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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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domenica 23 novembre 2014

UNA DOMENICA DI 34 ANNI FA di Lucio Garofalo



UNA DOMENICA DI 34 ANNI FA 
di Lucio Garofalo



Esattamente una domenica di 34 anni fa, calma ed insolitamente calda, si consumò una delle tragedie più dolorose impresse nella memoria collettiva locale. Ormai ci siamo ridotti a dover rimpiangere e idealizzare la realtà antecedente a quel maledetto sisma del 23 novembre 1980. 

Una data "indelebile" che, tuttavia, per una sorta di meccanismo di rimozione inconscia, si tende a derubricare dal calendario. Ma per le popolazioni del cratere, che subirono la furia selvaggia e devastante del cataclisma tellurico (fenomeno non esente dal concorso di colpe e dalla complicità e corresponsabilità politica e morale ascrivibili agli uomini), a cui seguirono scelte politiche controverse e scellerate prese dalle classi dirigenti locali nella fase storica dell'emergenza e della ricostruzione post-sismica, tale data assume ancor oggi un valore profondo, impregnato di ricordi strazianti, di forti ed intensi significati emotivi e psicologici. 

Una data spartiacque, simbolica sul versante storico ed antropologico. Nel corso degli ultimi trent'anni è intervenuto un brusco e repentino processo di accelerazione storica che ha visto mutare, in un senso profondamente deteriore, i rapporti umani e le dinamiche interpersonali, generando effetti di abbrutimento etico-civile e spirituale. Con evidenti ripercussioni negative sul terreno delle relazioni, dei comportamenti e persino dei sentimenti che rientrano nella sfera esistenziale quotidiana. 

Si è messo in moto un fenomeno di regressione ed imbarbarimento culturale e civile, una deriva che ha condannato le nostre comunità ad un destino di alienazione ed involuzione sociale di massa. Tale effetto di brutale radicalizzazione ha investito la vita e il funzionamento della macchina amministrativa locale. Si è innescata una spirale perversa di efferatezza e faziosità, di avidità, cinismo e spregiudicatezza morale che non si erano mai riscontrate nelle precedenti esperienze della nostra storia. Tra faide tribali e rese dei conti tra bande rivali che si contendono selvaggiamente il controllo del territorio (gli affari della città) e l'occupazione sistematica degli scranni nei palazzi istituzionali, dal branco dei lupi famelici sono emersi gli esemplari più feroci e voraci, che hanno preso il sopravvento grazie ai mezzi più disonesti e spregiudicati. 

Tali infamie e brutture nutrono sentimenti di rimpianto ed alimentano una spinta alla idealizzazione dei "bei tempi", creando un'immagine idilliaca della vita "prima del terremoto". Ma, aggiungo, non furono male pure gli anni immediatamente successivi, che videro uno straordinario moto di solidarietà e di partecipazione popolare ad esperienze politiche e sociali di autogestione e di protagonismo di massa, tra comitati, circoli e coordinamenti di varia origine e natura. Furono momenti entusiasmanti di risveglio civile e di abbraccio corale, che animarono e diffusero vaste e sincere aspettative di rinascita delle nostre comunità. Speranze, puntualmente, disattese o tradite. 

Per tali ed altre ragioni resta solo l'amaro in bocca per la cocente delusione storica. Persiste tuttora una sensazione triste e dolente, anzi una convinzione, una coscienza rabbiosa, per quella che è stata un'eccezionale ed irripetibile occasione storica fallita. Svanita nel "miraggio" di uno "sviluppo industriale" mai realizzato. Un'illusione ingannevole in partenza. È l'opportunità di un riscatto economico, civile e culturale mancato dalle "zone terremotate"...






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