L’ORIZZONTE UNIVERSALE DI CATERINA*
di Sara Palmieri
Caterina non ha più bisogno di nulla.
Sa fare a meno delle comodità dei
nostri tempi.
Una virtù non da poco se si
considera l’ampia gamma di mezzi e servizi di cui disponiamo e che, alla fin
fine, si sono tramutati in nuove e più insidiose forme di schiavitù, da cui
dipendiamo come tossicomani testardi e inconsapevoli.
Il personal computer
portatile è il solo strumento che ha portato con sè nell’angolo di mondo in cui
ha deciso di vivere i suoi prossimi anni.
In questa baracca piantata in
riva al mare, con le onde che si infrangono lente ma mai uguali a se stesse,
circondata da un fitto palmizio, c’è l’atmosfera giusta per scrivere, dare
sfogo alla sua eterna passione. Il villaggio più vicino è a venti chilometri,
ma lei lo raggiunge poco, solo per rifornirsi di frutta e verdura, che cuoce su
un fornello e consuma lentamente sotto la veranda di canne.
Si è lasciata alle spalle il
mondo e le sue contraddizioni, il suo inquietante retaggio di corrotti e di
corruttori, di vizi e di inganni, di promesse non mantenute e di false
apparenze. Finalmente può scrivere in pace, gustare una ad una le parole che la
mente le sgrana come un rosario che però si rinnova ad ogni recita, metterle in
fila fino a creare una storia, dare vita a donne e uomini nuovi, scegliere il
finale più adatto o nessun finale.
Da quando si è trasferita ne ha
scritte tante di storie, ognuna ha uno spunto reale, che poi è superato dalla
più sciolta fantasia.
Non ama i romanzi, predilige la
forma del racconto, che ritiene la più adatta all’ispirazione del momento, la
meno costruita, e che, come avviene per la musica, ha una sua misura esatta.
Un racconto – secondo Caterina –
segue i tempi delle partiture musicali (lei che è stata violoncellista lo sa)
e, come accade in queste con le note, devono essere rimodulate le parole
stonate, le sovrastrutture che impediscono al testo di scorrere fluido come
acqua di ruscello.
Una volta scritto, il racconto
deve, proprio come un buon vino, decantare.
Così Caterina lo lascia lì,
custodito nel nome di un file per qualche giorno.
Poi lo riprende e, rileggendolo,
percepisce con maggiore forza le disarmonie, che elimina o sostituisce.
Compie più volte questa
operazione: fino a che il testo non ha raggiunto la giusta musicalità. A questo
punto non potrà più essere modificato.
Ora che la sua vita ha preso la
piega più giusta e confacente, una nuova prospettiva si è schiusa grazie alla
passione per la scrittura.
Non riesce a scrivere, Caterina,
di furenti passioni, di epopee ridondanti, di saghe infinite quanto surreali,
di concetti complicati in cui la vicenda umana si avviluppa con l’unico
obiettivo di ingannare il lettore.
Le sue storie sono semplici,
parlano di persone ordinarie, di sentimenti comuni, di emozioni lievi, spesso
impercettibili, di ciò che passa in uno sguardo, in un gesto, in una parola
solo in apparenza casuale.
Vivere attraverso la scrittura le
vite dei suoi personaggi, dopo essersi seduta per un poco ad osservarli come un
ospite discreto e silenzioso, le procura un piacere straordinario e
incredibile, le apre spazi nuovi e infiniti.
Il suo orizzonte si è espanso e
genera senza sosta altri orizzonti che ora appartengono ai personaggi che ha
creato e a coloro che - anche in un altro tempo e in un altro luogo - ne
leggeranno le storie.
* Dedicato a Katherine Mansfield.
Nessun commento:
Posta un commento