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sabato 18 giugno 2011

VITA DI DELEGATO: IL SINDACALISTA DI PROFESSIONE di L. Mortara

di Lorenzo Mortara


Il problema reale è la democrazia diretta

e la lotta a morte (ripeto, a morte)

contro gli apparati politici, le caste, le burocrazie...

ROBERTO MASSARI




Comincio con questo breve pezzo, un piccolo prontuario delle disavventure in cui si dibatte quotidianamente il delegato sindacale, tra richieste strampalate dei lavoratori, palloni gonfiati in veste di controparte e tutte le altre quisquilie che fanno la normale vita di fabbrica, alla catena di montaggio del profitto. Va da sé che di tutte le disavventure, le richieste strampalate dei lavoratori, sono le uniche che vadano seguite con passione, perché sempre ricche ed istruttive, le altre disgrazie vanno smascherate e fustigate senza pietà.

Uno dei trucchi padronali per screditare il delegato sindacale, è quello di insultarlo velatamente dandogli dell’incompetente. Di norma, l’accusa, viene da un capo del personale la cui cultura non va mai molto più in là dell’1X2, anche se lui si presenta come la quintessenza della preparazione. Quando gli si lascia briglia sciolta, si può vedere fin dove arrivi la spudoratezza ignorante dei padroni. Consiglio armarsi di ironia, dargli corda e lasciare che s’impicchi da solo. L’occasione verrà quando, gonfiandosi come un pavone, ti spiegherà come tu sia un povero dilettante e che, però, la colpa della tua incompetenza non sta tanto in te, povero piccolo sindacalista fuori dal mondo, quanto nei tuoi superiori che non ti aiutano con la loro laurea in contratto dei metalmeccanici. Loro, infatti, sono sindacalisti di professione e toccherebbe a loro correggere le tue ingenuità elementari di eterno sindacalista alle prime armi. Alla scuola degli asini di tutte le professioni, non esiste raglio più goffo di quello offerto dal padrone o dai loro reggi-coda, quando si travestono da professori per dare agli operai terrificanti lezioni di sindacato. Infatti, siccome i padroni credono che il sindacalista di professione sia un gradino superiore rispetto al sindacalista presunto dilettante, possiamo star sicuri che, nella piramide capovolta che hanno in testa al posto della scala dei valori, il sindacalista di professione non sanno manco cos’è.

Il sindacalista di professione si chiama burocrate. E il sindacalista burocrate per definizione è quello che finisce in Parlamento a varare manovre finanziarie contro gli operai, oppure a fare il capo del Personale nell’ufficio di una fabbrica. È il premio che gli viene dato dalla borghesia per avere fatto carriera a zero ore di scioperi e per aver stornato i lavoratori più ingenui dalla lotta di classe. Per averla insomma servita a spese degli operai.

La professione di sindacalista, nasce grosso modo a cavallo del ’900, quando le associazioni operaie cominciano a ingrossarsi diventando pachidermiche. Sarebbe però un errore credere che sia questo il motivo della nascita di un nuovo mestiere, quello appunto di sindacalista. Questo è quello che vanno dicendo le burocrazie di tutti i sindacati, coperte da storici liberal e altri burocrati del pensiero. Senza un grande apparato – così più o meno dicono – non si può governare un intero movimento di massa. Burocrati e intellettuali a loro servizio, scambiano per riflessione intellettuale, o addirittura opinione, il loro gretto interesse materiale. Non è la grandezza del movimento di massa ad aver generato il sindacalista di professione, ma la ristrettezza mentale fatta a forma di poltrona di un’aristocrazia operaia che non ne poteva più di star in fabbrica e voleva sopra ogni cosa risolvere il proprio problema personale. Quanto più s’ingrossano le file del proletariato, tanto più si restringe la visuale della sua aristocrazia operaia; quanto più si internazionalizza la divisione del lavoro, tanto più si fa provinciale la mentalità della casta sindacale. Di qui gli strali contro quegli utopisti che la vogliono far finita con carriere, stipendi superiori alla busta paga dei rappresentati e tutti gli altri piccoli privilegi che fanno il normale corredo da matrimonio tra il sindacalista di professione e la sua poltrona. Non è possibile, rispondono in blocco i realisti burocrati fuori dal nostro mondo!

In verità, grande o piccolo che sia un sindacato, non ha bisogno di alcun apparato. Al massimo può necessitare di qualche consulente legale che ruoti attorno all’orbita di collette e sottoscrizioni controllate dagli stessi operai perché non si trasformino in uffici e stipendi fissi. L’apparato, per nascere, ha bisogno di divergere dall’interesse dei lavoratori. Quanto più si ingrossa, tanto più si apre la forbice che lo separa dai lavoratori. Ne segue che il contrasto tra chi vuol eliminare l’apparato e chi dice che non è possibile, è solo la lotta tra chi difende gli interessi dei lavoratori e chi vuol difendere sé stesso. Non è uno scontro tra due opinioni. Quando gli operai torneranno a vincere in massa, l’apparato comincerà a sfoltirsi. Nell’attesa, il nostro compito attuale, è non andare a ingrossarlo trovando giustificazioni a una burocrazia che trova, nelle nostre sconfitte, la sua unica giustificazione storica. Se da questo, qualche lettore impaziente, deduce la necessità di uscire dai sindacati confederali, chi scrive deduce a sua volta di esser stato letto dal solito settario che non ha capito un tubo. Uscire dai sindacati, infatti, significa ingrossar la burocrazia che si troverà le mani ancora più libere. Il compito dei delegati più attivi e coscienti è rimanere in Cgil a combattere su due fronti. Contro i padroni che attaccano davanti i lavoratori, e contro la burocrazia che li attacca alle spalle, colpendoli nello loro stesse retrovie.

Il ruolo di tappo delle burocrazie sindacali è dimostrato dal bilancio di un secolo di sindacalizzazione professionale. Se, infatti, tiriamo le somme, cosa vediamo? In linea di massima, gli apparati hanno fatto da freno alle lotte operaie, e nei momenti clou sono anche passati armi e bagagli dall’altra parte della barricata. Ne viene che in generale il sindacalista di professione è incapace di fare il sindacalista. Ecco perché trova tanto consenso tra i padroni. Più i sindacalisti di professione aumentano, più gli operai, di professione, faranno i disoccupati. Perché, in realtà, di professione, il sindacalista, può fare solo il rivoluzionario. Altro mestiere non gli dovrebbe essere concesso, perché altrimenti, in un modo o nell’altro, finirà sempre per scambiare la camera del lavoro per la caserma dei pompieri.

Dunque il sindacalista di professione è meglio che resti secco sul campo, prima che si metta a sparare tra le retrovie della lotta di classe. Perché o il sindacalista è un soldato scelto della rivoluzione, o di professione fa il dilettante allo sbaraglio degli operai.


Stazione dei Celti, Sabato 18 Giugno 2011

Lorenzo Mortara (Delegato Fiom-CGIL)

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