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sabato 21 marzo 2015

LA RESISTIBILE ASCESA DI MATTEO SALVINI di Piero Acquilino




LA RESISTIBILE ASCESA DI MATTEO SALVINI
di Piero Acquilino



Avviato sul viale del tramonto, per cause politiche e naturali, il Cavaliere di Arcore, Matteo Salvini si candida al ruolo di Mosé per guidare il popolo di centro destra nella traversata del deserto renziano. E, anche se l’impresa di sconfiggere l’altro Matteo, tenendo insieme, come a suo tempo fece Berlusconi, il padroncino bresciano con il dipendente della Regione Sicilia, sembra oggi impossibile, tutti i sondaggi danno la Lega Nord in crescita elettorale. Apparentemente un miracolo, se si tiene conto delle pietose condizioni in cui l’ultima fase della gestione Bossi aveva lasciato questo partito e i vani tentativi di Maroni di riciclare i resti in un’improbabile versione confindustriale “perbene”.

Ma i sondaggi elettorali, rischiano di mascherare una realtà politica e sociale molto più complessa.

Partiamo proprio dal dato elettorale. I partiti, e i media che a essi si accodano, tendono a presentare i dati sempre sotto la forma di percentuale dei voti validi. Ciò risponde alla comprensibile esigenza di mascherare il catastrofico calo di consensi che colpisce tutte le formazioni politiche presenti in parlamento e che ha portato in pochi anni l’astensione a essere il primo partito in un paese dalle forti tradizioni elettoralistiche. Ma, se si considerano i voti realmente espressi, confronto possibile visto che le dimensioni del corpo elettorale sono abbastanza stabili, si vede che la Lega Nord ha perso, tra le elezioni politiche del 2008 e quelle del 2013, quasi 1.640.000 voti, cioè il 54% del suo elettorato.

I risultati elettorali non rendono comunque pienamente conto della catastrofe politica. In questi anni la Lega ha perso molto di più. Per un partito che inalbera la bandiera federalista, le amministrazioni locali sono strategiche perché rappresentano la possibilità di praticare il proprio programma in contrapposizione con il governo centrale e ciò è tanto più valido se si è all’opposizione di quest’ultimo o se si governa con un alleato ingombrante come Silvio Berlusconi. E, su questo terreno, i passi indietro sono stati parecchi, nonostante che essa governi ancora Lombardia e Veneto. La morsa di Bruxelles sulla spesa pubblica e la miriade di scandali locali hanno dato il colpo di grazia alle illusioni federaliste, mentre le ronde padane sono servite soltanto a fornire qualche spunto ai comici d’avanspettacolo. E, se la presenza nei talk show del giovane segretario è cresciuta negli ultimi tempi in modo esponenziale, la militanza politica della base leghista – ai tempi di Bossi, cavallo di battaglia del Carroccio – è oggi visibilmente in calo, come dimostra, tra l’altro, la tanto attesa manifestazione nazionale del 27 febbraio che si è attestata su livelli di partecipazione da minimo sindacale. È quindi in questo quadro che va collocata un’eventuale rimonta di Salvini.

In questo quadro, l’operazione che sta conducendo il giovane segretario della Lega è ambiziosa e pericolosa: una vera e propria mutazione genetica del suo partito per portarlo a diventare il riferimento politico – saldamente a destra – della sterminata piccola e media borghesia italiana, squassata dalla crisi economica, capitalizzandone, attraverso un accorto utilizzo dei mass media, le molte paure e le poche speranze.

La lega, pur essendo nata come organizzazione verticista e autoritaria, con un segretario “padre padrone”, era un partito tradizionale, costruito intorno a un per quanto becero, programma e con una base militante. Non a caso, fino a qualche anno fa si sprecavano i paragoni con la struttura del vecchio PCI. Ma Salvini, abbandonato in parte il ciarpame “padano”, il localismo esasperato e le pretese di radicamento sociale e territoriale (sindacato e ronde “padane”…), punta, in sintonia con il Matteo segretario del PD, a un partito azienda di marketing, di cui egli è il prodotto da vendere al maggior numero di acquirenti, nelle sue differenti versioni (Salvini razzista, Salvini patriota anti euro, Salvini metalmeccanico, Salvini neofascista…). È un passo oltre il vecchio partito-azienda berlusconiano in cui contava certo il carisma del capo, ma anche i soldi che questi era disposto a investire e l’avere una struttura in grado di gestire incarichi e poltrone. Nell’odierno vuoto politico, conta invece la capacità di trasformare in slogan ciò che da qualche tempo fermenta nel ventre del paese, senza trovare sfogo. E pazienza se il risultato è un’accozzaglia incoerente e contradditoria: la pancia, com’è noto, non ragiona.

Su questa strada la lega imbarca, come aveva fatto Berlusconi in stagioni precedenti, i naufraghi dell’estrema destra italiana – da Casa Pound a Fratelli d’Italia – disposti, per non annegare, ad aggrapparsi anche al salvagente dell’ex nemico dell’unità nazionale leghista. E, sempre su questa strada, cerca di capitalizzare quanto più possibile dalla crisi del Movimento Cinque Stelle.

L’obiettivo reale di tutto ciò è quello di raccattare, non importa come, il maggior numero possibile di voti per trattare con un Berlusconi, indebolito dall’età e dalle scissioni, da posizioni di forza e proporre un’alleanza di centro-destra in grado di contrapporsi a Renzi. L’antiberlusconismo di Salvini assomiglia all’antirenzismo di molta sinistra italiana che, di fronte alle telecamere si strappa i capelli per la svolta autoritaria del Presidente del Consiglio o per il Job Act, ma in enti locali grandi e piccoli, governa insieme al suo partito, spartendosi allegramente incarichi e poltrone. Perché è proprio sull’asse politico di un possibile, per quanto oggi improbabile, governo di centro destra che casca l’asino di Salvini e i mal di pancia interni al suo partito sulle elezioni regionali in Veneto lo dimostrano: i padroncini italiani si lamentano della Merkel, ma si tengono l’euro ben stretto e sanno benissimo che si può abolire la legge Fornero o abbassare le tasse ma non abolire la legge Fornero e abbassare le tasse. La lega di lotta potrà quindi aumentare i suoi oggi dimezzati voti, ma la lega di governo è destinata inevitabilmente a deludere molti dei suoi votanti.


19 marzo 2015


dal sito ControCorrente


La vignetta è del maestro Mauro Biani

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