in questi rifugi, a garanzia dei loro capitali. Di fatto, in questo modo, veniva istituzionalizzata la “proprietà privata” e create le condizioni per la nascita di un’ “economia di mercato”, regolata dalla legge della domanda e dell’ offerta e mossa dalla costante ricerca di un profitto. Sempre secondo Smith, se le città mercantili e manifatturiere fossero state sconfitte nella loro lotta secolare per l’ autonomia e , quindi, se il potere fosse rimasto in mano a un governo dispotico come in Oriente, il capitalismo non sarebbe mai nato in Occidente. Pertanto, è dalle particolari condizioni politico-istituzionali sviluppatesi nel Basso medioevo che devono essere ricondotte le origini del capitalismo moderno. Caratterizzato dalla innovazione tecnologica e dell’organizzazione dell’impresa; portatore di profonde trasformazioni sociali e culturali; fondato sulla “libera” cessione da parte dei lavoratori della propria forza-lavoro; il capitalismo, negli ultimi decenni, ha subito una profonda trasformazione (sulle cui cause il dibattito è aperto e vivace) che ne ha profondamente modificato l’ orientamento: da capitalismo industriale (prevalentemente dedicato alla produzione materiale) a capitalismo finanziario (maggiormente dedito alla speculazione finanziaria).
Nel capitalismo industriale l’obiettivo è quello dell’ accumulazione di capitale per mezzo dell’attività produttiva, mentre la dimensione più propriamente finanziaria riguarda la fase intermedia di raccolta del denaro, necessario a gestire l’ attività produttiva (macchinari, assunzione dei lavoratori, altri beni capitali).
Nel capitalismo finanziario, il profitto si fa rendita, laddove la preferenza negli investimenti viene trasferita al mercato speculativo che, anche grazie a una ampia liberalizzazione normativa attuata, a livello mondiale, dal potere politico, permette un’ alta redditività dei capitali investiti , senza prevedere le occorrenze organizzative necessarie per dare corso al ciclo produttivo.
Una delle cause di questa trasformazione affonda le radici nella trasformazione che, sul finire del XIX° secolo, si determinò sulla struttura e sull’ assetto proprietario della forma organizzativa dominante dell’ impresa moderna: la “Società per Azioni”. Con le S.p.A., la vecchia forma di proprietà legata ad assetti familiari decade; al suo posto, viene a costituirsi una struttura anonima, dove la proprietà frazionata in più soggetti (determinata in base al possesso di “azioni”), anche non direttamente coinvolti nell’ attività di impresa, consente una raccolta più ampia di capitali e di ridurre la responsabilità dei soci, che si limita a riguardare il solo valore delle azioni sottoscritte.
Lo spostamento di sempre più ingenti risorse dalla produzione alla speculazione finanziaria ha, da un lato, modificato gli equilibri invalsi nelle logiche del sistema capitalistico, portando con sé il rischio di un inceppamento nei meccanismi di produzione(a causa della sottrazione di risorse destinate ai processi produttivi); mentre, dall’ altro, ha messo in moto processi di concentrazione di ricchezza (dal “parco buoi” ai grandi investitori istituzionali), dando origine a processi di “finanziarizzazione” esiziali per le povere risorse dei piccoli risparmiatori (dalla creazione di credito “facile”, alla spinta agli investimenti di Borsa attraverso la piattaforma Internet, per arrivare agli investimenti speculativi dei fondi pensione).




1 commento:

Vecchia Talpa ha detto...

nessun riferimento a come mai dal profitto produttivo il moderno capitalismo è approdato alla rendita finanziaria. Quali sono state le ragioni, i motivi materiali che hanno reso possibile, necessario questa trasmutazione?

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