IL CINEMA
INTELLETTUALE DI SERGEJ ĖJZENŠTEJN.
Il
capitale di Karl Marx e Ulisse
di James Joyce. Progetti non
realizzati.
di Francesco Lupinacci
Sergej Ėjzenštejn,
regista sovietico, nel 1928 lesse il grande romanzo, rivoluzionario
dal punto di vista letterario, dello scrittore James Joyce, Ulisse.
Dalla sua forma frammentata, apparentemente disordinata nella frase,
colse le basi di un vero e proprio linguaggio visivo fatto di
oggetti, colori che, connessi fra loro, gettano le tracce di un senso
erotico disincantato, pressante e profondo della mente umana.
L’attenta lettura provoca stimoli visivi dovuti alla strisciante
associazione articolata tra forme longilinee (sesso maschile) e forme
arrotondate (sesso femminile), così come le spiega Sigmund Freud ne
L’ interpretazione dei sogni.
Sostantivi e aggettivi
collocati anche a distanza fra i periodi, vengono associati e
talvolta accompagnati da odori e colori, quali il violetto, l’indaco,
l’arancione, il rosso stimolando la sensualità e lasciando
emergere il richiamo al sesso, al corpo femminile socialmente
mercificato, il rapporto conflittuale e problematico del protagonista
Bloom con la figura Femminile, a partire dalla Madre. Tutto questo
emerge in misura più o meno cosciente agli occhi del lettore e, da
queste basi, si rinforza l’elaborazione teorica di Ėjzenštejn su
un nuovo tipo di montaggio cinematografico volto a risvegliare le
vibrazioni sensoriali dello spettatore. Un montaggio che richiamando
tutti gli aspetti del pezzo di montaggio e della composizione delle
inquadrature (oggetti e soggetti, forme geometriche, diagonali,
angoli acuti e retti, il costume dei personaggi, il tipo di luce, il
filtro dell’obiettivo, la sovraesposizione o la sottoesposizione,
le distorsioni prodotte da un obiettivo grandangolare quale il 28 mm
e da un teleobiettivo quale il 310 mm) avessero un impatto
multisensoriale sullo spettatore. Una forza penetrante che ne
stimolasse e risvegliasse la psiche.
Nasce in Ėjzenštejn il
concetto di montaggio armonico o sovratonale, un montaggio che
non ‘accorda’ le inquadrature sulla base di un tono univoco,
quali un soggetto, una forma o un colore dominanti, ma che
proliferasse di vibrazioni complesse: sovratoni visivi e uditivi.
Il risultato suscitato dalla lettura di Ulisse di James Joyce,
non è “io vedo”, né “io odo”, ma l’ intreccio
inscindibile e sovratonale tra vista e udito (oltre all’olfatto):
io sento. Nel 1929 il sonoro non era stato introdotto in
Unione Sovietica e Sergej Ėjzenštejn partì per l’Europa e gli
Stati Uniti per studiarne le prime forme nel cinema e per studiare da
vicino gli effetti del capitalismo avanzato per il suo futuro film Il
Capitale. L’introduzione del sonoro avrebbe completato la sua
teoria dei sovratoni. Mancava il colore; con esso, soprattutto oggi,
un autentico montaggio sovratonale, ne sarebbe fortemente arricchito.
Ma l’ Ulisse di Joyce non è solo un’opera che colpisce i
sensi; essa scava nell’inconscio, nella materia dell’uomo e della
donna, nei loro rapporti con la società capitalistica: le calze
trasparenti che avvolgono le cosce femminili, osservate con apparente
calma da un uomo distinto, sono strettamente riferite al loro prezzo
e al negozio d’acquisto: 3 scellini e 11 pence da Sparrow in
George’s street. Dunque l’Ulisse è un’opera che,
attraverso la fisiologia risale all’intelletto ed elabora tale
commento intellettuale: Corpo femminile, Corpo Umano ridotto a Merce.
Dunque dal sovratono fisiologico si risale allo stimolo
intellettuale. Dall’impatto emotivo al pensiero. Il secondo per
mezzo del primo, fino ad intrecciarsi. E allora Sergej Ėjzenštejn
giunge al montaggio costruito sui sovratoni intellettuali,
che elabora durante la realizzazione di due suoi film: Ottobre e
La linea generale. Il vecchio e il nuovo. Sull’onda di
questi due film basati su legami associativi tra inquadrature di
oggetti, figure e movimenti indipendenti dalla trama, emergono
significati politici e sociali. Volendo estremizzare l’aspetto
sperimentale sviluppato in questi due film, Ėjzenštejn aveva
progettato, tra il 1927 e il 1928, il film tratto da Il capitale
di Marx per insegnare all’operaio a pensare criticamente e ad
apprendere il metodo di pensiero marxiano. Suo malgrado, non riuscirà
a realizzare né Il Capitale né il film Ulisse. Per la
trasposizione in film de Il capitale non
riuscirà ad ottenere finanziamenti né in Occidente, né nell’URSS.
Dedicato al Dottor Franco Geppino Leone.
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