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venerdì 24 giugno 2011

C'ERA UNA VOLTA ... DEMOCRAZIA PROLETARIA di Stefano Santarelli



C'ERA UNA VOLTA ...
DEMOCRAZIA PROLETARIA

di Stefano Santarelli

in memoria di Dino Frisullo
                                                                                                                                       
Nel panorama non certamente ricco dell’editoria politica italiana sono apparsi in un breve lasso di tempo due interessanti saggi sulla storia di Democrazia proletaria, il partito che dal 1978 fino al 1991, anno della sua confluenza dentro Rifondazione comunista, è stato l’espressione politica di quei movimenti nati nel ‘68 e protagonisti degli anni settanta.
I due testi di cui consigliamo la lettura sono:
William Gambetta
Democrazia proletaria. La nuova sinistra tra piazze e palazziEdizioni Punto Rosso 2010

Matteo Pucciarelli
Gli ultimi mohicani. Una storia di Democrazia Proletaria
Edizioni Alegre 2011

Per il testo di Gambetta rimandiamo alla recensione di Fiammetta Balestracci pubblicata nel sito di Vento largo http://cedocsv.blogspot.com/2011/05/da-leggere-democrazia-proletaria-la.html




Il testo di Matteo Pucciarelli, edito dalla piccola ma combattiva casa editrice Alegre, è estremamente accurato dal punto di visto storico con il pregio di farsi leggere tutto di un fiato, un pregio certamente non secondario per un libro su questa organizzazione che puntava a fare rivivere lo spirito innovatore del ‘68.
Infatti Democrazia proletaria ha costituito un tentativo originale per un partito comunista nel fare convivere varie esperienze e sensibilità politiche: da un marxismo non ortodosso all'ambientalismo, dal cattolicesimo del dissenso al pacifismo.

Democrazia proletaria nasce in una prima fase come un semplice cartello elettorale per le elezioni regionale del 1975 di due delle più forti organizzazioni della cosiddetta Nuova Sinistra: il Partito di unità proletaria per il comunismo che contava circa 15.000 militanti ed Avanguardia operaia che ne contava 10.000.
A questo cartello si uniscono anche il Movimento lavoratori per il socialismo, i Gruppi comunisti rivoluzionari e la Lega dei comunisti.
Questa esperienza elettorale ha, in quegli anni che vedono lo strapotere del Partito comunista italiano, un discreto risultato. Infatti Dp si attesta sul 2% dei voti riuscendo a fare eleggere alcuni consiglieri regionali. Ricordiamo per dovere di cronaca i vari fallimenti elettorali alla sinistra del Pci che vi erano stati in precedenza: nelle elezioni politiche del 1972 il Psiup alla Camera prese 648.763 voti pari all'1,9% senza eleggere nessun deputato (al Senato si presentò unito col Pci), mentre il Manifesto che presentava nelle sue liste l'anarchico Pietro Valpreda incarcerato ingiustamente per la strage di Piazza Fontana raccolse soltanto 224.288 voti.
Questo discreto risultato favorì un anno dopo, nelle elezioni politiche anticipate, la formazione di un altro cartello elettorale che vede questa volta l'adesione di Lotta continua.
Democrazia proletaria prenderà 557.025 voti pari all'1,52% facendo così eleggere sei deputati. Queste elezioni che vedranno il trionfo del Pci con il 34% dei voti e il consolidamento della Democrazia cristiana con il 38,7% provocano una situazione di grave ingovernabilità che produrrà la nascita di un governo (il terzo Governo Andreotti) solo grazie all'astensione del Pci.
Per Lotta continua però questo suo primo impegno elettorale (dove riuscì ad eleggere un suo rappresentante, Mimmo Pinto) fu anche l’ultimo. Infatti la spaccatura profonda tra le femministe ed i fautori della lotta armata portarono alla decisione del suo gruppo dirigente di sciogliere l’organizzazione.
Al contrario il Pdup e Ao puntarono ad una proposta politica alternativa che coinvolgesse il movimento del ’77 evitando così la scelta suicida della lotta armata.
I tempi sembravano effettivamente maturi per una unificazione tra il Pdup ed Avanguardia operaia, ma questa unificazione non riesce o per meglio dire riesce solo a metà. Infatti si assiste ad un rimescolamento delle carte che vede la minoranza di Avanguardia operaia confluire nel Pdup mentre la maggioranza di Avanguardia operaia, la minoranza del Pdup diretta da Vittorio Foa e la Lega dei comunisti nella primavera del '77 danno vita alla costituente di Democrazia proletaria, come fase preparatoria per il congresso di fondazione per una nuova Dp che si terrà nell'aprile 1978 al cinema Jolly di Roma durante i giorni tragici del rapimento Moro.
Terrorismo a parte la nascita di Democrazia proletaria non avviene in un clima tra i più propizi. Infatti si veniva da una stagione di pesanti sconfitte inserite in un quadro politico caratterizzato dai compromessi tra la Dc ed il Pci.
Dp presenta una organizzazione incentrata su una collegialità abbastanza originale, frutto anche della critica della forma-partito caratteristica del movimento del ‘77: niente segretario generale, niente comitato centrale. Spicca in questo partito l’eccezionale figura di Vittorio Foa, un grande intellettuale dotato di un profondo carisma che manterrà insieme tutte le culture e sensibilità diverse di questo “piccolo partito delle grandi ragioni”.
L’autore a questo punto giustamente ricorda l’importanza nella storia di Dp, ma in realtà nella storia della società civile italiana, della figura di Giuseppe Impastato assassinato dalla Mafia il 9 Maggio del 1978.
Questo giovane rivoluzionario è certamente espressione della parte più bella di Democrazia proletaria e ne costituisce la sua figura più eroica.

In Dp esistono fin dalla nascita due anime: quella dei “partitisti” presente in forza a Milano e legata al classico operaismo contrapposta a quella dei “movimentisti” presente maggiormente a Roma e attenta alle varie sensibilità che vanno dal femminismo all’ambientalismo, dal pacifismo al cattolicesimo del dissenso.
Ma queste due anime devono fare i conti con una grave crisi organizzativa che caratterizza Dp già dalla nascita. Infatti esistono vecchie beghe legate alle antiche appartenenze (Ao, Pdup, Lega dei comunisti, ecc.), un tesseramento con grandissime difficoltà di centralizzazione combinato il tutto con la crisi del giornale (il Quotidiano dei Lavoratori) il quale nonostante le sue 15.000 copie non è assolutamente autosufficiente ed infatti chiuderà definitivamente le sue pubblicazioni nel giugno del 1979 in concomitanza con la più grave sconfitta che Dp subirà sul terreno elettorale.
Infatti nel giugno del 1979 si svolgono le elezioni politiche anticipate e Dp decide di presentarsi con il nome di Nuova sinistra unita avente il simbolo di un semplice pugno chiuso poiché la falce e martello con il mappamondo era di proprietà del Pdup. I risultati furono, come abbiamo detto, semplicemente fallimentari. La Nsu prese soltanto 295.000 voti pari allo 0,8% non portando in parlamento nessun deputato al contrario del Pdup che ne elegge sei.
Ma non vi è il tempo di leccarsi le ferite che una settimana dopo vi sono le prime elezioni per il parlamento europeo e grazie al meccanismo elettorale pur prendendo soltanto 250.000 voti riesce ad eleggere un deputato (Mario Capanna).
L’elezione di questo deputato permette la sopravvivenza di Dp, ma Vittorio Foa insieme a quadri di provenienza ex Pdup e Cgil, abbandona definitivamente il partito.
Si apre così una nuova fase nella sua storia.



Due anni dopo la sconfitta elettorale della Nsu, nel luglio 1982 al terzo congresso viene eletta per la prima volta una Segreteria dove tra gli altri entra Mario Capanna, il laeder del sessantotto studentesco, che due anni dopo diventerà il primo segretario di Dp.
Democrazia proletaria con Capanna inizierà ad assumere sempre di più un aspetto di piccolo partito politico che non aveva, come abbiamo visto, alle origini. Questo però contribuirà nell’elezioni politiche del 1983 a portare Dp ad un discreto successo elettorale (542.039 voti alla Camera, pari all’1,47% con sette deputati).
Giustamente Pucciarelli sottolinea l’originalità della linea politica che Dp porta avanti negli anni’80. Infatti vi è in questa organizzazione una grande sensibilità sul terreno ambientalista e pacifista.
Nel 1987 dopo il disastro di Chernobyl, in Ucraina, Dp è tra i promotori della raccoltà delle firme contro la costruzione di nuove centrali nucleari. Del milione di firme necessarie ben 600.000 mila sono raccolte da Dp che si dimostra una intransigente forza ecologista.
Infatti il suo dettagliato piano energetico alternativo mantiene, nonostante siano passati ben 25 anni, tutta la sua attualità: la riduzione delle fonti di energia non rinnovabili come petrolio e carbone, l’uso appropriato ed efficiente delle diverse fonti energetiche, l’utilizzo delle fonti rinnovabili, sono ancora oggi proposte valide.
La lotta per la pace ed il disarmo caratterizzano l’azione politica di Dp che diventa così un interlocutore privilegiato del movimento pacifista.
Ed è proprio nelle elezioni politiche del giugno 1987 che Democrazia proletaria raccoglie il massimo di consensi: 1,66% alla Camera, 641.091 voti con otto deputati eletti; al Senato, 493.667 voti con l’elezione di un senatore.
Ma proprio quando raggiunge l’apice dei consensi nella sua storia arrivano le dimissioni di Capanna dalla Segreteria nazionale. Al suo posto viene nominato Giovanni Russo Spena di provenienza cattolica.
Inizia in questo momento il declino definitivo di Democrazia proletaria.
Nel 6° Congresso che si tiene a Riva del Garda nel maggio del 1988 si consuma la rottura insanabile tra le tre anime del partito: la “sinistra” operaista di Vinci, la “destra” ambientalista di Ronchi pronta a fare il partito rosso-verde con gli ecologisti e il “centro” di Russo Spena.
Una situazione da “separati in casa” che scoppia proprio durante le elezioni europee del giugno 1989. Infatti vari dirigenti di Dp fanno campagna elettorale per i Verdi che sono divisi in due liste le quali ottengono un buon successo: i Verdi Arcobaleno che ottengono il 2,39% con cui si era candidato Ronchi il quale viene eletto e la Federazione dei Verdi (3,78%).
Nonostante ciò Dp riesce a mantenere il suo bacino elettorale: 449.639 voti pari all’1,29% con l’elezione di un parlamentare europeo, padre Eugenio Melandri, della congregazione dei Saveriani.
Da notare che il comunismo di Dp come sottolinea giustamente l’autore “era lontano mille miglia dall’ateismo intransigente da socialismo reale”.

Ma la scissione con i Verdi Arcobaleno di Ronchi e Rutelli, al quale si aggiunge anche Capanna, è ufficiale e Dp alla Camera si ritrova soltanto con quattro deputati.
Il congresso straordinario di Dp che si svolge a Rimini nel dicembre 1989, un mese dopo la caduta del muro di Berlino, è inserito in un contesto che vede tutta la sinistra comunista affrontare un cambiamento epocale che porterà il Pci al cambiamento del nome e alla sua trasformazione in una forza socialdemocratica mentre i sostenitori della conservazione del nome e della tradizione comunista si organizzeranno costituendo il Movimento per la rifondazione comunista.

La scissione con i Verdi Arcobaleno ha ovviamente indebolito Dp specialmente sul piano istituzionale, anche se il risultato delle elezioni europee come abbiamo visto dimostra che il partito è ancora vitale e se nel 1988 gli iscritti erano 10.000 un anno dopo sono 7.000).
E’ importante sottolineare l’entrata nel 1989 dei trotskisti della Lega comunista rivoluzionaria diretta da Livio Maitan che giocheranno poi un ruolo importante nella storia di Rifondazione.
Con il crollo del muro di Berlino si chiude definitivamente un ciclo storico e Democrazia proletaria ha perso ormai la sua stessa ragione di esistenza.
Nel giugno del 1991 nell’8° Congresso che si svolge a Riccione si consuma l’atto finale della storia di Dp che confluisce con i suoi 8.000 iscritti dentro Rifondazione comunista che conta quasi ben 112.000 iscritti.
Si chiudeva così una esperienza, certamente originale, di un piccolo partito comunista che si è sempre caratterizzato per la sua forte ispirazione libertaria e come ricorda Eugenio Melandri:
Ero contrario alla fine di Dp: era un partito meno ideologico di Rifondazione, che all’inizio era un Pci più chiuso e settario. Dp era tutto un’altra cosa, era un luogo effervescente e di dibattito, di riflessione e di elaborazione, di libertà di ricerca (…) L’identità di Dp era talmente varia che non te ne appiccicava addosso una vera e propria, e forse è per quello che non ha mai avuto un grande successo elettorale”.

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