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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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giovedì 22 settembre 2011

Rivoluzioni nel Nord Africa? Sì, ma ''rivoluzioni'' manageriali, di Stefano Zecchinelli


"Potete uccidere dieci miei uomini per ognuno dei vostri che io uccido. Ma anche così, voi perderete e io vincerò'' Ho Chi Minh


''La pubblicità è il rumore di un bastone in un secchio di rifiuti'' George Orwell


''Non basta sottomettere più o meno pacificamente le masse al nostro regime, inducendole ad assumere una posizione di neutralità nei confronti del regime. Vogliamo operare affinché dipendano da noi come da una droga'' Joseph Goebbels

Il dibattito riguardante la situazione Nord Africana ha posto tutta una serie di problemi (dal concetto di nazionalità, alla tattica che i comunisti devono seguire contro l'imperialismo) che, una volta per tutte, voglio prendere di petto, chiarendo la mia posizione definitiva. Quindi inizierò con il parlare, seppur in estrema sintesi, dei movimenti anticoloniali (di cui ho una opinione molto positiva), e poi, affronterò la questione riguardante il gioco dell'imperialismo in Nord Africa. Per rendere più agevole la lettura ho diviso, come di solito faccio, questo articolo-saggio in piccoli paragrafi.

1. Nel lontano 1924, un giovane dirigente comunista vietnamita, Ho Chi Minh, poteva scrivere, riferendosi a Lenin:

'' Essi hanno anche imparato che questo grande dirigente, dopo aver liberato il suo popolo, voleva liberare anche gli altri popoli. Egli ha invitato i popoli bianchi ad aiutare i popoli gialli e neri a liberarsi dal giogo dell’aggressore straniero, da ogni aggressore straniero, governatori regionali residenti, ecc. E per ottenere questo obiettivo, egli ha pianificato un programma definito.
Per prima cosa essi non pensavano che sulla terra potessero esistere un uomo e un programma tali. Ma successivamente hanno sentito, anche se vagamente, dei Partiti Comunisti, dell’organizzazione chiamata Internazionale Comunista che sta combattendo per i popoli sfruttati, per tutti i popoli sfruttati inclusi loro stessi. E sono venuti a sapere che Lenin era il dirigente di questa organizzazione'' (Ho Chi Minh ''Lenin e i popoli coloniali'', pubblicato sulla Pravda del 27 gennaio 1924).

Leggendo queste poche righe di Ho Chi Minh, allora giovane dirigente comunista, notiamo come il concetto di popolo va a sovrapporsi al concetto classe. Questa è una caratteristica interessante del marxismo nella forma che ha preso nei Paesi Coloniali, al di là dei movimenti che poi nei sono usciti fuori: movimenti anticoloniali o movimenti socialisti (come ad esempio quello guevarista). Il motivo per cui avviene questa sovrapposizione (bollata in modo frettoloso da molti teorici della Sinistra Comunista) a mio avviso si riscontra in ciò: nei Paesi Coloniali l'imperialismo delega il potere politico (e quindi le funzioni amministrative) alle vecchie aristocrazie, permettendogli di mantenere i suoi privilegi (magari ricorrendo ad ideologie tradizionalistiche), mentre risorse naturali ed umane - ciò che realmente interessa all'imperialismo - vengono letteralmente privatizzate. Allora per i marxisti la guerra di classe diventò, imprescindibilmente, guerra di popolo. Faccio un ulteriore esempio: Mao Zedong scriverà sulle ''contraddizioni in seno al popolo'' alludendo ad una borghesia progressista - di solito, è la piccola borghesia radicale - che avrebbe accettato il socialismo. Mao non spiega come questo sarebbe dovuto avvenire, ma è facilmente intuibile che secondo il dirigente cinese la difesa dalle ''contraddizioni esterne'' avrebbe posto, in modo ''naturale'', i presupposti per eliminare il conflitto di classe interno. Previsione discutibile, ma il lascito teorico di chi è stato a capo di grandi movimenti anticoloniali, marxisti o meno, per me deve essere preso in considerazione e discusso.


Il problema della rivoluzione nei Paesi arretrati ha tirato fuori marxisti di prima grandezza da Mariategui a Guevara da Connolly a Thomas Sankara. Mariategui, il fondatore del Partito comunista peruviano, parlò di ''socialismo con caratteristiche latino-americane'' (Guevara riabilitò addirittura Simon Bolivar a dispetto delle critiche di Marx), accusando di ''eurocentrismo'' l'Internazionale di Lenin. Gramscianamente parlando per me questi sono ''processi reali'' di lotta da sostenere in modo incondizionato.
Ecco chiarito il primo punto.

2. Adesso introdurrò il discorso sulla situazione Nord Africana dando alcuni elementi di riflessione storica sul Partito Ba'th che, in effetti, sta alla radice del panarabismo laico (compreso il gheddaffismo).
Il Partito Ba'th viene fondato da Michel Aflaq nel 1940, anche se i membri che parteciperanno al Congresso del 1947 sono soltanto una decina. Nel 1952 arrivò alla rispettabile cifrà di 4.500 membri, e si unì al Partito Socialista Arabo di Akram el-Hurānī, un socialista siriano.
I principi di questo Partito, alla testa del movimento anticoloniale nel Nord Africa, sono unità fra i paesi arabi, socialismo, e libertà. L'ideologia del Partito presenta molte ambiguità, tanto è verò che Aflaq parlò di ''marxismo spirituale''; le Costituzioni panarabiste si fondavano, infatti, sulla shari'a, e la proprietà privata veniva ugualmente difesa.
La stessa formazione culturale di Aflaq, avvenuta a Parigi negli anni '30, presenta dei punti oscuri; il nostro non studiò solo gli scritti di Marx e Lenin, ma fu profondamente influenzato anche da pensatori pre-fascisti come Nietzsche e Mazzini.
Nonostante ciò Aflaq mantenne un certo distacco dai Partiti che presero il potere in Irak e in Siria, criticando il Centralismo Burocratico da cui erano caratterizzati quei regimi.
Insomma, seppur lontano dai Partiti marxisti, ha intravisto quegli elementi che hanno impedito al Ba'th di rappresentare, in Nord Africa, una vera alternativa sociale, debolezze di fondo che verranno sfruttate al momento ''giusto'' dall'imperialismo. Chiudo il paragrafo e vado alla mia posizione teorica sulla situazione attuale.

3. Come ho più volte detto bisogna ripartire da Trotsky e dall'intervista a Matteo Fossa. Riporto, ancora una volta, le parole del meraviglioso costruttore dell'Armata Rossa:

''Il Brasile regna oggi un regime semifascista che qualunque rivoluzionario può solo odiare. Supponiamo, però che domani l’Inghilterra entri in conflitto militare con il Brasile. Da che parte si schiererà la classe operaia in questo conflitto? In tal caso, io personalmente, starei con il Brasile “fascista” contro la “democratica” Gran Bretagna. Perché? Perché non si tratterebbe di un conflitto tra democrazia e fascismo. Se l’Inghilterra vincesse si installerebbe un altro fascista a Rio de Janeiro che incatenerebbe doppiamente il Brasile. Se al contrario trionfasse il Brasile, la coscienza nazionale e democratica di questo paese e condurre al rovesciamento della dittatura di Vargas. Allo stesso tempo, la sconfitta dell’Inghilterra assesterebbe un colpo all’imperialismo britannico e darebbe impulso al movimento rivoluzionario del proletariato inglese. Bisogna proprio aver la testa vuota per ridurre gli antagonismi e i conflitti militari mondiali alla lotta tra fascismo e democrazia. Bisogna imparare a saper distinguere sotto tutte le loro maschere gli sfruttatori, gli schiavisti e i ladroni!''.

Faccio presente (con riferimento a certi sciagurati ''sinistri'') che l'equazione Gheddafi e Assad uguale fascisti, è errata. Il fascismo è una reazione capitalistica al movimento operaio, che, per dirla con Trotsky, ''bandisce la socialdemocrazia'', mentre il Partito Ba'th (con tutte le ambiguità su dette) si inserisce, a pieno titolo, nelle rivoluzioni anticoloniali che coinvolsero il Nord Africa dai primi anni '50 (Nasser, Ben Bella, Assad, Gheddafi). Il fascismo è tremendamente regressivo, mentre il Ba'th ha avuto un ruolo importante nell'evitare, per un discreto periodo, la ''balcanizzazione degli Stati arabi'' (parole di ''Il programma comunista'' n. 6 del 1958, giusto? Ho molti critici della Sinistra Comunista ma la materia un po' la conosco).
Ancora due parole (ma proprio due), su Libia e Siria, prima di commentare il testo di Trotsky.
Se uno Stato non è socialista (quindi è uno Stato borghese, o un regime a Centralismo Burocratico) non significa che non abbia una base sociale (''valutare i regimi partendo dalle loro basi sociali'', parole di Trotsky a riguardo della monarchia etiope). Su Libia e Siria ci sono questi appunti da fare: 1) dai dati che emergono (e li mostrerò in fondo) i regimi panarabisti mantengono un Stato sociale effettivo (mi dispiace ma è così); 2) Libia e Siria sono gli unici due Stati laici nel mondo arabo.
Per ciò che riguarda la Libia farò una dovuta precisazione in rapporto al primo punto. Nel 1997 Gheddafi segue la così detta svolta panafricana, aprendo le frontiere ad una immensa immigrazione dal centro Africa, cosa che destabilizzerà il mercato interno, e la redistribuzione delle rendite petrolifere. La popolazione libica ha circa 6,5 milioni di abitanti, di cui, circa 1,5 milione sono lavoratori provenienti da Paesi come il Mali, il Niger, la Nigeria, il Sudan, l'Etiopia, e la Somalia, che offrono manodopera a basso costo. E' interessante notare come la Libia, in effetti, non abbia un proletariato autoctono e i libici coprano funzioni impiegatizie di gestione del capitale nazionale ed internazionale. Tutte cose che negli ultimi anni hanno provocato squilibri sociali, cavalcati, ora, dai luridi mercenari di Bengasi.
Il secondo punto, invece, non è da poco, e meriterebbe un testo a parte. Osservando le dinamiche di queste ''rivolte'' è emerso un unico comune denominatore: il fondamentalismo islamico, rappresentato dalla Fratellanza Musulmana. Cari militanti della Sinistra Comunista (miei feroci critici) ecco che tiro fuori il vostro incubo peggiore: Antonio Gramsci. A.G. nelle ''Note sul Machiavelli'' (tanto disprezzate da Quinterna e consorti...) contrappone al ''Programma di transizione'' di Trotsky, quella che lui chiama ''guerra di posizione''. In un paese come l'Egitto (solo per fare un esempio) abbiamo assistito ad una progressiva islamizzazione del proletariato e del sottoproletariato, cosa che con il nasserismo (a dispetto di quello che ha scritto di recente Samir Amin) si è rivelata impossibile. La Fratellanza Musulmana, a mio avviso, ha condotto una progressiva ''guerra di posizione'' andando ad egemonizzare grandi fette della società civile. Il grande sardo contrapporrà l' ''egemonia civile'' alla ''rivoluzione permanente''; ecco perchè critico anche molti compagni trotskisti che studiano il marxismo a colpi di forbice. Insomma, spero, anche qui, di essere stato chiaro.
E finalmente rivado, come atto conclusivo, all'intervista a Matteo Fossa, su citata. La mia posizione è questa: bisogna dare il pieno appoggio, alla resistenza popolare libica (quindi ai lealisti contro i mercenari di Bengasi), irakena, palestinese (cito esempi Nord Africani, ma potrei continuare), perchè questo è un passo in avanti verso il crollo degli imperialismi Usa-UE (nemico principale da colpire). I marxisti hanno sempre individuato il baricentro dell'imperialismo unitario; Marx lo individua nell'Impero zarista, Zinovev, al Congresso di Baku, nell'imperialismo inglese, e Bordiga, nella lettera a Damen del luglio 1951, nell'imperialismo americano. Ecco il motivo principale perchè ritengo necessario un ''Fronte unico militare'' (da non confondere con il Fronte unico politico) con ciò che resta del panarabismo laico (e resta veramente poco).
In conclusione vorrei che si facesse un po' più di attenzione alle menzogne mediatiche (dalla falsa presa di Tripoli ad altre cose non vere, non posso fare un elenco in questa sede del letame che fanno passare per informazione) che puntualmente vengono diffuse 1. Dove sta il punto forte di un materialista storico, che dovrebbe, ben sapere, come i mass-media siano in mano alla classe dominante, e seguono gli interessi dell'imperialismo? Bordiga nell'articolo ''Schifo e menzogna del mondo libero'', su ciò, è stato molto chiaro.


4. Bene, questo è tutto. Vorrei avvisare molti militanti che la logica errata del ''nè, nè'' in questa fase non fa altro che portali, dritti dritti, fra le braccia di Obama, Soros, o, stando bassi, Vespa e Travaglio, ma ho paura di non essere ascoltato.
Va bene così, io il mio dovere l'ho fatto, vi chiederei di riflettere ma scatterà qualche accusa epocale (fascismo, stalinismo, rosso-brunismo, e altre stupidaggini a cui non do attenzione), o al massimo la risposta verrà delegata a vuoti slogan che non fanno paura nemmeno all'imperialismo più ascaro e straccione, come quello italiota. Non so, vedete voi.

P.S. Sulla Libia di Gheddafi ricevo e pubblico, giusto per dare una idea di cosa, con tutte le contraddizioni possibili e immaginabili, sta venendo meno:

- Indennità di disoccupazione: 730$ mensili (in Libia la vita costa 1/3 rispetto a qui)
- Pil pro-capite: 14.192$ – DEBITO/PIL: 33% (secondo il sito della CIA al 2010 è il paese meno indebitato al mondo) https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/rankorder/2186ran
- Ogni membro di una famiglia riceve dallo Stato 1000$ annuali
- Per ogni nuovo nato lo Stato dona alla famiglia 7000$
- Gli sposi ricevono 64.000$ per l’acquisto di una casa
- Istruzione ed università all’estero a carico dello Stato
- Prezzi simbolici dei prodotti alimentari base per le famiglie numerose
- Erogazione gratuita di prodotti medicinali e farmaceutici
- 1 litro di benzina costa 0,14$ dunque è più economica dell’acqua
- Energia elettrica gratuita
- All’apertura di un’attività personale si riceve un finanziamento statale di 20.000$
- Per l’acquisto di una vettura il 50% è versato dallo Stato
- Prestiti per l’acquisto di un auto o di una casa senza alcun interesse
- Imposte e tasse extra PROBITE
http://tipggita32.wordpress.com/2011/04/22/eloquent-facts-of-the-socialist-li…

Allora il confronto verte con l'Irak dopo lo shock economy imposto dagli yankee, e non la Spagna di Nin e Durruti. I trotskisti se non vogliono ricevere la nomina a trotsko-imperialisti tengano a mente ciò.

Note:

1) I satelliti russi confermano che l'esercito lealista controlla il 75% della Libia, altro che caduta di Gheddafi.

Stefano Zecchinelli

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