COME ANALIZZARE UNA SCONFITTA SENZA TAFAZZISMI
di Riccardo Achilli
Diceva il marchese De
Sade: “se si ama il proprio dolore, esso diviene voluttà”. In
molte analisi dei risultati (certo deludenti) della sinistra alle
elezioni siciliane, fatte da pur ottimi compagni, emerge questa
voluttà del farsi male. Per l’amor del cielo, il risultato finale
consegna una sconfitta alla ottima e generosa compagna Marano ed ai
partiti che la sostenevano. Cerchiamo però di guardare alle cose
senza il piacere raffinato di prenderci da soli a martellate nei
coglioni. Perché tanto c’è già il nemico di classe che lo fa
abbondantemente.
Il risultato delle
elezioni siciliane è in realtà chiaro, semplice e del tutto in
linea con le previsioni: nessuno vince affinché niente cambi.
Crocetta non ha la maggioranza assoluta nell'Ars e farà un accordo
politico con l'autonomismo ex lombardiano ed ora rappresentato da
Micciché, propiziato dai buoni uffici dell'Udc. Si ripeterà quindi
l'assetto di potere già sperimentato in questi anni: autonomisti e
cuffariani, con il PD lieto di rimanere dentro la stanza dei bottoni,
dopo essersi sdoganato, nei confronti del blocco di potere che
governa l'isola, con gli anni dell'appoggio alla Giunta-Lombardo. Con
la crisi economica e a sostanziale bancarotta della Regione, il
blocco di potere che governa la regione da sempre smotta verso il
basso, per l'ingresso nell'area dell'astensionismo di aree di
elettorato non più garantibili da meccanismi consociativi che sono
saltati, e non possono essere ricostruiti. Mentre il voto di protesta
si orienta verso la demagogia inutile e vuota di Grillo, per
l'incapacità di una sinistra, pasticciona organizzativamente (vedi
pasticcio-Fava), di dimostrarsi credibile, anche se il programma
della Marano era intelligente e concreto. Non è bastata ovviamente
la faccia onesta della Marano e la sua storia per compensare un grave
errore organizzativo che ha di fatto eliminato il leader "naturale"
a campagna elettorale iniziata, in una politica che dopo vent’anni
di berlusconismo è degenerata verso un leaderismo carismatico sempre
più importante per determinare i risultati elettorali (senza contare
la scarsa copertura mediatica che la coalizione di sinistra ha
patito).
Le ripercussioni a
livello nazionale ci saranno, è evidente. Ha purtroppo ragione
Casini, il modello pseudo progressisti/veri moderati, nell'assenza di
una vera opposizione politica (non considero tale l'M5S, che, in
presenza di problemi enormi, pensa di risolvere tutto portando a 2500
euro lo stipendio dei consiglieri regionali) si rafforza. La
componente non allineata dell'elettorato siciliano ha spesso
apprezzato la linearità e la semplicità quasi elementare delle
proposte dei grillini, e le scelte nazionali di SEL, che ha preferito
allearsi con il PD a differenza della scelta fatta su scala
regionale, potrebbero aver influito nel creare qualche
disorientamento nel bacino elettorale potenziale della Marano. Ma il
modello SEL/Idv/Rc/Verdi appoggiato dalla FIOM ha ancora più di una
carta da giocare, nonostante la sconfitta. In una regione certo non
di sinistra come la Sicilia, ottiene il 6,5% dei voti, con punte
dell'8-9% nell'area urbana di Palermo. Questo è un punto di
partenza, sarebbe disonesto non ammetterlo.
Il prendersi a martellate
sui gioielli di famiglia è peraltro una caratteristica della
sinistra, da sempre. Il ragionamento disfattista sulla sconfitta
andrebbe anche visto sotto un’angolatura diversa: se i partiti che
sostenevano la Marano si fossero presentati unitariamente, anche in
forma confederata, come ad esempio Izquierda Unida, con il 6,5%
avrebbero avuto il loro gruppo consiliare dentro l’Ars. La sinistra
italiana non può vivere, politicamente, in un eterno presente, in
cui contano solo i risultati elettorali immediati. Non lo si può
fare stante la situazione complessiva di sfascio e frammentazione
della sinistra italiana, ed il debole radicamento di classe, messo a
repentaglio da decenni di riformismo debole, confusione politica e
programmatica, opportunismo carrieristico, personalismi e leaderismi,
e da una degenerazione della spinta ideologica provocata da vent’anni
di politica/marketing berlusconiana e dagli effetti da “pensiero
unico” attivati dalla caduta del Muro di Berlino.
Occorre lavorare
duramente per:
- ricostruire forme organizzative unitarie di una sinistra che, di fronte a leggi elettorali che impongono soglie di sbarramento sempre più alte, non può più continuare a bearsi dell’illusione della coltivazione di praticelli partitici identitari o personalistici,
- rilanciare proposte programmatiche all’altezza dei problemi della società,
- ricostruire un radicamento di classe e una nuova consapevolezza diffusa della gravità ed eccezionalità della fase attuale (aiutando il proletariato a rifuggire dai “rimedi” grilleschi, che sono un pò come voler riparare un bullone di una paratia del Titanic mentre la nave spezzata in due affonda a velocità incredibile. In fondo le proposte "rivoluzionarie" di Grillo non sono altro che richieste di normalità - costi della politica non stratosferici, onestà degli amministratori, ascolto dei cittadini, attenzione all'ambiente ed alla green economy - che in Paesi diversi dall'Italia sono regole comune condivise da tutte le forze politiche).
Allora,
anziché continuare ad analizzare dolorosamente sconfitte del
presente, la sinistra ha il dovere di lavorare per il futuro. Nessuno
ha detto che è facile, nessuno ha detto che è un lavoro appagante
nell’immediato, nessuno può pretendere risultati oggi, dopo il
dissesto dal quale veniamo. Ma lo dobbiamo, prima di tutto, ai
122.633 elettori siciliani che hanno votato per la Marano. Anziché
ripartire dal cilicio, ripartiamo dal futuro.
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