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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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giovedì 17 gennaio 2013

UN VOTO UTILE A SCAVARSI LA FOSSA di Norberto Fragiacomo




UN VOTO UTILE A SCAVARSI LA FOSSA
di
Norberto Fragiacomo

  Alla vigilia delle elezioni, puntuale come cinque anni or sono, il fantasma del “voto utile” di sinistra batte alla porta dei disorientati elettori italiani. Nel 2008 l’escamotage veltroniano ebbe parziale successo, perché permise ad un Partito democratico ancora nell’incubatrice di raccattare una sconfitta onorevole, e tolse di mezzo l’inciampo (per i marxisti-liberisti sposatisi con le margheritine) della Sinistra Arcobaleno di Bertinotti. 

La situazione odierna è simile soltanto in apparenza a quella di allora, per ragioni abbastanza evidenti: la prima è che il PD non si presenta ai nastri di partenza come un Calimero votato alla disfatta, bensì come forza politica accreditata – da tutti i sondaggi – della maggioranza relativa. La seconda è che un anno di cieca fedeltà al Governo Monti ha fatto giustizia di mistificazioni (od automistificazioni) ed illusorie speranze: il partito condotto da Pierluigi Bersani, ormai pienamente adeguatosi alla logica di multinazionali e banche d’affari, non finge neppure più di voler edificare una società meno iniqua. Le recenti assicurazioni fornite dal segretario e dal trasformista bocconiano Fassina all’establishment economico internazionale (i trattati europei, Fiscal compact compreso, e le “riforme” montiane non si toccano, il rigore è l’unica strada ecc.) dimostrano a chiunque non dorma beatamente che un eventuale governo di “centrosinistra” sarebbe non meno dannoso, per i ceti medio-bassi, di un ritorno in grande stile del professor Monti: che vinca l’uno, l’altro o il terzo incomodo (Berlusconi), la dieta che ci verrà imposta sarà comunque a base di lacrime e sangue. Una destra vale l’altra, insomma: il tessuto è lo stesso, cambia al massimo la tinta, e non di molto. La terza differenza con il passato prossimo sta nel fatto che, oggidì, i democratici, oltre che sul corpo elettorale “progressista”, fanno pressione anche sul movimento formatosi alla loro sinistra, la lista Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. Più che le blandizie si adopera l’imperativo: visto che i risultati in Lombardia, Campania e Sicilia saranno verosimilmente decisivi per la conquista del Senato, la Sinistra viene rudemente invitata a farsi da parte, a desistere dalla competizione. In caso contrario, ammonisce Bersani, eletti ed elettori di RC saranno colpevoli di aver fatto vincere il Nemico per eccellenza, Berlusconi! Almeno apparentemente non viene offerto nulla come contropartita – anzi, i caporioni del PD parlano dei loro contendenti con infastidito disprezzo, ed arrivano a proclamare (Enrico Rossi, presidente piddino della Toscana un tempo rossa) che “il PD non deve avere rapporti con il movimento Rivoluzione Civile di Ingroia. La cultura antisistema di quel movimento lo rende inadatto ad assumere responsabilità nel governo nazionale e verso l’Europa… se poi al Senato mancheranno i numeri, Bersani farà bene a cercare un rapporto con il centro di Monti”. Dalle parole del politico ex (molto ex!) PCI emerge benissimo quale sia l’inemendabile peccato originale degli ingroiani: quello di non genuflettersi al mercato, di contestare i diktat dell’Europa delle lobby, di rifiutare l’auspicato asservimento di decine di milioni di esseri umani alle personali esigenze di poche migliaia di capitalisti e tecnocrati. Insomma, RC è accusata di essere “di sinistra”, progressista, socialista nel senso originale e non contraffatto del termine. Fin qui nulla di strano: viviamo in un mondo capovolto, in cui la schiavitù viene spacciata per libertà, il regresso sociale per modernizzazione, il leccaculismo per merito, e un partito liberista come il PD può permettersi, senza venir spernacchiato dai media (embedded), di presentarsi come erede di una tradizione che i suoi capi e capetti, per scaltro opportunismo, hanno rinnegato oltre vent’anni fa. Il problema è in verità un altro, e riguarda noi di “sinistra”: è accettabile che, tra i leader rosso-arancio, il solo Paolo Ferrero abbia mandato al diavolo i tracotanti democratici? Che Ingroia “tenga la porta aperta”, e alcuni dei suoi sottordini trattino magari per una decina di scranni senatoriali? Diamo noi la risposta in vece del candidato premier, che a Ottoemezzo, a proposito del futuro, è rimasto sul vago: no, no e poi NO! Un qualsivoglia patto col centrosinistra fasullo sarebbe contro natura, non meno e non più di un accordo coi montiani o con Berlusconi in persona. A decidere chi è vicino alla sinistra non sono le sigle, che è agevolissimo taroccare, bensì le idee, i programmi, i comportamenti concreti. Prestare orecchio alle pretese progressiste del PD malgrado i fatti è altrettanto assurdo che scambiare i “centurioni” deambulanti nei pressi del Colosseo per autentici soldati di Cesare, o credere all’ubriacone che, scolatosi l’ultimo quarto di vinaccio, esclama con trasporto di essere Dio (ma perlomeno lui è in buona fede)! Se la nuova formazione di sinistra ambisce ad essere qualcosa di più che un trampolino elettorale per pochi furbastri, non vi sono alternative politiche ad una battaglia solitaria contro tutte le destre, comunque travisate – e, per favore, non si ricorra all’obiezione/luogo comune dell’ "estremismo malattia infantile ecc." : il sottoscritto quel libello l’ha letto, e gli è chiaro, di conseguenza, che nel 1920 Lenin rampognava la tendenza dei neonati partiti comunisti (incluso quello guidato, in Italia, da Amadeo Bordiga) a chiudersi in se stessi e rifiutare il dialogo a sinistra, ma non suggeriva affatto di allearsi con chicchessia, rinunciando a lotte ed obiettivi di rinnovamento radicale in cambio di un’ininfluente rappresentanza parlamentare. Da elettore cauto, ma – data l’assenza di alternative – interessato al progetto di Rivoluzione Civile, aspetto con ansia che chi si candida a restituire agli italiani (e, per l’effetto, agli europei) un po’ di ottimismo espliciti definitivamente la sua posizione, e lo faccia nel senso da me auspicato. Nel caso opposto, il 24 febbraio mi concederò una bella gita in campagna.      

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