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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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martedì 10 gennaio 2012

USI E COSTUMI... la Garibaldi e la Spagna



di Marco Vecchi

Testimoni ascoltati da chi scrive nei primi anni ’90 del secolo trascorso, raccontano come per il primo combattimento del Batt. Garibaldi presso ‘Cerro de los Angeles’ (poi fallito) molti volontari fossero semplicemente dotati di una tuta blu da operaio quale ‘uniforme’ (detta in Spagna ‘el mono azul’, di buffetteria improvvisata e coperta a tracolla; privi di elmetti e con fucili in dotazione ancora quasi tutti Mauser spagnoli.

Testimoni inglesi della medesima azione (leggi “Boadilla – La mia Guerra di Spagna” di Esmond Romilly, ed. Einaudi 1980), che erano inquadrati in una compagnia del Batt. tedesco Thalmann nella stessa zona, narrano come nelle ore diurne la giornata invernale fosse talmente calda e assolata da far si che la maggior parte dei volontari si alleggerisse di coperte e altre dotazioni ‘pesanti’ gettandole via: al giungere della notte tutti si pentirono e soffrirono un freddo ricordato come ‘orribile’.

Le prime uniformi spagnole in fustagno, lana e tela furono fornite a Madrid alcuni giorni dopo e gli elmetti soprattutto nel Gennaio ‘37 (misti M26 spagnoli detti ‘Trubia con alas’, ‘Adrian’ di varia provenienza ma pure in dotazione all’esercito spagnolo e alcuni elmi Cechi color verde-caki, oggi ormai rarissimi da reperire).

Il Garibaldi aveva in dotazione una mistura assoluta degli elmetti sopracitati.

In inverno era assai apprezzato “el pasamontana” di ordinanza spagnola, di lana bollita semirigida grigio-beige e assai scomodo ma protettivo. Poi bustine (dette ‘gorros’ o ‘isabelinos’) e baschi furoreggiavano di varia foggia.

Era uso frequente nell’armata popolare staccare la nappina sita sul fronte della bustina e far ‘rientrare’ le punte del berretto: ciò in segno di distinzione dall’ex-esercito regolare golpista; tale abitudine non fu comunque però adottata da tutti i repubblicani, soprattutto gli ufficiali, che spagnoli o internazionali mantennero certi attributi.

Dopo la battaglia di Brunete le bustine repubblicane cominciarono a essere (per la truppa) prodotte senza punte (tagliate semi-tondeggianti) né nappina.

I garibaldini, contrariamente a come viene rappresentato da vari gruppi di reenactors (ricostruttori storici di modi di vita, usi e costumi d’altri tempi) spagnoli e non, erano praticamente gli unici a portare, salvo quando non erano in azione (per ovvie ragioni mimetiche) il fazzoletto rosso al collo, simbolo prettamente ‘garibaldino’.
Verso la fine della guerra, al fazzoletto rosso furono aggiunte sulle punte, due piccoli tricolori: uno repubblicano spagnolo ed uno italiano. Scritte a tempere o ricami erano iniziative personali.

Il saluto, in tutto l’esercito popolare era il pugno chiuso portato vicino alla fronte con la mano DESTRA, alla maniera militare e come possiamo osservare anche nella Resistenza slava nella WWII.

Saluto formale a voce era “Salud y Republica!”: prima si salutava col pugno e sull’attenti il compagno superiore e poi si stringeva la mano.

Il grado più basso era “Cabo”, poi “Sargento”, “Teniente”, “Comandante – di compagnia, pelotòn, brigada ecc…. e altri superiori…

Il Commissario Politico era pur’esso di Compagnia, Plotone a salire: il simbolo era una Stella Rossa Cerchiata ed una o più barrette rosse sottostanti, sino a tre; tale simbolo era portato su basco e/o su pezza con asola fissata al bottone della tasca sinistra della camicia o giubba.

I mitra furono rarissimi nella GCE: quasi tutti tedeschi, erano già presenti in Spagna prima del conflitto in quanto dotazione esclusiva delle forze di Polizia (seguridad).
Si trattava quasi sempre di mitra a caricatore laterale, Bergmann-Schmeisser mp28 cal. 9 para ed Erma-Werke stesso calibro.
Tali mitra a caricatore laterale erano detti dagli spagnoli, indistintamente, “naranjero” (spremi arance).
Furono prodotti, soprattutto gli Erma-Werke, anche da manifatture autogestite catalane anarchiche, ma erano poco affidabili (Durruti, noto lider anarchista, morì appunto inciampando in un ‘naranjero’ Bergmann-Schmeisser che portava armato, mentre scendeva da un’auto in Plaza de la Moncloa durante la difesa di Madrid…).

La polizia catalana della ‘Generalitat’ era anche armata di un limitatissimo quantitativo di mitra Thompson m1928 cal.45 con caricatore a tamburo, ma tale quantitativo ‘sparì’ dopo le prime settimane di guerra. Molto usate erano poi le ‘Bolo’, ovvero le versioni della Mauser 96 prodotte in Spagna su licenza tedesca, anche a raffica (schnellfeuer) con calciolo fondina in legno.
Un quantitativo limitatissimo del mitra sovietico Degtyarev DDP (antesignano del Ppsh41) fu usato da alcuni squadre repubblicane; esistono pochissime foto in merito.

Senz’altro un uso più diffuso di mitra avrebbe reso la guerra più ‘dinamica’.

Le mitragliatrici leggere più diffuse furono le VZ26 Ceche, le Lewis, i B.A.R., le Degtyarev m28, le Maxim-Tokarev, per poi passare alle medie e pesanti Hotchiss, Colt, Swarzlose e soprattutto le sovietiche Maxim 1910 con scudo protettivo e piccole ruote.

Le bombe a mano furono le spagnole di vario genere dette “pigna” con innesco classico ad anello e ‘maniglia’ ma di forma soprattutto –cilindrica-; poi le ‘ananas’ polacche, le ‘castillo’ catalane (barattoli semi rudimenatali), le Lafitte francesi, rare Sthielgrenade tedesche preda bellica e altri ordigni artigianali spagnoli solitamente assai insicuri.
La bottiglia-molotov furoreggiò per entrambe la fazioni.

Le calzature simili alle espadrillas moderne, con lacci alla caviglia, erano dette alpargatas”: ve ne erano di vario tipo contadino diverse per varianti regionali ma ve ne era un modello –militare- ; tali calzature assai leggere ma comodissime, in caso di bisogno, venivano portate anche d’inverno con calzettoni.

Le pistole erano per lo più spagnole: in assoluto la faceva da ‘padrona’ la Astra 400 detta ‘Astrona’ o ‘el puro’ (sigaro) in 9 ‘largo’, la Astra 300 in versione 9corto o 7,65, le Astra ‘Ruby’ 7,65, le più vecchie Astra Campo-Giro 9largo, revolver baschi versioni rudimentali delle Webley o modelli che furono già da fine ‘800 origine delle italiane tipo ‘Bodeo-Glisenti’, altre automatiche Star mod.1922 (copia della Colt 1911) ma in cal.9, vari revolver francesi St.Etienne, rare Luger preda bellica, Mauser 96 spagnole (vedi sopra), varie Browning 1910 in calibro e lunghezza varia, rare Colt 1911 cal.45 americane provenienti dal Messico, Revolver Nagant e automatiche Tokarev tt30-33 fornite dall’URSS.

Gli spagnoli di “Ay Carmela!” hanno redatto un approfonditissimo studio di ricerca sui fucili a ripetizione manuale presenti in Spagna: ne esce un quadro eccezionalmente vasto di tipi e modelli, tale da essere improponibile anche il semplice riassunto.
Si può però andare per esclusione, circa l’esercito popolare, relativamente all’uso dei tantissimi Carcano 91 sequestrati ai fascisti italiani che, data l’incompatibilità del calibro e mostrati in massa alla stampa internazionale per dimostrare le ingerenze mussoliniane, venivano sequestrati dal governo madrileno e non usati dagli antifascisti.
Con grande sorpresa di molti non si trova praticamente nota o foto relativa all’uso dei diffusissimi Lee-Enfield MK di varia serie…
Probabilmente il duro embargo posto dall’Inghilterra impedì l’arrivo di tale arma, anche se alcune fonti la segnalano come presente in limitati quantitativi.

Cosa curiosa è l’uso da parte soprattutto delle milizie sindacali e di forze di polizia, di versioni di Winchester a leva spagnoli detti “Tigre” in calibro 45.

Per quanto riguarda indumenti e generi ‘di conforto’ era però permesso l’uso di materiale preda bellica, come appunto coperte, teli mimetici, scarpe, borse italiane del R.E.

Ogni compagnia, plotone, Brigata o Divisione repubblicana e internazionale aveva la propria bandiera tricolore repubblicana con simboli di vario genere; le internazionali si sbizzarrivano in varianti varie, …vedi Edizioni Osprey.

In generale, la scritta N°… Brigada Internacional (es.: Garibaldi…) su un lato e un lato rosso con falce e martello dall’altro, distinguevano le formazioni internazionali.

Piatti in alluminio o latta solitamente larghi e posate o tazze metalliche, pendevano dagli equipaggiamenti.




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