Tesi politiche della LEGA DEI SOCIALISTI
documento del direttivo nazionale del 21/4/2012.
1 – Crisi di sistema e crisi delle società occidentali
La crisi di sistema del modello economico neo-liberista, iniziata ad esplodere a partire dal 2007, è ormai giunta, a causa dell’evolversi a catena dei cortocircuiti dei processi di finanziarizzazione e terziarizzazione delle economie avanzate, ad un punto di maturazione tale da compromettere la stessa tenuta, nel medio periodo, dei tessuti produttivi delle economie occidentali di fronte alle capacità di espansione globale dei nuovi grandi produttori emergenti .
Il modello di sviluppo attuale, vittima degli squilibri finanziari che ne hanno rappresentato uno dei fondamentali elementi propulsivi, si dimostra non più in condizione di garantire quei livelli di crescita necessari al mantenimento dell’equilibrio sociale su cui l’occidente democratico ha costruito il suo modello di società.
L’illusorio tentativo di rianimarlo, a cui stanno lavorando le classi dirigenti economiche e finanziarie responsabili della crisi, rischia di generare nelle società occidentali una crisi irreversibile dei propri modelli di garanzia sociale e della loro stessa articolazione democratica.
La Lega dei Socialisti ritiene che questa situazione drammatica costringa tutta la sinistra ad affrontare, con urgenza, la grande questione della trasformazione strutturale di un sistema di rapporti economici finanziari e sociali che distrugge la ricchezza sociale ed espropria il valore del lavoro e della vita degli individui, pensando di riattivare un processo di crescita attraverso nuovi processi di flessibilità nei processi produttivi, ed una compressione sistematica dei redditi da lavoro dipendente, quali condizioni indispensabili a sostenere un processo di crescita compatibile con il mantenimento della centralità decisionale del sistema finanziario, salvaguardata dalla garanzia della alta redditività dell’investimento finanziario, fondato sull’azzeramento delle residue politiche di intervento pubblico degli stati sovrani.
Questa nuova consapevolezza diffusa dei limiti di un sistema economico integrato a livello sovranazionale, in cui l’elemento finanziario agisce ormai in contrasto con gli interessi, reali e concreti, delle comunità dei produttori, dei lavoratori e degli stessi imprenditori, può infatti costituire la base sociale di un nuovo grande patto democratico, nei popoli e tra i popoli, verso un nuovo modello di rapporti economici e sociali, in cui l’economia reale, la qualità concreta dei rapporti interpersonali, sociali e produttivi, i parametri di valutazione della ricchezza sociale effettivamente goduta dai cittadini, la riqualificazione dei consumi all’interno di un più generale processo di maturazione culturale delle società sviluppate, e sopratutto la centralità dei meccanismi e dei sistemi redistributivi della ricchezza socialmente prodotta, anche come protezione sistemica al calo tendenziale dei tassi quantitativi della crescita, possono tornare ad essere le pietre angolari di un progetto di rinascita democratica della società.
Per la sinistra la soluzione alla crisi del sistema non deve quindi essere la concentrazione delle politiche economiche sulla sterilizzazione del debito sovrano, che porterebbe alla impossibilità di realizzare qualsiasi possibile intervento pubblico sui rapporti economici in grado di riprogrammare le scelte complessive di modello, ma la individuazione di un nuovo modello di sviluppo fondato su diversi criteri valutativi della crescita economica, che salvi l’equilibrio sociale attraverso il mantenimento di alti livelli redistributivi della ricchezza sociale diversamente prodotta, e valutata in base a differenti parametri di riferimento sociale a fronte di una restrizione tendenziale di una crescita fondata sui tradizionali parametri quantitativi.
Un nuovo modello di rapporto tra pubblico e privato, e tra sovranità, statuale o sovrastatuale, e finanza e mercati, che deve nascere dalla eliminazione di tutte le nuove norme costituzionali (vedi art. 81), o comunitarie (fiscal compact) introdotte a garanzia forzosa di un pareggio di bilancio degli stati che non distinguono tra spesa corrente e spesa per investimenti, che hanno solo la finalità di azzerare i poteri di intervento pubblico in economia e di generare una assoluta dipendenza dell’investimento produttivo dal sistema creditizio privato, ed in ultima analisi dagli organismi finanziari e bancari globali, che in qualità di tecnostrutture libere da condizionamenti statuali ne organizzano a livello superiore gli indirizzi di azione e la supervisione funzionale.
Un nuovo modello di sviluppo da realizzare nel quadro di una piena assunzione di poteri esecutivi e legislativi da parte degli organi di rappresentanza democratica della Unione Europea, le cui linee portanti possono fin da ora essere delineate, fondato sull’inversione delle regole che hanno governato le economie dei paesi sviluppati negli ultimi 20 anni, e sulla riforma radicale della struttura dei modelli sociali costruiti sulle compatibilità con un mercato pienamente sovrano funzionalizzato alla garanzia assoluta del profitto nell’investimento finanziario, assunto ad elemento centrale del processo di creazione della ricchezza sociale, strutturalmente destinato, direttamente o attraverso l’indebitamento diffuso dei consumatori, al sostegno della domanda, in sostituzione della crescita progressiva e tendenziale del reddito del lavoro che costituiva l’elemento centrale del precedente modello keynesiano.
In contesti sociali sempre più impoveriti e inquieti, potrebbero verificarsi derive antidemocratiche, oligarchiche e tecnocratiche, di cui già si avvertono i primi sintomi, come ad esempio in Italia con il governo dei tecnici, o una disperata recrudescenza di fenomeni terroristici .
Ma è, più in generale, in tutta Europa che si avverte lo scollamento fra le popolazioni e la tecnocrazia dell’Unione Europea, rappresentata dalla Commissione (organo non elettivo ma che di fatto detiene, oltre al potere esecutivo, anche quello di iniziativa legislativa) e della Bce, supportate dal capitale finanziario responsabile della crisi. Il sogno socialista novecentesco di un’Europa dei popoli rischia di diventare l’incubo di una euro-burocrazia neomonetarista, asservita agli interessi della finanza, con una rinascita degli antagonismi nazionali.
La politica, quindi, deve riacquisire dignità, coraggio e solidarietà per rompere le catene del degrado sociale ed umano del nostro presente e futuro, e proporre una alternativa di modello economico e di sistema sociale che sia punto di incontro, da una parte, ed opportunità politica, dall’altra.
Una alternativa che sia socialista, nel senso più nobile del termine, ed abbracci tutti coloro che hanno la determinazione di ricostruire Il socialismo e la sinistra in Italia ed in Europa.
2 – Un nuovo progetto sociale ed economico per il governo della sinistra
La Lega dei Socialisti vuole lavorare per un nuovo modello di societa’ da costruire attraverso UNA POLITICA DI RIFORME DI STRUTTURA, concertata a livello europeo dalle forze del Socialismo Democratico e dalle altre forze della sinistra, fondata innanzitutto sul recupero di una sovranità delle istituzioni governative, europee o statuali, sul governo complessivo dell’indirizzo dei processi monetari comunitari, in grado di consentire, o il recupero di autonomia monetaria e fiscale delle autorità statuali in un quadro di rinnovata ed ampia libera contrattualità con gli istituti di controllo monetari sopranazionali e comunitari, all’interno di una logica espansiva delle capacità produttive dei paesi aderenti al sistema, o l’assunzione a livello comunitario del debito degli stati, con la liberazione delle economie nazionali dal peso di interessi determinati dal mercato dei capitali privati e dalle valutazioni speculative delle agenzie di rating e la contemporanea attribuzione al nuovo governo comunitario del compito di riprogrammare e attuare uno sviluppo omogeneo di tutta la realtà economica e produttiva europea in forma integrata e compatibile con le possibilità e le specifiche particolarità di tutte le aree omogenee che ad essa appartengono.
Una trasformazione strutturale del modello liberista che dalla riappropriazione delle politiche fiscali e monetarie passi alla costruzione, a livello comunitario e dei singoli stati, di un sistema istituzionale di programmazione dello sviluppo, intergrato e rappresentativo, di natura politica e non solo tecnica, dotato di poteri vincolanti per realizzare i piani generali di una programmazione comunitaria degli indirizzi produttivi , articolati in piani regionali contrattati con i singoli stati nazionali, vincolanti per gli operatori economici privati e le istituzioni finanziarie del credito, le cui scelte generali di investimento debbono essere oggetto di verifiche in ordine alle loro compatibilità di piano.
Un sistema di programmazione democratica degli indirizzi economici e delle conseguenti forme sociali, in grado di introdurre criteri di ridistribuzione interna delle risorse in ragione della loro finalizzazione alle scelte economiche programmate attraverso una riappropriazione sociale dei giudizi di valore sulla qualità dei processi di sviluppo economico, attraverso la realizzazione di nuove forme istituzionali di controllo delle scelte degli operatori e di verifica delle variabili economiche, orientate a garantire gli interessi generali della comunità civile.
Un nuovo modello di sviluppo che riassegnando ai poteri statuali, espressione della sovranità popolare democraticamente espressa, il diritto- dovere di dettare le regole dei rapporti economici e la selezione delle priorità sociali, attraverso il recupero di una politica di programmazione europea delle scelte economiche che qualifichi diversamente gli obiettivi della crescita economica, valutandone la congruità secondo nuovi parametri informati a criteri di qualità sociale dello sviluppo (es.: il QUARS), non più ancorati rigidamente ad indistinti criteri esclusivamente quantitativi connessi meccanicamente al tradizionale parametro del prodotto interno lordo (PIL).
Un modello economico che inverta il processo di privatizzazioni che ha caratterizzato l’esperienza neo-liberista, realizzando:
1) La RIPUBBLICIZZAZIONE DI TUTTE LE RETI ED INFRASTRUTTURE DI INTERESSE COLLETTIVO, I CUI INTROITI, FRUTTO DI UNA NATURALE TARIFFAZIONE DI TIPO MONOPOLISTA, DEBBONO TORNARE AD ESSERE UNA ENTRATA PUBBLICA, diretta a sostenere PROVVEDIMENTI DI SPESA di intervento pubblico in economia FINALIZZATI A SCELTE ECONOMICHE, SOCIALI e PRODUTTIVE DI INTERESSE PUBBLICO, assunte e coordinate in base alle soluzioni individuate dagli istituti di PROGRAMMAZIONE.
2) La NAZIONALIZZAZIONE di tutti gli istituti di credito coperti a garanzia, in quantità di molto eccedente i mezzi propri, dai fondi statuali, conferiti a copertura delle insolvenze accumulate in conseguenza della crisi dei derivati esplosa nel 2007/2008, e dai quantitave easing comunitari, in conseguenza delle speculazioni sui Bond nazionali comunitari realizzate nel periodo 2010/2011. parallela ad una riaffermazione del ruolo statuale delle Banche Centrali, come fulcro delle politiche monetarie Statuali ed Europee, le quali devono essere ristrutturate e riformate secondo moduli giuridici a partecipazione totalmente pubblica.
3) la RIFORMA, a livello sovranazionale, dei CONTRATTI FINANZIARI, attraverso l’adozione di una convenzione mondiale, che porti all’abolizione, in tutte le piazze finanziarie mondiali, dei contratti borsistici meramente aleatori, privi di utilità economica, e dei contratti lucrativi aventi causa nella perdita di valore di imprese non in condizioni di dissesto; il DIVIETO di CUMULO DI FUNZIONI tra banche di investimento finanziario e banche di credito produttivo e gestione di risparmio privato; la FISSAZIONE di RIGIDI PARAMETRI MASSIMI di grandezza delle banche private.
4) Un generale processo di REINDUSTRIALIZZAZIONE, ecocompatibile ,dei paesi europei, finalizzato anche ad un potenziamento della domanda interna , programmato ed assistito tecnicamente e finanziariamente a livello comunitario , ed attuato anche attraverso il rientro progressivo delle delocalizzazione di impianti produttivi effettuate a fine di profitto nei paesi caratterizzati da bassi costi del lavoro e privi di garanzie normative del lavoro dipendente.
Un processo di riqualificazione e riposizionamento sul territorio dei sistemi industriali ,e produttivi ,da realizzare al fine di ricostruire livelli occupazionali , riconsolidare la domanda interna attraverso la ricostruzione di monte salari, e recuperare una piu’ complessiva rifocalizzazione sulla base produttiva reale da parte di economie , tuttora ricche di formidabili conoscenze industriali , sospinte nell’ultimo ventennio dai modelli di finanziarizzazione a spostare risorse impressionanti dai redditi reali del lavoro ad un monte profitti , non reinvestito per l’allargamento della base produttiva, o in innovazione tecnica dei sistemi , ma impiegato in maggior parte in speculazione finanziaria o immobiliare, o al piu’ diretto ad incrementare fenomeni di terziarizzazione delle economie occidentatali fondato su una induzione/omologazione sociale verso una crescita delle propensioni ai consumi in campi di esperienza della vita delle persone precedentemente non oggetto di attivita’ commerciale ed imprenditoriale
Questo processo di ricostruzione delle strutture produttiva deve essere accompagnato dalla trasformazione del ruolo degli organismi internazionali di cooperazione economica (es. l’OMC o l’ OCSE), fInalizzata a creare condizioni tendenziali di equilibrio sui diritti del lavoro e dei lavoratori contemporanee alla garanzia del diritto al libero scambio di merci e servizi, utile a riequilibrare le condizioni di competizione internazionale attraverso una elevazione dei diritti sociali nei paesi emergenti che porti alla riconversione de facto dei processi di delocalizzazione delle produzioni.
Un generale processo di RIACCULTURAZIONE che investa tutti i campi dell’universo culturale delle società europee, ed in particolare della nostra, come premessa di una più generale riconversione dei modelli di consumo e di riqualificazione della domanda sociale, finalizzata a considerare l’investimento sui livelli culturali del paese come una scelta di priorità all’interno di un più generale disegno di riaggregazione sociale, in cui la capillarizzazione della vita culturale, la diffusione dei saperi e l’accesso ai processi formativi, come vero e proprio diritto pubblico soggettivo, possano concretamente rappresentare fattori determinanti di una ricostruzione qualitativa del tessuto civile del paese, ed una opportunità di creazione di nuova ricchezza sociale, reale e pulita, fondata sulla tutela delle capacità creative degli individui. Un processo generale di riacculturazione dell’intero sistema paese necessario a riacquisire una complessiva capacità di innovazione sociale, tecnologica e produttiva, necessaria ad evitare che il nostro sistema produttivo, confinato prevalentemente a gamme di produzioni di bassa qualità e ridotto valore aggiunto, rimanga prigioniero delle logiche soffocanti di un confronto con nuovi produttori mondiali che poggiano la propria estrema competitività su un quadro di arretratezza sociale di fondo, in cui la contrazione dei costi del lavoro e la mancanza di garanzie segnano livelli incompatibili con un normale sviluppo democratico. Un modello di sviluppo che consideri l’attività culturale, diffusa ed autoprodotta in modo autonomo, o associato, da operatori liberi ed indipendenti , come una attività sociale da riconoscere, promuovere, e garantire, pone le basi di un nuovo elemento strutturale di creazione di reddito, che in un paese sviluppato, in cui la soddisfazione dei bisogni secondari rappresenta una enorme voce di consumo dei cittadini, andrebbe a coinvolgere un numero di attori di notevole entità, attraverso attività svolte con forme, tempi e modi di lavoro pressoché liberamente autoregolati, secondo moduli settoriali di flessibilità lavorativa socialmente accettabili in quanto strettamente inseriti in una logica di apprendistato finalizzata alla diretta acquisizione di competenze su cui costruire nel futuro una propria iniziativa autonoma.
La Lega dei Socialisti vuole, quindi, lavorare ad un nuovo progetto sociale della sinistra che affermi :
il LAVORO, inteso come asse centrale dell’ essere sociale, in tutte le diverse forme in cui concretamente si esplica nella economia reale ed in cui concorre alla creazione di valore nei processi produttivi ed organizzativi, d’impresa o autonomi, ed in tutte le sue differenti rappresentanze sociali ed articolazioni produttive, come l’ elemento strutturale di riferimento di un nuova aggregazione maggioritaria di interessi e di valori che identifica un nuovo modello di sviluppo alternativo, in cui il rispetto del rapporto reale tra crescita della ricchezza sociale prodotta e crescita del reddito dei lavoratori e dei cittadini evolva da imprescindibile esigenza di giustizia sociale a fattore essenziale dello stesso equilibrio dei processi di crescita e fattore di certezza della solidità di una economia che torna a valorizzare ed incentivare i processi produttivi reali.
Un nuovo sistema di crescita della economia reale in cui LA REDISTRIBUZIONE DEI REDDITI e DELLA RICCHEZZA SOCIALE, intese su un piano di valore come elementi di garanzia reale della qualità di base della convivenza civile, e della qualità sociale dei processi di produzione della ricchezza, divengono elementi strutturali di un modello sociale che rovescia una interpretazione della flessibilità come strumento di compressione dei costi del lavoro finalizzato al recupero di profitti in gran parte sottratti al reinvestimento diretto nel circuito produttivo, o non utilizzati per innovazione e ricerca finalizzata al rafforzamento della capacità produttiva.
Un nuovo modello di sviluppo che considera quindi LA GIUSTIZIA SOCIALE l’elemento di qualificazione morale e civile assoluta dei parametri del sistema di vita associata, ed assume a valore di riferimento la garanzia di uguali diritti ed opportunità per tutti, senza discriminazione alcuna, dal diritto all’istruzione all’assistenza sanitaria, ad un equo trattamento fiscale, all’assistenza sociale in rapporto ai bisogni dei singoli, all’accesso alla cultura ed ai processi formativi diffusi, ed alla fruizione di tutti i diritti sociali connessi con una concezione sostanziale della democrazia.
Un progetto di rafforzamento della DEMOCRAZIA, come regola suprema e fondante di tutti i processi istituzionali, decisionali, gestionali, amministrativi, esecutivi e giudiziali, e quale metodo di impostazione e regolazione dei processi sociali di interesse generale, attraverso la difesa della Costituzione e dei suoi principi fondamentali, e la affermazione assoluta dei principi di legalità, di libertà, di partecipazione, di integrazione, di solidarietà e di eguaglianza.
Il compito dei socialisti, diviene quindi sempre più, la costruzione di una nuova sinistra impegnata a lavorare ad un modello alternativo di sviluppo fondato sulla priorità degli interessi generali delle comunità dei produttori e dei consumatori, in grado di svincolare la vita delle società dal totale assorbimento nelle logiche di mercato raggiunto nell’attuale fase di finanziarizzazione integrale della economia, ed in grado, su un piano globale di rappresentare un potenziale alternativo sistema di riferimento per gli stessi paesi emergenti e per il resto del mondo in via di sviluppo, e la base strutturale economica su cui fondare un nuovo sistema di relazioni internazionali, in cui i processi di integrazione economica e commerciale vengano governati da istituzioni, anche sovranazionali, legittimate esclusivamente delle sovranità democratiche dei popoli e degli stati.
Per la Lega dei Socialisti diviene quindi fondamentale lavorare per nuovo sistema di rapporti tra i popoli e gli stati in cui LA PACE e LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, divengano sistema vincolante e regola prima di riferimento delle relazioni internazionali, garantite da una riforma democratica degli Organismi di Rappresentanza delle Nazioni Unite, finalizzata a consolidare e difendere i diritti umani in tutti gli stati aderenti , garantire il diritto di autodeterminazione dei popoli e tutelare la sovranita’ degli stati-nazione ,e degli altri Organismi Sovranazionali di natura economica, finanziaria, sociale e commerciale, che ne rafforzi il carattere multipolare ed affermi e garantisca nei loro processi decisonali la piena rappresentatività delle comunità sociali e nazionali che ne costituiscono la base di legittimazione, potenziandone ed estendendone i compiti fino a garantire, oltre al corretto svolgimento delle relazioni politiche internazionale, anche l’espressione di una superiore capacità di governo e di controllo degli stessi processi economici globali, con efficacia vincolante rispetto alle funzioni ed ai compiti delle stesse tecnostrutture finanziarie e monetarie sovranazionali, che allo stato costituiscono il nocciolo decisionale delle attuali istituzioni economiche sovranazionali, che agiscono e condizionano le politiche nazionali con logica propria fuori da ogni vincolo di mandato , o di semplice rappresentanza, con i paesi ad esse aderenti.
3 – Limiti della sinistra italiana, socialismo democratico e sinistra europea
La Lega dei Socialisti ritiene che nella sinistra italiana si riscontrano due particolari debolezze di fondo, costituite dal permanere della confusione sulla reale identità del PD, connessa al suo abbandono, ormai strutturale, di qualsiasi velleità di riformismo di sinistra, direttamente derivato dal ruolo ricoperto nella II repubblica e riconfermato dalla sua subordinazione al governo Monti, e l’estrema debolezza della capacità di proposta dei partiti di sinistra alternativi al PD, unita ad una loro frammentazione rispondente più a inutili logiche di difesa di posizione che all’esigenza di ricostruire un rapporto organico con la società sulla base di una chiarezza di programmi.
La Lega dei Socialisti ritiene che questo stato di cose costituisca un gravissimo limite della sinistra italiana, fortunatamente in via di superamento in tutta la sinistra europea che va ricostruendo una maggiore ampiezza delle sue capacità di rappresentanza , messe a rischio dalla dissoluzione sociale prodotta dalla crisi, riorganizzandosi attorno a due entità distinte, destinate a collaborare attorno a programmi comuni, costituite dalle grandi maggioritarie tradizionali forze socialdemocratiche e dalle nuove consistenti formazioni socialiste di sinistra, che ricollocano la vecchia sinistra radicale su un nuovo terreno di rapporti politici unitari.
Per questo, anche in Europa, ci schieriamo con forza affinché le forze socialiste tradizionali legate al PSE ed all’Internazionale Socialista, grandi forze sempre centrali e decisive dello schieramento di progresso, non si chiudano al rapporto con esperienze e sensibilità diverse e nuove (dai partiti raccolti attorno al gruppo GUE/NGL, ormai quasi tutti diretti da compagni provenienti dalle file delle sinistre socialiste europee, ai Verdi, fino ai più ampi settori progressisti), e sopratutto prendano in considerazione quello che è un elemento nuovo della società europea: il sentimento di rivolta generazionale di quei giovani cresciuti con la speranza (o l’illusione) di un impiego nel terziario avanzato e nel settore dei servizi, oggi schiacciati dalla crisi verso prospettive di disoccupazione e precariato spaventose.
Questi giovani, che vivono in prima persona il fallimento della grande illusione neo-liberista di una società di mercato in cui la garanzia di una ampia e progressiva mobilità sociale, costruita alimentando i processi di crescita con la leva finanziaria, avrebbe dovuto costituire la grande contropartita della compressione degli spazi di potere e di ripartizione della ricchezza del lavoro dipendente, costituiscono la base sociale ed elettorale di nuovi movimenti che esprimono insofferenza e voglia di cambiamento, come i grillini italiani o i Pirati nordici, seppure con le dovute grosse differenze, e vanno coinvolti, con le loro istanze, nella realizzazione di un nuovo progetto di ricostruzione democratica delle nostre società.
In tal senso riteniamo che il Manifesto di Parigi e il Manifesto per l’Alternativa Socialista Europea, che hanno spianato la strada alla vittoria del compagno Hollande, costituiscano i primi passi per ridefinire una forte identità riformatrice delle forze del socialismo europeo, aperto a tutte le altre forze della sinistra europea.
In Italia, ancor più che nel resto d’Europa, la sinistra deve avere un punto di riferimento socialista nuovo e forte, al momento mancante, sopratutto di fronte ad un Partito Democratico che rifiutando una chiara identità socialista continua a scaricare sull’intera sinistra tutti i suoi limiti di rappresentatività e la sua subalternità culturale, ed a volte esplicitamente politica, ad un insieme di poteri ed interessi economici, finanziari ed internazionali , tradizionalmente estranei all’area di rappresentanza della sinistra, la cui legittimazione per il PD continua a costituire tuttora elemento ineludibile delle proprie necessità politiche.
Di fatto, fra i grandi paesi europei, l’Italia è l’unico a non avere un partito di sinistra unitario, in grado di fare sintesi fra il marxismo, il socialismo democratico, l’ecosocialismo, il libertarismo e le dottrine del socialismo del XXI Secolo, e che dia uno sbocco politico ai movimenti sociali ed alle forme di aggregazione spontaneistica della società civile.
Questa assenza, costituisce un elemento di gravissimo indebolimento delle possibilità di difesa delle classi subalterne, e di logoramento di tutto il nostro sistema democratico.
C’è una enorme domanda di sinistra insoddisfatta all’interno dell’elettorato, e che può essere calcolata non soltanto aggregando il consenso attribuito a partiti come SEL , la FdS o il PSI, ma che si rivolge anche a soggetti politici che non sono di sinistra, ma sanno gestire bene la fase comunicativa con tali frange di elettorato (si pensi ad IdV o al Movimento 5 Stelle, che pur essendo lontani da una visione ed una tradizione di sinistra, catalizzano voti di elettori di sinistra, o alle componenti di elettorato ex-DS presenti ancora nel PD) oppure che, in assenza di riferimenti politici validi, si rifugia in un astensionismo in forte crescita, che oramai supera il 30% dell’elettorato, e che secondo i principali studi demoscopici è composto perlopiù da elettori con orientamento politico a sinistra.
La Lega dei Socialisti, convinta che il logoramento e la sfiducia verso il sistema politico non riguardi solo lo schieramento conservatore, vuole intervenire con il proprio progetto su questo terreno di crisi delle rappresentanze e di perdita di credibilità della politica come veicolo della domanda sociale, per evitare che la sinistra italiana, in assenza di un progetto per la ridefinizione di una sua forte identità come forza di cambiamento reale della società, venga inghiottita dalla crisi di questo sistema politico e dalla sua inevitabile ristrutturazione.
4 – La Lega dei Socialisti ed il suo progetto per la ricostruzione della sinistra italiana
E’ in questo quadro generale di analisi della crisi e di individuazione delle linee portanti di un modello alternativo dello sviluppo, che la Lega dei Socialisti, consapevole dei limiti della iniziativa politica del PSI, duramente critica del ruolo e della natura del Partito Democratico, preoccupata per la fragilità delle attuali alternative politiche che ad esso tentano di contrapporsi , vuole esercitare un ruolo importante di attrazione, coesione e sintesi di tutte le anime del socialismo italiano fuori dal solco neo-liberista, e, di conseguenza, proporsi in prospettiva, qualora fosse necessario, anche come autentico soggetto politico autonomo socialista, portatore di una alternativa di modello economico, e di una concezione diversa dei processi di crescita della ricchezza e di sviluppo dei rapporti sociali.
La Lega dei Socialisti è un soggetto strutturato a livello nazionale, organizzato sulla base di leghe regionali e cittadine, che ha il compito di sviluppare l’azione di promozione politica necessaria ad aggregare tutti i socialisti, attualmente dispersi in diverse forze della sinistra, che condividono l’idea di superare la pretesa di autosufficienza del socialismo italiano, per rifondare la sinistra attraverso la costruzione di una nuova forza socialista e democratica che abbia come cardini di riferimento, come deciso al congresso del giugno 2011, i seguenti punti:
La ricostruzione nella sinistra di una prassi politica fondata sulla rappresentanza democratica degli interessi reali dei cittadini come vincolo ineludibile della propria legittimazione sostanziale, e su una interpretazione critica dei processi sociali, economici, e culturali in atto, necessaria a definire un nuovo progetto programmatico che traduca in proposta politica concreta una visione alternativa dello sviluppo economico e dei suoi nuovi modelli culturali e sociali di riferimento, che renda concreto, a partire dalla nostra realtà nazionale, un processo ineludibile di rifondazione a sinistra di tutto il socialismo democratico europeo.
La necessità di tradurre in un progetto politico conseguente la constatazione che la crisi delle economie dei paesi sviluppati abbia assunto i caratteri di una crisi di sistema, tale da incrinare la fiducia collettiva in un futuro caratterizzato dai livelli di garanzia sociale finora conosciuti, e possa quindi rendere possibile il superamento definitivo di quella egemonia delle idee-forza liberiste, neoconservatrici e tecnocratiche, attorno a cui l’Occidente ha consolidato gli equilibri di potere responsabili dei processi economici, finanziari e sociali oggi entrati in crisi, sul cui altare, nella fase storica trascorsa, la socialdemocrazia europea e l’Ulivo italiano, di cui il PDS-DS-PD rappresenta la forza chiave, ha purtroppo, per acquiescenza, sostanziale logorato la propria credibilità.
La convinzione che la sinistra italiana debba quindi necessariamente ripensare la propria impostazione culturale e programmatica rispetto alla profondità della crisi che sta coinvolgendo il capitalismo a livello globale, recuperando appieno una concezione del riformismo socialista fondata sulla affermazione della superiorità del momento della decisione politica rispetto alla centralità degli interessi del mercato, nuovamente proiettata a perseguire una trasformazione strutturale degli assetti economici e sociali, ed in grado di individuare un diverso modello di sviluppo, diversi parametri di riferimento della qualità della vita della società, e nuove regole di controllo sociale delle variabili economiche.
L’idea che il superamento della autosufficienza del socialismo italiano passi conseguentemente attraverso una ristrutturazione di tutta la sinistra, in cui il pensiero e l’esperienza storica, culturale , e politica , del Socialismo Italiano assuma in termini unitari una nuova centralità a sinistra, essendo evidente che la straordinarietà della crisi implica il superamento della distinzione tra coloro che provengono dalle file del socialismo europeo e chi si è finora riconosciuto in esperienze politiche nominalmente più radicali, che possa consentire alla sinistra di recuperare la propria piena autonomia politica, fuori dai condizionamenti e dalle necessità di legittimazione esterna da parte di forza estranee alla sua area sociale di riferimento.
Sulla base di questi punti fermi di riferimento la Lega dei Socialisti intende dialogare e lavorare con tutte le organizzazioni politiche della sinistra storica che continuano a voler mantenere la loro alter natività al PD, e vuole porsi come soggetto costituente di un nuova forza della sinistra italiana, di ispirazione e caratteri chiaramente socialisti, all’interno della quale i socialisti sappiano essere nelle condizioni di FAR VALERE, COME AUTENTICO VALORE AGGIUNTO, la propria IDENTITA’ RIFORMATRICE COME ELEMENTO DECISIVO DELLA EVOLUZIONE di tutta la SINISTRA verso una concezione della propria azione politica in cui il governo dei processi economici rappresenta la soluzione naturale della propria opera di ricostruzione della rappresentanza sociale delle classi subalterne, ed il lavoro di individuazione di un programma alternativo di modello diviene l’asse portante della propria proposta politica alternativa, e la garanzia sostanziale della ripresa di una piena autonomia politica e culturale della sinistra italiana, al pari delle migliori esperienze del socialismo democratico, e nel solco della elaborazione teorica compiuta nel tempo dalle sinistre socialiste europee.
In questo processo di ristrutturazione , ricostruzione e riunificazione della sinistra la Lega dei Socialisti ritiene propri iniziali interlocutori naturali il PSI, SEL e la stessa FdS, qualora il suo progetto di superamento unitario della identità comunista venga mantenuto, i grandi movimenti per la legalità, la pace, i diritti civili e sociali, il rinnovamento della politica, la critica della globalizzazione finanziaria , e naturalmente il sindacato, ed è naturalmente aperto alle forze che, all’interno del PD, condividono e si battono per un suo esplicito approdo al socialismo europeo e lavorano per l’abbandono di una politica di unità nazionale, finalizzata, nell’immediato, al sostegno del governo Monti ed in prospettiva elettorale ad un accordo di Grosse Koalition.
Una sinistra nuova di questa natura, costruita con la nostra determinante partecipazione, in grado di ottenere un buon risultato, avrebbe la possibilità concreta di produrre un ripensamento complessivo della natura e delle scelte del PD verso un programma comune della sinistra, che potrebbe sostenere i progetti innovativi per un nuovo ben più equilibrato modello di crescita, una ricostruzione democratica dello stato e della sua sovranità sui processi sociali, e per la riprogrammazione di una vera politica industriale, propri di una vera sinistra socialista di governo di rango europeo, in grado di rispondere alla crisi di sistema in atto con un modello di sviluppo alternativo.
In questo senso vogliamo lavorare alla costruzione di una nuova forza politica della sinistra che sia parte sostanziale della storia del movimento socialista europeo ed internazionale, al di là di appartenenze formali che in Italia sono rese impossibili dalla ambiguità della scelta identitaria della forza di riferimento centrale del PSE costituita dal PD, convinti della necessità di liberare la sinistra italiana dalle contraddizioni e dei limiti del PD, e della sua tendenza costante a scaricare le sue difficoltà di rappresentanza elettorale e sociale sulla rappresentatività del sistema politico.
documento del direttivo nazionale del 21/4/2012.
1 – Crisi di sistema e crisi delle società occidentali
La crisi di sistema del modello economico neo-liberista, iniziata ad esplodere a partire dal 2007, è ormai giunta, a causa dell’evolversi a catena dei cortocircuiti dei processi di finanziarizzazione e terziarizzazione delle economie avanzate, ad un punto di maturazione tale da compromettere la stessa tenuta, nel medio periodo, dei tessuti produttivi delle economie occidentali di fronte alle capacità di espansione globale dei nuovi grandi produttori emergenti .
Il modello di sviluppo attuale, vittima degli squilibri finanziari che ne hanno rappresentato uno dei fondamentali elementi propulsivi, si dimostra non più in condizione di garantire quei livelli di crescita necessari al mantenimento dell’equilibrio sociale su cui l’occidente democratico ha costruito il suo modello di società.
L’illusorio tentativo di rianimarlo, a cui stanno lavorando le classi dirigenti economiche e finanziarie responsabili della crisi, rischia di generare nelle società occidentali una crisi irreversibile dei propri modelli di garanzia sociale e della loro stessa articolazione democratica.
La Lega dei Socialisti ritiene che questa situazione drammatica costringa tutta la sinistra ad affrontare, con urgenza, la grande questione della trasformazione strutturale di un sistema di rapporti economici finanziari e sociali che distrugge la ricchezza sociale ed espropria il valore del lavoro e della vita degli individui, pensando di riattivare un processo di crescita attraverso nuovi processi di flessibilità nei processi produttivi, ed una compressione sistematica dei redditi da lavoro dipendente, quali condizioni indispensabili a sostenere un processo di crescita compatibile con il mantenimento della centralità decisionale del sistema finanziario, salvaguardata dalla garanzia della alta redditività dell’investimento finanziario, fondato sull’azzeramento delle residue politiche di intervento pubblico degli stati sovrani.
Questa nuova consapevolezza diffusa dei limiti di un sistema economico integrato a livello sovranazionale, in cui l’elemento finanziario agisce ormai in contrasto con gli interessi, reali e concreti, delle comunità dei produttori, dei lavoratori e degli stessi imprenditori, può infatti costituire la base sociale di un nuovo grande patto democratico, nei popoli e tra i popoli, verso un nuovo modello di rapporti economici e sociali, in cui l’economia reale, la qualità concreta dei rapporti interpersonali, sociali e produttivi, i parametri di valutazione della ricchezza sociale effettivamente goduta dai cittadini, la riqualificazione dei consumi all’interno di un più generale processo di maturazione culturale delle società sviluppate, e sopratutto la centralità dei meccanismi e dei sistemi redistributivi della ricchezza socialmente prodotta, anche come protezione sistemica al calo tendenziale dei tassi quantitativi della crescita, possono tornare ad essere le pietre angolari di un progetto di rinascita democratica della società.
Per la sinistra la soluzione alla crisi del sistema non deve quindi essere la concentrazione delle politiche economiche sulla sterilizzazione del debito sovrano, che porterebbe alla impossibilità di realizzare qualsiasi possibile intervento pubblico sui rapporti economici in grado di riprogrammare le scelte complessive di modello, ma la individuazione di un nuovo modello di sviluppo fondato su diversi criteri valutativi della crescita economica, che salvi l’equilibrio sociale attraverso il mantenimento di alti livelli redistributivi della ricchezza sociale diversamente prodotta, e valutata in base a differenti parametri di riferimento sociale a fronte di una restrizione tendenziale di una crescita fondata sui tradizionali parametri quantitativi.
Un nuovo modello di rapporto tra pubblico e privato, e tra sovranità, statuale o sovrastatuale, e finanza e mercati, che deve nascere dalla eliminazione di tutte le nuove norme costituzionali (vedi art. 81), o comunitarie (fiscal compact) introdotte a garanzia forzosa di un pareggio di bilancio degli stati che non distinguono tra spesa corrente e spesa per investimenti, che hanno solo la finalità di azzerare i poteri di intervento pubblico in economia e di generare una assoluta dipendenza dell’investimento produttivo dal sistema creditizio privato, ed in ultima analisi dagli organismi finanziari e bancari globali, che in qualità di tecnostrutture libere da condizionamenti statuali ne organizzano a livello superiore gli indirizzi di azione e la supervisione funzionale.
Un nuovo modello di sviluppo da realizzare nel quadro di una piena assunzione di poteri esecutivi e legislativi da parte degli organi di rappresentanza democratica della Unione Europea, le cui linee portanti possono fin da ora essere delineate, fondato sull’inversione delle regole che hanno governato le economie dei paesi sviluppati negli ultimi 20 anni, e sulla riforma radicale della struttura dei modelli sociali costruiti sulle compatibilità con un mercato pienamente sovrano funzionalizzato alla garanzia assoluta del profitto nell’investimento finanziario, assunto ad elemento centrale del processo di creazione della ricchezza sociale, strutturalmente destinato, direttamente o attraverso l’indebitamento diffuso dei consumatori, al sostegno della domanda, in sostituzione della crescita progressiva e tendenziale del reddito del lavoro che costituiva l’elemento centrale del precedente modello keynesiano.
In contesti sociali sempre più impoveriti e inquieti, potrebbero verificarsi derive antidemocratiche, oligarchiche e tecnocratiche, di cui già si avvertono i primi sintomi, come ad esempio in Italia con il governo dei tecnici, o una disperata recrudescenza di fenomeni terroristici .
Ma è, più in generale, in tutta Europa che si avverte lo scollamento fra le popolazioni e la tecnocrazia dell’Unione Europea, rappresentata dalla Commissione (organo non elettivo ma che di fatto detiene, oltre al potere esecutivo, anche quello di iniziativa legislativa) e della Bce, supportate dal capitale finanziario responsabile della crisi. Il sogno socialista novecentesco di un’Europa dei popoli rischia di diventare l’incubo di una euro-burocrazia neomonetarista, asservita agli interessi della finanza, con una rinascita degli antagonismi nazionali.
La politica, quindi, deve riacquisire dignità, coraggio e solidarietà per rompere le catene del degrado sociale ed umano del nostro presente e futuro, e proporre una alternativa di modello economico e di sistema sociale che sia punto di incontro, da una parte, ed opportunità politica, dall’altra.
Una alternativa che sia socialista, nel senso più nobile del termine, ed abbracci tutti coloro che hanno la determinazione di ricostruire Il socialismo e la sinistra in Italia ed in Europa.
2 – Un nuovo progetto sociale ed economico per il governo della sinistra
La Lega dei Socialisti vuole lavorare per un nuovo modello di societa’ da costruire attraverso UNA POLITICA DI RIFORME DI STRUTTURA, concertata a livello europeo dalle forze del Socialismo Democratico e dalle altre forze della sinistra, fondata innanzitutto sul recupero di una sovranità delle istituzioni governative, europee o statuali, sul governo complessivo dell’indirizzo dei processi monetari comunitari, in grado di consentire, o il recupero di autonomia monetaria e fiscale delle autorità statuali in un quadro di rinnovata ed ampia libera contrattualità con gli istituti di controllo monetari sopranazionali e comunitari, all’interno di una logica espansiva delle capacità produttive dei paesi aderenti al sistema, o l’assunzione a livello comunitario del debito degli stati, con la liberazione delle economie nazionali dal peso di interessi determinati dal mercato dei capitali privati e dalle valutazioni speculative delle agenzie di rating e la contemporanea attribuzione al nuovo governo comunitario del compito di riprogrammare e attuare uno sviluppo omogeneo di tutta la realtà economica e produttiva europea in forma integrata e compatibile con le possibilità e le specifiche particolarità di tutte le aree omogenee che ad essa appartengono.
Una trasformazione strutturale del modello liberista che dalla riappropriazione delle politiche fiscali e monetarie passi alla costruzione, a livello comunitario e dei singoli stati, di un sistema istituzionale di programmazione dello sviluppo, intergrato e rappresentativo, di natura politica e non solo tecnica, dotato di poteri vincolanti per realizzare i piani generali di una programmazione comunitaria degli indirizzi produttivi , articolati in piani regionali contrattati con i singoli stati nazionali, vincolanti per gli operatori economici privati e le istituzioni finanziarie del credito, le cui scelte generali di investimento debbono essere oggetto di verifiche in ordine alle loro compatibilità di piano.
Un sistema di programmazione democratica degli indirizzi economici e delle conseguenti forme sociali, in grado di introdurre criteri di ridistribuzione interna delle risorse in ragione della loro finalizzazione alle scelte economiche programmate attraverso una riappropriazione sociale dei giudizi di valore sulla qualità dei processi di sviluppo economico, attraverso la realizzazione di nuove forme istituzionali di controllo delle scelte degli operatori e di verifica delle variabili economiche, orientate a garantire gli interessi generali della comunità civile.
Un nuovo modello di sviluppo che riassegnando ai poteri statuali, espressione della sovranità popolare democraticamente espressa, il diritto- dovere di dettare le regole dei rapporti economici e la selezione delle priorità sociali, attraverso il recupero di una politica di programmazione europea delle scelte economiche che qualifichi diversamente gli obiettivi della crescita economica, valutandone la congruità secondo nuovi parametri informati a criteri di qualità sociale dello sviluppo (es.: il QUARS), non più ancorati rigidamente ad indistinti criteri esclusivamente quantitativi connessi meccanicamente al tradizionale parametro del prodotto interno lordo (PIL).
Un modello economico che inverta il processo di privatizzazioni che ha caratterizzato l’esperienza neo-liberista, realizzando:
1) La RIPUBBLICIZZAZIONE DI TUTTE LE RETI ED INFRASTRUTTURE DI INTERESSE COLLETTIVO, I CUI INTROITI, FRUTTO DI UNA NATURALE TARIFFAZIONE DI TIPO MONOPOLISTA, DEBBONO TORNARE AD ESSERE UNA ENTRATA PUBBLICA, diretta a sostenere PROVVEDIMENTI DI SPESA di intervento pubblico in economia FINALIZZATI A SCELTE ECONOMICHE, SOCIALI e PRODUTTIVE DI INTERESSE PUBBLICO, assunte e coordinate in base alle soluzioni individuate dagli istituti di PROGRAMMAZIONE.
2) La NAZIONALIZZAZIONE di tutti gli istituti di credito coperti a garanzia, in quantità di molto eccedente i mezzi propri, dai fondi statuali, conferiti a copertura delle insolvenze accumulate in conseguenza della crisi dei derivati esplosa nel 2007/2008, e dai quantitave easing comunitari, in conseguenza delle speculazioni sui Bond nazionali comunitari realizzate nel periodo 2010/2011. parallela ad una riaffermazione del ruolo statuale delle Banche Centrali, come fulcro delle politiche monetarie Statuali ed Europee, le quali devono essere ristrutturate e riformate secondo moduli giuridici a partecipazione totalmente pubblica.
3) la RIFORMA, a livello sovranazionale, dei CONTRATTI FINANZIARI, attraverso l’adozione di una convenzione mondiale, che porti all’abolizione, in tutte le piazze finanziarie mondiali, dei contratti borsistici meramente aleatori, privi di utilità economica, e dei contratti lucrativi aventi causa nella perdita di valore di imprese non in condizioni di dissesto; il DIVIETO di CUMULO DI FUNZIONI tra banche di investimento finanziario e banche di credito produttivo e gestione di risparmio privato; la FISSAZIONE di RIGIDI PARAMETRI MASSIMI di grandezza delle banche private.
4) Un generale processo di REINDUSTRIALIZZAZIONE, ecocompatibile ,dei paesi europei, finalizzato anche ad un potenziamento della domanda interna , programmato ed assistito tecnicamente e finanziariamente a livello comunitario , ed attuato anche attraverso il rientro progressivo delle delocalizzazione di impianti produttivi effettuate a fine di profitto nei paesi caratterizzati da bassi costi del lavoro e privi di garanzie normative del lavoro dipendente.
Un processo di riqualificazione e riposizionamento sul territorio dei sistemi industriali ,e produttivi ,da realizzare al fine di ricostruire livelli occupazionali , riconsolidare la domanda interna attraverso la ricostruzione di monte salari, e recuperare una piu’ complessiva rifocalizzazione sulla base produttiva reale da parte di economie , tuttora ricche di formidabili conoscenze industriali , sospinte nell’ultimo ventennio dai modelli di finanziarizzazione a spostare risorse impressionanti dai redditi reali del lavoro ad un monte profitti , non reinvestito per l’allargamento della base produttiva, o in innovazione tecnica dei sistemi , ma impiegato in maggior parte in speculazione finanziaria o immobiliare, o al piu’ diretto ad incrementare fenomeni di terziarizzazione delle economie occidentatali fondato su una induzione/omologazione sociale verso una crescita delle propensioni ai consumi in campi di esperienza della vita delle persone precedentemente non oggetto di attivita’ commerciale ed imprenditoriale
Questo processo di ricostruzione delle strutture produttiva deve essere accompagnato dalla trasformazione del ruolo degli organismi internazionali di cooperazione economica (es. l’OMC o l’ OCSE), fInalizzata a creare condizioni tendenziali di equilibrio sui diritti del lavoro e dei lavoratori contemporanee alla garanzia del diritto al libero scambio di merci e servizi, utile a riequilibrare le condizioni di competizione internazionale attraverso una elevazione dei diritti sociali nei paesi emergenti che porti alla riconversione de facto dei processi di delocalizzazione delle produzioni.
Un generale processo di RIACCULTURAZIONE che investa tutti i campi dell’universo culturale delle società europee, ed in particolare della nostra, come premessa di una più generale riconversione dei modelli di consumo e di riqualificazione della domanda sociale, finalizzata a considerare l’investimento sui livelli culturali del paese come una scelta di priorità all’interno di un più generale disegno di riaggregazione sociale, in cui la capillarizzazione della vita culturale, la diffusione dei saperi e l’accesso ai processi formativi, come vero e proprio diritto pubblico soggettivo, possano concretamente rappresentare fattori determinanti di una ricostruzione qualitativa del tessuto civile del paese, ed una opportunità di creazione di nuova ricchezza sociale, reale e pulita, fondata sulla tutela delle capacità creative degli individui. Un processo generale di riacculturazione dell’intero sistema paese necessario a riacquisire una complessiva capacità di innovazione sociale, tecnologica e produttiva, necessaria ad evitare che il nostro sistema produttivo, confinato prevalentemente a gamme di produzioni di bassa qualità e ridotto valore aggiunto, rimanga prigioniero delle logiche soffocanti di un confronto con nuovi produttori mondiali che poggiano la propria estrema competitività su un quadro di arretratezza sociale di fondo, in cui la contrazione dei costi del lavoro e la mancanza di garanzie segnano livelli incompatibili con un normale sviluppo democratico. Un modello di sviluppo che consideri l’attività culturale, diffusa ed autoprodotta in modo autonomo, o associato, da operatori liberi ed indipendenti , come una attività sociale da riconoscere, promuovere, e garantire, pone le basi di un nuovo elemento strutturale di creazione di reddito, che in un paese sviluppato, in cui la soddisfazione dei bisogni secondari rappresenta una enorme voce di consumo dei cittadini, andrebbe a coinvolgere un numero di attori di notevole entità, attraverso attività svolte con forme, tempi e modi di lavoro pressoché liberamente autoregolati, secondo moduli settoriali di flessibilità lavorativa socialmente accettabili in quanto strettamente inseriti in una logica di apprendistato finalizzata alla diretta acquisizione di competenze su cui costruire nel futuro una propria iniziativa autonoma.
La Lega dei Socialisti vuole, quindi, lavorare ad un nuovo progetto sociale della sinistra che affermi :
il LAVORO, inteso come asse centrale dell’ essere sociale, in tutte le diverse forme in cui concretamente si esplica nella economia reale ed in cui concorre alla creazione di valore nei processi produttivi ed organizzativi, d’impresa o autonomi, ed in tutte le sue differenti rappresentanze sociali ed articolazioni produttive, come l’ elemento strutturale di riferimento di un nuova aggregazione maggioritaria di interessi e di valori che identifica un nuovo modello di sviluppo alternativo, in cui il rispetto del rapporto reale tra crescita della ricchezza sociale prodotta e crescita del reddito dei lavoratori e dei cittadini evolva da imprescindibile esigenza di giustizia sociale a fattore essenziale dello stesso equilibrio dei processi di crescita e fattore di certezza della solidità di una economia che torna a valorizzare ed incentivare i processi produttivi reali.
Un nuovo sistema di crescita della economia reale in cui LA REDISTRIBUZIONE DEI REDDITI e DELLA RICCHEZZA SOCIALE, intese su un piano di valore come elementi di garanzia reale della qualità di base della convivenza civile, e della qualità sociale dei processi di produzione della ricchezza, divengono elementi strutturali di un modello sociale che rovescia una interpretazione della flessibilità come strumento di compressione dei costi del lavoro finalizzato al recupero di profitti in gran parte sottratti al reinvestimento diretto nel circuito produttivo, o non utilizzati per innovazione e ricerca finalizzata al rafforzamento della capacità produttiva.
Un nuovo modello di sviluppo che considera quindi LA GIUSTIZIA SOCIALE l’elemento di qualificazione morale e civile assoluta dei parametri del sistema di vita associata, ed assume a valore di riferimento la garanzia di uguali diritti ed opportunità per tutti, senza discriminazione alcuna, dal diritto all’istruzione all’assistenza sanitaria, ad un equo trattamento fiscale, all’assistenza sociale in rapporto ai bisogni dei singoli, all’accesso alla cultura ed ai processi formativi diffusi, ed alla fruizione di tutti i diritti sociali connessi con una concezione sostanziale della democrazia.
Un progetto di rafforzamento della DEMOCRAZIA, come regola suprema e fondante di tutti i processi istituzionali, decisionali, gestionali, amministrativi, esecutivi e giudiziali, e quale metodo di impostazione e regolazione dei processi sociali di interesse generale, attraverso la difesa della Costituzione e dei suoi principi fondamentali, e la affermazione assoluta dei principi di legalità, di libertà, di partecipazione, di integrazione, di solidarietà e di eguaglianza.
Il compito dei socialisti, diviene quindi sempre più, la costruzione di una nuova sinistra impegnata a lavorare ad un modello alternativo di sviluppo fondato sulla priorità degli interessi generali delle comunità dei produttori e dei consumatori, in grado di svincolare la vita delle società dal totale assorbimento nelle logiche di mercato raggiunto nell’attuale fase di finanziarizzazione integrale della economia, ed in grado, su un piano globale di rappresentare un potenziale alternativo sistema di riferimento per gli stessi paesi emergenti e per il resto del mondo in via di sviluppo, e la base strutturale economica su cui fondare un nuovo sistema di relazioni internazionali, in cui i processi di integrazione economica e commerciale vengano governati da istituzioni, anche sovranazionali, legittimate esclusivamente delle sovranità democratiche dei popoli e degli stati.
Per la Lega dei Socialisti diviene quindi fondamentale lavorare per nuovo sistema di rapporti tra i popoli e gli stati in cui LA PACE e LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, divengano sistema vincolante e regola prima di riferimento delle relazioni internazionali, garantite da una riforma democratica degli Organismi di Rappresentanza delle Nazioni Unite, finalizzata a consolidare e difendere i diritti umani in tutti gli stati aderenti , garantire il diritto di autodeterminazione dei popoli e tutelare la sovranita’ degli stati-nazione ,e degli altri Organismi Sovranazionali di natura economica, finanziaria, sociale e commerciale, che ne rafforzi il carattere multipolare ed affermi e garantisca nei loro processi decisonali la piena rappresentatività delle comunità sociali e nazionali che ne costituiscono la base di legittimazione, potenziandone ed estendendone i compiti fino a garantire, oltre al corretto svolgimento delle relazioni politiche internazionale, anche l’espressione di una superiore capacità di governo e di controllo degli stessi processi economici globali, con efficacia vincolante rispetto alle funzioni ed ai compiti delle stesse tecnostrutture finanziarie e monetarie sovranazionali, che allo stato costituiscono il nocciolo decisionale delle attuali istituzioni economiche sovranazionali, che agiscono e condizionano le politiche nazionali con logica propria fuori da ogni vincolo di mandato , o di semplice rappresentanza, con i paesi ad esse aderenti.
3 – Limiti della sinistra italiana, socialismo democratico e sinistra europea
La Lega dei Socialisti ritiene che nella sinistra italiana si riscontrano due particolari debolezze di fondo, costituite dal permanere della confusione sulla reale identità del PD, connessa al suo abbandono, ormai strutturale, di qualsiasi velleità di riformismo di sinistra, direttamente derivato dal ruolo ricoperto nella II repubblica e riconfermato dalla sua subordinazione al governo Monti, e l’estrema debolezza della capacità di proposta dei partiti di sinistra alternativi al PD, unita ad una loro frammentazione rispondente più a inutili logiche di difesa di posizione che all’esigenza di ricostruire un rapporto organico con la società sulla base di una chiarezza di programmi.
La Lega dei Socialisti ritiene che questo stato di cose costituisca un gravissimo limite della sinistra italiana, fortunatamente in via di superamento in tutta la sinistra europea che va ricostruendo una maggiore ampiezza delle sue capacità di rappresentanza , messe a rischio dalla dissoluzione sociale prodotta dalla crisi, riorganizzandosi attorno a due entità distinte, destinate a collaborare attorno a programmi comuni, costituite dalle grandi maggioritarie tradizionali forze socialdemocratiche e dalle nuove consistenti formazioni socialiste di sinistra, che ricollocano la vecchia sinistra radicale su un nuovo terreno di rapporti politici unitari.
Per questo, anche in Europa, ci schieriamo con forza affinché le forze socialiste tradizionali legate al PSE ed all’Internazionale Socialista, grandi forze sempre centrali e decisive dello schieramento di progresso, non si chiudano al rapporto con esperienze e sensibilità diverse e nuove (dai partiti raccolti attorno al gruppo GUE/NGL, ormai quasi tutti diretti da compagni provenienti dalle file delle sinistre socialiste europee, ai Verdi, fino ai più ampi settori progressisti), e sopratutto prendano in considerazione quello che è un elemento nuovo della società europea: il sentimento di rivolta generazionale di quei giovani cresciuti con la speranza (o l’illusione) di un impiego nel terziario avanzato e nel settore dei servizi, oggi schiacciati dalla crisi verso prospettive di disoccupazione e precariato spaventose.
Questi giovani, che vivono in prima persona il fallimento della grande illusione neo-liberista di una società di mercato in cui la garanzia di una ampia e progressiva mobilità sociale, costruita alimentando i processi di crescita con la leva finanziaria, avrebbe dovuto costituire la grande contropartita della compressione degli spazi di potere e di ripartizione della ricchezza del lavoro dipendente, costituiscono la base sociale ed elettorale di nuovi movimenti che esprimono insofferenza e voglia di cambiamento, come i grillini italiani o i Pirati nordici, seppure con le dovute grosse differenze, e vanno coinvolti, con le loro istanze, nella realizzazione di un nuovo progetto di ricostruzione democratica delle nostre società.
In tal senso riteniamo che il Manifesto di Parigi e il Manifesto per l’Alternativa Socialista Europea, che hanno spianato la strada alla vittoria del compagno Hollande, costituiscano i primi passi per ridefinire una forte identità riformatrice delle forze del socialismo europeo, aperto a tutte le altre forze della sinistra europea.
In Italia, ancor più che nel resto d’Europa, la sinistra deve avere un punto di riferimento socialista nuovo e forte, al momento mancante, sopratutto di fronte ad un Partito Democratico che rifiutando una chiara identità socialista continua a scaricare sull’intera sinistra tutti i suoi limiti di rappresentatività e la sua subalternità culturale, ed a volte esplicitamente politica, ad un insieme di poteri ed interessi economici, finanziari ed internazionali , tradizionalmente estranei all’area di rappresentanza della sinistra, la cui legittimazione per il PD continua a costituire tuttora elemento ineludibile delle proprie necessità politiche.
Di fatto, fra i grandi paesi europei, l’Italia è l’unico a non avere un partito di sinistra unitario, in grado di fare sintesi fra il marxismo, il socialismo democratico, l’ecosocialismo, il libertarismo e le dottrine del socialismo del XXI Secolo, e che dia uno sbocco politico ai movimenti sociali ed alle forme di aggregazione spontaneistica della società civile.
Questa assenza, costituisce un elemento di gravissimo indebolimento delle possibilità di difesa delle classi subalterne, e di logoramento di tutto il nostro sistema democratico.
C’è una enorme domanda di sinistra insoddisfatta all’interno dell’elettorato, e che può essere calcolata non soltanto aggregando il consenso attribuito a partiti come SEL , la FdS o il PSI, ma che si rivolge anche a soggetti politici che non sono di sinistra, ma sanno gestire bene la fase comunicativa con tali frange di elettorato (si pensi ad IdV o al Movimento 5 Stelle, che pur essendo lontani da una visione ed una tradizione di sinistra, catalizzano voti di elettori di sinistra, o alle componenti di elettorato ex-DS presenti ancora nel PD) oppure che, in assenza di riferimenti politici validi, si rifugia in un astensionismo in forte crescita, che oramai supera il 30% dell’elettorato, e che secondo i principali studi demoscopici è composto perlopiù da elettori con orientamento politico a sinistra.
La Lega dei Socialisti, convinta che il logoramento e la sfiducia verso il sistema politico non riguardi solo lo schieramento conservatore, vuole intervenire con il proprio progetto su questo terreno di crisi delle rappresentanze e di perdita di credibilità della politica come veicolo della domanda sociale, per evitare che la sinistra italiana, in assenza di un progetto per la ridefinizione di una sua forte identità come forza di cambiamento reale della società, venga inghiottita dalla crisi di questo sistema politico e dalla sua inevitabile ristrutturazione.
4 – La Lega dei Socialisti ed il suo progetto per la ricostruzione della sinistra italiana
E’ in questo quadro generale di analisi della crisi e di individuazione delle linee portanti di un modello alternativo dello sviluppo, che la Lega dei Socialisti, consapevole dei limiti della iniziativa politica del PSI, duramente critica del ruolo e della natura del Partito Democratico, preoccupata per la fragilità delle attuali alternative politiche che ad esso tentano di contrapporsi , vuole esercitare un ruolo importante di attrazione, coesione e sintesi di tutte le anime del socialismo italiano fuori dal solco neo-liberista, e, di conseguenza, proporsi in prospettiva, qualora fosse necessario, anche come autentico soggetto politico autonomo socialista, portatore di una alternativa di modello economico, e di una concezione diversa dei processi di crescita della ricchezza e di sviluppo dei rapporti sociali.
La Lega dei Socialisti è un soggetto strutturato a livello nazionale, organizzato sulla base di leghe regionali e cittadine, che ha il compito di sviluppare l’azione di promozione politica necessaria ad aggregare tutti i socialisti, attualmente dispersi in diverse forze della sinistra, che condividono l’idea di superare la pretesa di autosufficienza del socialismo italiano, per rifondare la sinistra attraverso la costruzione di una nuova forza socialista e democratica che abbia come cardini di riferimento, come deciso al congresso del giugno 2011, i seguenti punti:
La ricostruzione nella sinistra di una prassi politica fondata sulla rappresentanza democratica degli interessi reali dei cittadini come vincolo ineludibile della propria legittimazione sostanziale, e su una interpretazione critica dei processi sociali, economici, e culturali in atto, necessaria a definire un nuovo progetto programmatico che traduca in proposta politica concreta una visione alternativa dello sviluppo economico e dei suoi nuovi modelli culturali e sociali di riferimento, che renda concreto, a partire dalla nostra realtà nazionale, un processo ineludibile di rifondazione a sinistra di tutto il socialismo democratico europeo.
La necessità di tradurre in un progetto politico conseguente la constatazione che la crisi delle economie dei paesi sviluppati abbia assunto i caratteri di una crisi di sistema, tale da incrinare la fiducia collettiva in un futuro caratterizzato dai livelli di garanzia sociale finora conosciuti, e possa quindi rendere possibile il superamento definitivo di quella egemonia delle idee-forza liberiste, neoconservatrici e tecnocratiche, attorno a cui l’Occidente ha consolidato gli equilibri di potere responsabili dei processi economici, finanziari e sociali oggi entrati in crisi, sul cui altare, nella fase storica trascorsa, la socialdemocrazia europea e l’Ulivo italiano, di cui il PDS-DS-PD rappresenta la forza chiave, ha purtroppo, per acquiescenza, sostanziale logorato la propria credibilità.
La convinzione che la sinistra italiana debba quindi necessariamente ripensare la propria impostazione culturale e programmatica rispetto alla profondità della crisi che sta coinvolgendo il capitalismo a livello globale, recuperando appieno una concezione del riformismo socialista fondata sulla affermazione della superiorità del momento della decisione politica rispetto alla centralità degli interessi del mercato, nuovamente proiettata a perseguire una trasformazione strutturale degli assetti economici e sociali, ed in grado di individuare un diverso modello di sviluppo, diversi parametri di riferimento della qualità della vita della società, e nuove regole di controllo sociale delle variabili economiche.
L’idea che il superamento della autosufficienza del socialismo italiano passi conseguentemente attraverso una ristrutturazione di tutta la sinistra, in cui il pensiero e l’esperienza storica, culturale , e politica , del Socialismo Italiano assuma in termini unitari una nuova centralità a sinistra, essendo evidente che la straordinarietà della crisi implica il superamento della distinzione tra coloro che provengono dalle file del socialismo europeo e chi si è finora riconosciuto in esperienze politiche nominalmente più radicali, che possa consentire alla sinistra di recuperare la propria piena autonomia politica, fuori dai condizionamenti e dalle necessità di legittimazione esterna da parte di forza estranee alla sua area sociale di riferimento.
Sulla base di questi punti fermi di riferimento la Lega dei Socialisti intende dialogare e lavorare con tutte le organizzazioni politiche della sinistra storica che continuano a voler mantenere la loro alter natività al PD, e vuole porsi come soggetto costituente di un nuova forza della sinistra italiana, di ispirazione e caratteri chiaramente socialisti, all’interno della quale i socialisti sappiano essere nelle condizioni di FAR VALERE, COME AUTENTICO VALORE AGGIUNTO, la propria IDENTITA’ RIFORMATRICE COME ELEMENTO DECISIVO DELLA EVOLUZIONE di tutta la SINISTRA verso una concezione della propria azione politica in cui il governo dei processi economici rappresenta la soluzione naturale della propria opera di ricostruzione della rappresentanza sociale delle classi subalterne, ed il lavoro di individuazione di un programma alternativo di modello diviene l’asse portante della propria proposta politica alternativa, e la garanzia sostanziale della ripresa di una piena autonomia politica e culturale della sinistra italiana, al pari delle migliori esperienze del socialismo democratico, e nel solco della elaborazione teorica compiuta nel tempo dalle sinistre socialiste europee.
In questo processo di ristrutturazione , ricostruzione e riunificazione della sinistra la Lega dei Socialisti ritiene propri iniziali interlocutori naturali il PSI, SEL e la stessa FdS, qualora il suo progetto di superamento unitario della identità comunista venga mantenuto, i grandi movimenti per la legalità, la pace, i diritti civili e sociali, il rinnovamento della politica, la critica della globalizzazione finanziaria , e naturalmente il sindacato, ed è naturalmente aperto alle forze che, all’interno del PD, condividono e si battono per un suo esplicito approdo al socialismo europeo e lavorano per l’abbandono di una politica di unità nazionale, finalizzata, nell’immediato, al sostegno del governo Monti ed in prospettiva elettorale ad un accordo di Grosse Koalition.
Una sinistra nuova di questa natura, costruita con la nostra determinante partecipazione, in grado di ottenere un buon risultato, avrebbe la possibilità concreta di produrre un ripensamento complessivo della natura e delle scelte del PD verso un programma comune della sinistra, che potrebbe sostenere i progetti innovativi per un nuovo ben più equilibrato modello di crescita, una ricostruzione democratica dello stato e della sua sovranità sui processi sociali, e per la riprogrammazione di una vera politica industriale, propri di una vera sinistra socialista di governo di rango europeo, in grado di rispondere alla crisi di sistema in atto con un modello di sviluppo alternativo.
In questo senso vogliamo lavorare alla costruzione di una nuova forza politica della sinistra che sia parte sostanziale della storia del movimento socialista europeo ed internazionale, al di là di appartenenze formali che in Italia sono rese impossibili dalla ambiguità della scelta identitaria della forza di riferimento centrale del PSE costituita dal PD, convinti della necessità di liberare la sinistra italiana dalle contraddizioni e dei limiti del PD, e della sua tendenza costante a scaricare le sue difficoltà di rappresentanza elettorale e sociale sulla rappresentatività del sistema politico.
La Lega dei Socialisti ha, quindi, la necessità di essere un soggetto politico che abbia dignità di interlocutore nel quadro politico, per poter lavorare alla nascita di un nuovo, grande, soggetto della sinistra che abbia una forte identità socialista e sia portatore di una alternativa di modello, sociale ed economico, alla crisi di sistema che sta travolgendo le nostre democrazie.
La Lega dei Socialisti lavora, in questo senso, come realtà di cerniera e proposta, ad un progetto di fondamentale importanza per la sinistra italiana, fondato sulla necessità di ricostruire una unità tra i socialisti di sinistra, come condizione necessaria per affrontare un percorso di riunificazione a sinistra nel solco del processo di rifondazione e ridefinizione degli obiettivi in atto in atto nel socialismo democratico in tutta Europa.
La Lega dei Socialisti lavora, in questo senso, come realtà di cerniera e proposta, ad un progetto di fondamentale importanza per la sinistra italiana, fondato sulla necessità di ricostruire una unità tra i socialisti di sinistra, come condizione necessaria per affrontare un percorso di riunificazione a sinistra nel solco del processo di rifondazione e ridefinizione degli obiettivi in atto in atto nel socialismo democratico in tutta Europa.
In tale contesto, le compagne e i compagni socialisti che operano in questa prospettiva e ne fanno parte, hanno piena dignità indipendentemente dalla eventuale adesione a questo o quel partito.
La Lega dei Socialisti avvierà il percorso di adesione dei singoli attraverso una campagna nazionale di tesseramento, necessaria a consolidare la propria identità associativa ed a reperire i necessari mezzi di autofinanziamento.
La Commissione per il Documento politico:
Camagni Pierluigi (Presidente), Santoro Manuel, Trovato Paolo, Santarelli Stefano, Ferro Michele, Ricciuto Enrico, Manfredi Mangan, Franco Bartolomei (Segretario nazionale), Augusto da Rin (ViceSegretario Nazionale)
14 Maggio 2012
La Commissione per il Documento politico:
Camagni Pierluigi (Presidente), Santoro Manuel, Trovato Paolo, Santarelli Stefano, Ferro Michele, Ricciuto Enrico, Manfredi Mangan, Franco Bartolomei (Segretario nazionale), Augusto da Rin (ViceSegretario Nazionale)
14 Maggio 2012
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