il
segretario comunale è morto, viva il segretario!
di
Norberto
Fragiacomo
Tutti
(magari!) ricordano Canne, ma fu Zama il capolavoro tattico del genio Annibale.
Con forze raccogliticce il cartaginese mise in crisi Scipione: diversivi, finte
ritirate e un inedito schieramento su tre file ben distanziate costrinsero i
romani ad una resistenza disperata, fino al provvidenziale ritorno della
cavalleria di Lelio. Annibale merita lodi e un’onorificenza virtuale: ciò non
toglie che Zama sia stata, per lui e per la patria, l’inizio della fine. Una
gloriosa, ma innegabile disfatta.
Anche il
testo (definitivo? Con Renzi e i suoi dilettanti non si sa mai…) del DDL delega
ammazza-PA rappresenta una disfatta per una categoria di lavoratori che, al
pari dei punici, vanta una lunga storia, e non solo in Italia.
L’articolo
– non numerato – “dirigenza pubblica”, istitutivo di tre ruoli unici (dirigenza
statale, regionale e degli EELL), fa una vittima illustre: il segretario
comunale. “Abolizione della figura” sta scritto: per gli appartenenti alle
fasce A e B è prevista l’iscrizione ad un mortuario ruolo ad esaurimento e
quindi – per i non pensionabili – la confluenza nel neonato ruolo unico dei
dirigenti locali. Guai grossi si annunciano per chi è privo di incarico (una
minacciosa “specifica disciplina”); per gli altri una perdita di status e
funzioni. I fascia C (segretari di enti fino a 3 mila abitanti) e i vincitori
delle ultime procedure concorsuali finiranno anch’essi nel ruolo unico – quando
non si sa – ma da calimeri, dopo un periodo (in)determinato di purgatorio
“anche come funzionario”.
La
giurisprudenza amministrativa riteneva tutti gli appartenenti alla categoria
“sostanzialmente equiparati” ai dirigenti, per la delicatezza e l’importanza
dei compiti svolti. Contrordine legislativo: si torna alla distinzione di 15
anni fa tra ufficialità (in congedo) e bassa forza.
“Funzionari”
di che? Immagino degli enti locali… dunque categoria D, con probabile taglio
stipendiale. Chiamiamola per nome: è una retrocessione,
disposta con maligno compiacimento. Quanto durerà il (non) “determinato periodo
di servizio”? Forze un quadriennio (v. lett. c), dato che si stabilisce che il
vincitore di un corso-concorso per dirigente debba “impratichirsi” facendo per
quattro anni l’impiegato, con “possibile” (mica garantita!) riduzione del
suddetto periodo in relazione all’esperienza lavorativa nel settore pubblico”;
a conclusione dell’interminabile warm up lo attende – bontà di Matteo e Marianna – un
ulteriore esame.
Almeno i
dirigenti degli EELL saranno tutti dei pozzi di scienza… no, non tutti: per i
comuni privi di figure dirigenziali il sindaco avrà facoltà di nominare
“dirigente apicale (mica funzionario! noblesse
oblige…) in luogo del segretario” il portaborse, il cugino o l’amante.
E i
calimeri di serie C che faranno nel frattempo? Forse fotocopie, visto che
segretari non saranno e che le loro “riserve di caccia” (i piccoli comuni)
avranno l’obbligo di “gestire l’eventuale funzione di direzione apicale in via
associativa”.
Durata
degli incarichi dirigenziali a venire: tre anni, e buonanotte alla Consulta,
che qualcosa di ragionevole sullo Spoils system aveva provato a dirlo. Ma
naturalmente la riforma è basata “sul principio del merito”, quello stesso merito che ha condotto l’ex fidanzatina
di Napolitano junior a Montecitorio e poi al “Ministero” per la Pubblica
Amministrazione e la Semplificazione.
E i meriti
di Matteo? Due soli, ma rimarchevoli: è amico di finanzieri e sa twittare. Per
bivaccare a Palazzo Chigi (e svendere l’Italia) basta e avanza: concorsi, esami
e gavetta sono per chi non ha padrini.
Invece di
gioire, converrebbe sentirsi umiliati e incazzarsi di brutto: i diritti si
affermano, non si contrattano. Per quanto mi riguarda, le briciole del
banchetto le lascio sul pavimento.
Quasi un post scriptum: il lettore potrebbe
pensare che questo sia lo sfogo di chi, dopo aver arato e seminato con fatica
(per 5 anni, fuor di metafora), al momento della raccolta trovi soltanto
ortaggi marci e divorati dai corvi. In parte è vero, ma alla rabbiosa delusione
del concorsista schernito si mischia la preoccupazione del cittadino. Il
Minculpop renziano lo descrive come un mangiapane a ufo, ma il segretario è uno
che, in comune e in provincia, lavora sul serio, e fa un po’ di tutto:
consulente “globale”, verbalizzatore, notaio, coordinatore e – all’occorrenza –
capoufficio. Soprattutto garantisce “la conformità dell’azione amministrativa
alle leggi, allo statuto e ai regolamenti (art. 97, comma 2, del D. Lgs.
267/2000).” Più che quelli del sindaco o dei consiglieri, insomma, il
segretario tutela gli interessi della comunità amministrata, di ogni singolo
cittadino – il diritto di ciascuno di noi ad essere governato decentemente, nel
rispetto delle norme vigenti.
Il
pescivendolo fiorentino e la sua grottesca corte dei miracoli hanno in mente di
smembrare l’amministrazione pubblica, per poi gettare succulenti bocconi (a
cominciare dalla sanità, attualmente oggetto una campagna denigratoria affidata
a TG e giornali radio) a sponsor grandi e piccoli: il primo passo è smantellare
i freni di sicurezza.
Occorre
rottamare i renziani al più presto, prima che i guasti diventino definitivi, e
tenerci ben stretto, invece, chi in quest’Italia alla deriva assicura, col
proprio impegno quotidiano, un estremo argine contro gli arbitri del
politicume.
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