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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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mercoledì 11 gennaio 2012

UNA ROSA PER IL SOCIALISMO


di Stefano Santarelli


“O il tramonto nell’anarchia o la salvezza per opera del socialismo”
                                                                               (Rosa Luxemburg)


L’intervento del compagno Lorenzo Mortara che rispondeva a sua volta all’interessante articolo del compagno Giuseppe Giudice Omaggio a Rosa Luxemburg mi ha stimolato ad intervenire in questo dibattito.
Rosa Luxemburg, fondatrice del primi veri partiti rivoluzionari in Polonia ed in Germania, è stata sicuramente non soltanto una grande teorica marxista, ma anche una grande militante rivoluzionaria che ha combattuto con tutte le sue forze la degenerazione sia del partito socialdemocratico tedesco, il più importante partito operaio del suo tempo, che della Seconda Internazionale.
In modo molto sintetico e molto parziale mi soffermerò soltanto sul suo pacifismo e sulla questione del partito che a mio avviso sono stati affrontati in modo superficiale dal compagno Mortara.


In merito al pacifismo della Luxemburg non condivido da marxista l’affermazione del compagno Mortara:

Come tutti i marxisti, Rosa Luxemburg, non poteva vedere le cose dal punto di vista dell’umanità in generale, perché finché ci saranno le classi sociali non potrà esserci un comune sentire nemmeno nelle cose più elementari che dovrebbero unire gli uomini, come il contrasto a tutte le guerre.”

Intanto la Prima Guerra mondiale fu un carnaio senza precedenti nella storia dell’umanità superata soltanto dalla successiva guerra che è una conseguenza diretta però della prima. E ad avere la macchina del tempo di Wells ritengo che se fossimo presenti in quel momento storico dovremmo batterci per la pace usando il termine ormai abusato senza se e senza ma.
Io ritengo in linea di principio, al contrario di ciò che sostiene Mortara, che il marxismo faccia gli interessi dell’umanità in generale.  Infatti oggi lo sviluppo delle armi di distruzione di massa impone, nonostante l’esistenza delle classi sociali e della loro conseguente lotta, che le forze che si richiamano al socialismo si battano proprio per la pace. Condizione questa indispensabile per la preservazione del nostro pianeta e dell’umanità.
Lo scopo del socialismo è quello di migliorare il futuro dell’umanità e non vi sarà futuro se il nostro pianeta verrà distrutto dalle conseguenze barbariche del capitalismo.
E’ ovvio che i marxisti non sono degli ingenui pacifisti, ma è altrettanto ovvio che non sono neanche dei guerrafondai a maggior ragione oggi con queste moderne armi di distruzione di cui i nostri maestri da  Marx alla stessa Rosa non potevano prevedere l’esistenza.
Oltretutto va ricordato che una delle consegne politiche più importante e determinante che permisero e caratterizzarono la vittoria dei bolscevichi in Russia fu proprio quella della pace!
Ma ritornando alla Luxemburg non vorremmo che il lettore fosse tentato di crederla una innocua crocerossina  al contrario era una fervente rivoluzionaria e nel suo slogan di muovere guerra alla guerra vi era la volontà di utilizzare la prima guerra mondiale proprio per fomentare la rivoluzione con lo scopo di trasformare il conflitto imperialista in guerra rivoluzionaria contro la propria borghesia.
Rosa Luxemburg d’altronde era perfettamente consapevole che nello svolgimento dell’attività politica la lotta quotidiana per il parlamento e nel parlamento può aver successo solamente se dietro ad essa c’è la violenza latente della classe operaia:  

“La violenza è e resta l’ultima ratio anche della classe operaia, la legge suprema della lotta di classe, operante ora in forma latente ora in forma attiva. E se noi rivoluzioniamo le teste mediante l’attività parlamentare o con qualunque altra attività, questo avviene affinché al momento giusto la rivoluzione scenda dalle teste nei pugni”.

Ma aveva imparato già dal conflitto russo-giapponese quanto era difficile per la classe operaia fare il salto dalla guerra alla rivoluzione,  un salto reso ancora più difficile proprio per l’abdicazione politica che la socialdemocrazia tedesca e l’Internazionale avevano compiuto il 4 agosto del 1914 con il voto dei crediti di guerra che spianarono la strada ad una delle più grandi tragedie dell’umanità.
L’alternativa era veramente socialismo o barbarie:

“Se il crollo del 4 agosto ha insegnato qualcosa, esso ha insegnato la dottrina universale che una effettiva garanzia di pace e un efficace baluardo contro la guerra non possono essere dati da pii desideri, da ricette sapientemente compilate e da richieste utopistiche rivolte alle classi dominanti, ma esclusivamente e soltanto dall’energica volontà del proletariato di restare fedele in mezzo a tutte le tempeste dell’imperialismo alla sua politica di classe e alla sua solidarietà internazionale. (…) Anche qui c’è un dilemma: o Bethmann-Hollweg o Liebknecht. O imperialismo o socialismo, come l’intendeva Marx”.  (…)
Posta davanti alla più grande prova storica, una prova che essa (la socialdemocrazia) per di più aveva previsto con la sicurezza di un ricercatore di fenomeni naturali e aveva predetto nei suoi tratti essenziali, le mancò completamente il secondo elemento vitale del movimento operaio: l’energica volontà non solo di intendere la storia, ma anche di farla. Con tutta la sua esemplare conoscenza teorica e con tutta la sua forza organizzativa, presa dal gorgo del torrente della storia, in un attimo essa divenne come un rottame senza timone in preda al vento dell’imperialismo, contro cui avrebbe dovuto seguitare a lavorare per raggiungere l’isola salvatrice del socialismo.  (…) Un crollo storico di prima grandezza che complica e ritarda pericolosamente la liberazione dell’umanità dal dominio del capitalismo.  (…)  Sia l’Internazionale, sia una pace che corrisponde all’interesse della causa proletaria, possono scaturire soltanto dall’autocritica del proletariato, dalla sua fede nella propria forza.  (…) La via a questa forza -non le risoluzioni cartacee- è nello stesso tempo la via alla pace e alla ricostruzione dell’Internazionale”

E se Lenin respingeva decisamente dalla Svizzera la parola d’ordine della “pace” al contrario la Luxemburg ne faceva il perno della sua azione politica. Non parlava solo di lotta di classe, di rivoluzione, di guerra civile come invece faceva Lenin. Me era chiaro che  per la concezione  della Luxemburg  che “una pace che corrisponde agli interessi della classe proletaria” poteva essere raggiunta mediante la conquista del potere.


Sulla questione del partito la Luxemburg ha pesantemente polemizzato con Lenin già dal lontano 1904 in testi come Problemi di organizzazione della socialdemocrazia russa affrontando apertamente il problema della democrazia politica all’interno dei partiti e sindacati. Una battaglia questa che rimane ancora oggi attuale e dove la Luxemburg pone una particolare enfasi sugli elementi umanistici e democratico-libertari del socialismo.
La concezione leniniana è per la nostra Rosa:

“un centralismo spietato, il cui principio vitale è da un lato il netto rilievo e la separazione della truppa organizzata dei rivoluzionari dichiarati e attivi dall’ambiente, pur esso rivoluzionariamente  attivo ma non organizzato, che li circonda, e dall’altro la rigida disciplina e l’intromissione diretta, decisiva e determinante delle istanza centrali in tutte le manifestazioni vitali delle organizzazioni locali del partito”.

E’ una posizione questa che condivideva allora lo stesso Trotsky ne I nostri compiti politici  sempre del 1904. 
Queste posizioni della Luxemburg e di Trotsky potevano costituire un anticorpo al veloce processo degenerativo del partito bolscevico. La Luxemburg ricordiamo considerava la libertà di critica e di opinione all’interno del partito una necessità vitale per evitare l’irrigidimento e la degenerazione.

“Un grande partito, se è serio, non si spacca a causa di qualche articolo su un giornale e neppure a causa di passi compiuti in politica da questo o quell’individuo”.

E dobbiamo segnalare che il testo citato dal compagno Mortara (La rivoluzione russa -1918) costituisce la prima denuncia della degenerazione burocratica dello stato sovietico. La Luxemburg ricordiamo venne assassinata tre mesi dopo aver scritto questo testo che assume perciò l’importanza di un vero e proprio testamento politico.
Purtroppo va ricordato che Lenin non affrontò e non si confrontò con le critiche di questi due grandi rivoluzionari. Fu una grave colpa che ebbe conseguenza nefaste per la Rivoluzione russa.
Anche se Lenin nello scritto Un passo avanti e due indietro dichiarò di avere volutamente esagerato il centralismo per contrastare l’anarchia che allora imperava nel partito russo.
La Luxemburg era però perfettamente consapevole che la Rivoluzione del 1917 aveva creato in Russia un regime che non era più borghese, ma che non era ancora socialista e che quindi bisognava continuare ed approfondire quella “democrazia rivoluzionaria” che era nata nell’Ottobre.

“E’ compito storico del proletariato, una volta giunto al potere, creare al posto della democrazia borghese una democrazia socialista, non abolire ogni democrazia”.

Ma la decisione bolscevica di sciogliere tutti i partiti, da quelli borghesi a quelli socialisti, e lo scioglimento delle correnti all’interno dello stesso partito bolscevico spianarono la strada alla degenerazione stalinista.
La dittatura del proletariato si trasformò ben presto nella dittatura sul proletariato. Questo declino della Rivoluzione russa venne agevolato, oltre che dalle difficoltà materiali e dalla stanchezza della grandi masse, dalla nascita di una burocrazia nel partito bolscevico che dominò illimitatamente lo stato. La restrizione delle più elementari libertà democratiche accelerò la morte della Rivoluzione russa, una morte favorita anche dall’isolamento in cui venne a trovarsi lo stato sovietico.
Infatti Rosa Luxemburg, come Trotsky e lo stesso Lenin, sapeva bene che la Rivoluzione poteva evolvere in una democrazia socialista soltanto mediante la vittoria della classe operaia nei grandi paesi capitalistici altrimenti avrebbe dovuto cedere il posto a una controrivoluzione.
Una controrivoluzione iniziata con il massacro di Kronštadt, e proseguita poi con l’instaurazione dei  gulag, dei Processi di Mosca e l’assurda e criminale alleanza con Hitler.



Bibliografia:
R. Luxemburg- Problemi di organizzazione della socialdemocrazia russa
R. Luxemburg- Utopie pacifiste
R. Luxemburg- La Rivoluzione russa
P.Fröhlich-        Rosa Luxemburg
R. Massari-       Ragione e passione rivoluzionaria


1 commento:

Lorenzo Mortara ha detto...

Caro Stefano ti devi sorbire la mia insonnia. Ho solo un paio di brevi segnalazioni da fare al tuo articolo.

Tu dici che Rosa era conscia del fatto che la Prima Guerra Mondiale andava usata per fomentare la rivoluzione e quindi la guerra civile, poi però dici che se Lenin dalla Svizzera rifiutava la parola d'ordine della pace, Rosa ne faceva il perno. Non ti pare in contraddizione tutto questo?

Tu dici che LA RIVOLUZIONE RUSSA fu una denuncia dell'operare dei bolscevichi, ma io credo che la parola denuncia non sia appropriata. Messa così, un lettore che non conosca Rosa, potrebbe pensare a una presa di distanza dai bolscevichi. Cosa che non è nel testo. La parola giusta a mio avviso è critica. La denuncia Rosa infatti la fa alla socialdemocrazia tedesca.

Buonanotte
Lorenzo

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