di Marco Vecchi
Testimoni ascoltati da chi scrive nei primi anni
’90 del secolo trascorso, raccontano come per il primo
combattimento del Batt. Garibaldi presso ‘Cerro de los Angeles’
(poi fallito) molti volontari fossero semplicemente dotati di una
tuta blu da operaio quale ‘uniforme’ (detta in Spagna ‘el mono
azul’, di buffetteria improvvisata e coperta a tracolla; privi di
elmetti e con fucili in dotazione ancora quasi tutti Mauser spagnoli.
Testimoni
inglesi della medesima azione (leggi “Boadilla
– La mia Guerra di Spagna” di Esmond Romilly, ed. Einaudi 1980),
che erano inquadrati in una compagnia del Batt. tedesco Thalmann
nella stessa zona, narrano come nelle ore diurne la giornata
invernale fosse talmente calda e assolata da far si che la maggior
parte dei volontari si alleggerisse di coperte e altre dotazioni
‘pesanti’ gettandole via: al giungere della notte tutti si
pentirono e soffrirono un freddo ricordato come ‘orribile’.
Le prime uniformi
spagnole in fustagno, lana e tela furono fornite a Madrid alcuni
giorni dopo e gli elmetti soprattutto nel Gennaio ‘37 (misti M26
spagnoli detti ‘Trubia con alas’, ‘Adrian’ di varia
provenienza ma pure in dotazione all’esercito spagnolo e alcuni
elmi Cechi color verde-caki, oggi ormai rarissimi da reperire).
Il Garibaldi aveva in dotazione una mistura
assoluta degli elmetti sopracitati.
In inverno era assai apprezzato “el pasamontana”
di ordinanza spagnola, di lana bollita semirigida grigio-beige
e assai scomodo ma protettivo. Poi bustine (dette ‘gorros’ o
‘isabelinos’) e baschi furoreggiavano di varia foggia.
Era uso frequente
nell’armata popolare staccare la nappina sita sul fronte della
bustina e far ‘rientrare’ le punte del berretto: ciò in segno di
distinzione dall’ex-esercito regolare golpista; tale abitudine non
fu comunque però adottata da tutti i repubblicani, soprattutto gli
ufficiali, che spagnoli o internazionali mantennero certi attributi.
Dopo la battaglia di Brunete le bustine
repubblicane cominciarono a essere (per la truppa) prodotte senza
punte (tagliate semi-tondeggianti) né nappina.
I
garibaldini, contrariamente a come viene rappresentato da vari gruppi
di reenactors (ricostruttori storici di modi di vita, usi e costumi d’altri tempi) spagnoli e non, erano praticamente gli unici a portare, salvo quando
non erano in azione (per ovvie ragioni mimetiche) il fazzoletto rosso
al collo, simbolo prettamente ‘garibaldino’.
Verso la fine della
guerra, al fazzoletto rosso furono aggiunte sulle punte, due piccoli
tricolori: uno repubblicano spagnolo ed uno italiano. Scritte a
tempere o ricami erano iniziative personali.
Il saluto,
in tutto l’esercito popolare era il pugno
chiuso portato vicino alla fronte con la mano DESTRA,
alla maniera militare e come possiamo osservare anche nella
Resistenza slava nella WWII.
Saluto formale a voce
era “Salud y Republica!”: prima si salutava col pugno e
sull’attenti il compagno superiore e poi si stringeva la mano.
Il grado più basso era
“Cabo”, poi “Sargento”, “Teniente”, “Comandante – di
compagnia, pelotòn, brigada ecc…. e altri superiori…
Il
Commissario Politico era pur’esso di Compagnia, Plotone a salire:
il simbolo era una Stella Rossa Cerchiata ed una o più barrette
rosse sottostanti, sino a tre; tale simbolo era portato su basco e/o
su pezza con asola fissata al bottone della
tasca sinistra della camicia o giubba.
I mitra
furono rarissimi nella GCE: quasi tutti
tedeschi, erano già presenti in Spagna prima del conflitto in quanto
dotazione esclusiva delle forze di Polizia (seguridad).
Si trattava quasi
sempre di mitra a caricatore laterale, Bergmann-Schmeisser mp28 cal.
9 para ed Erma-Werke stesso calibro.
Tali mitra a caricatore
laterale erano detti dagli spagnoli, indistintamente, “naranjero”
(spremi arance).
Furono prodotti,
soprattutto gli Erma-Werke, anche da manifatture autogestite catalane
anarchiche, ma erano poco affidabili (Durruti, noto lider anarchista,
morì appunto inciampando in un ‘naranjero’ Bergmann-Schmeisser
che portava armato, mentre scendeva da un’auto in Plaza de la
Moncloa durante la difesa di Madrid…).
La polizia
catalana della ‘Generalitat’ era anche armata di un limitatissimo
quantitativo di mitra Thompson m1928 cal.45 con caricatore a tamburo,
ma tale quantitativo ‘sparì’ dopo le prime settimane di guerra.
Molto usate erano poi le ‘Bolo’, ovvero le versioni della Mauser
96 prodotte in Spagna su licenza tedesca, anche a raffica
(schnellfeuer) con calciolo fondina in legno.
Un
quantitativo limitatissimo
del mitra sovietico Degtyarev DDP (antesignano del Ppsh41) fu usato
da alcuni squadre repubblicane; esistono pochissime foto in merito.
Senz’altro un uso più
diffuso di mitra avrebbe reso la guerra più ‘dinamica’.
Le
mitragliatrici leggere più diffuse furono le VZ26 Ceche, le Lewis, i
B.A.R., le Degtyarev m28, le Maxim-Tokarev, per poi passare alle
medie e pesanti Hotchiss, Colt, Swarzlose e soprattutto
le sovietiche Maxim 1910 con scudo protettivo
e piccole ruote.
Le bombe a
mano furono le spagnole di vario genere dette “pigna” con innesco
classico ad anello e ‘maniglia’ ma di forma soprattutto
–cilindrica-; poi le ‘ananas’ polacche, le ‘castillo’
catalane (barattoli semi rudimenatali), le Lafitte francesi, rare
Sthielgrenade tedesche preda bellica e altri ordigni artigianali
spagnoli solitamente assai insicuri.
La bottiglia-molotov
furoreggiò per entrambe la fazioni.
Le
calzature simili alle espadrillas moderne, con lacci alla caviglia,
erano dette “alpargatas”:
ve ne erano di vario tipo contadino diverse per varianti regionali ma
ve ne era un modello –militare- ;
tali calzature assai leggere ma comodissime, in caso di bisogno,
venivano portate anche d’inverno con calzettoni.
Le pistole
erano per lo più spagnole: in assoluto la
faceva da ‘padrona’ la Astra 400 detta ‘Astrona’ o ‘el
puro’ (sigaro) in 9 ‘largo’, la Astra 300 in versione 9corto o
7,65, le Astra ‘Ruby’ 7,65, le più vecchie Astra Campo-Giro
9largo, revolver baschi versioni rudimentali delle Webley o modelli
che furono già da fine ‘800 origine delle italiane tipo
‘Bodeo-Glisenti’, altre automatiche Star mod.1922 (copia della
Colt 1911) ma in cal.9, vari revolver
francesi St.Etienne, rare Luger preda bellica, Mauser 96 spagnole
(vedi sopra), varie Browning 1910 in calibro e lunghezza varia, rare
Colt 1911 cal.45 americane provenienti dal Messico, Revolver Nagant e
automatiche Tokarev tt30-33 fornite dall’URSS.
Gli
spagnoli di “Ay Carmela!”
hanno redatto un approfonditissimo studio di ricerca sui fucili a
ripetizione manuale presenti in Spagna: ne esce un quadro
eccezionalmente vasto
di tipi e modelli, tale da essere improponibile anche il semplice
riassunto.
Si può
però andare per esclusione, circa l’esercito popolare,
relativamente all’uso dei tantissimi Carcano 91 sequestrati ai
fascisti italiani che, data l’incompatibilità del calibro e
mostrati in massa alla stampa internazionale
per dimostrare le ingerenze mussoliniane, venivano sequestrati dal
governo madrileno e non usati dagli
antifascisti.
Con grande sorpresa di
molti non si trova praticamente nota o foto relativa all’uso dei
diffusissimi Lee-Enfield MK di varia serie…
Probabilmente
il duro embargo posto dall’Inghilterra impedì l’arrivo di tale
arma, anche se alcune fonti la segnalano come
presente in limitati quantitativi.
Cosa
curiosa è l’uso da parte soprattutto delle milizie sindacali e di
forze di polizia, di versioni di Winchester a
leva spagnoli detti “Tigre” in calibro
45.
Per quanto riguarda
indumenti e generi ‘di conforto’ era però permesso l’uso di
materiale preda bellica, come appunto coperte, teli mimetici, scarpe,
borse italiane del R.E.
Ogni compagnia,
plotone, Brigata o Divisione repubblicana e internazionale aveva la
propria bandiera tricolore repubblicana con simboli di vario genere;
le internazionali si sbizzarrivano in varianti varie, …vedi
Edizioni Osprey.
In generale, la scritta
N°… Brigada Internacional (es.: Garibaldi…) su un lato e un lato
rosso con falce e martello dall’altro, distinguevano le formazioni
internazionali.
Piatti in
alluminio o latta solitamente larghi
e posate o tazze metalliche, pendevano dagli equipaggiamenti.
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