Si è più
volte sottolineata la non appartenenza di Monti ad uno schieramento
politico specifico, anche se le simpatie che molti centristi nutrono
per lui, ci fanno pensare che tale area gli sia più congeniale. Ci
basta rilevare che, nonostante lo si continui a definire un “tecnico”,
pur sapendo che governi tecnici, in assoluto, non esistono, egli è di
fede cattolica e ci risulta sia anche un praticante, uno di quelli
che vanno tutte le domeniche a messa.
Viene
dunque spontaneo chiedersi se tra la sua professione di fede e le sue
decisioni governative ci sia una certa congruenza, se effettivamente
il suo credo corrisponda alla sua prassi.
Cosa dice la dottrina cattolica in merito alle questioni del lavoro
ce lo spiega don Leonardo Salutati, docente di Teologia morale:
“La
dottrina sociale, nel registrare il cambiamento delle forme storiche
in cui si esprime il lavoro umano, ricorda che non cambiano le sue
esigenze permanenti. Esse si riassumono nel rispetto dei diritti
inalienabili dell’uomo che lavora, che consistono nel rispetto della
dignità del lavoratore, il diritto al riposo; il diritto ad ambienti
di lavoro ed a processi produttivi che non rechino pregiudizio alla
sanità fisica dei lavoratori e non ledano la loro integrità morale; il
diritto che venga salvaguardata la propria personalità sul luogo di
lavoro, senza essere violati in alcun modo nella propria coscienza o
nella propria dignità; il diritto a convenienti sovvenzioni
indispensabili per la sussistenza dei lavoratori disoccupati e delle
loro famiglie; il diritto alla pensione nonché all’assicurazione per
la vecchiaia, la malattia e in caso di incidenti collegati alla
prestazione lavorativa; il diritto a provvedimenti sociali collegati
alla maternità; il diritto di riunirsi e di associarsi; il diritto
all’equa remunerazione (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa
301-304). Tale complesso di diritti esige l’ideazione di nuove forme
di solidarietà in una prospettiva che consenta di orientare le
attuali trasformazioni nella direzione della complementarità tra
dimensione economica locale e globale; tra economia «vecchia» e
«nuova»; tra innovazione tecnologica ed esigenza di salvaguardare il
lavoro umano; tra crescita economica e compatibilità ambientale dello
sviluppo (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa 319).
Ecco,
alla luce di tali considerazioni e di tale “dottrina” crediamo che la
questione “monotonia del posto fisso”, quella che Monti ha ribadito
con varie esternazioni, tra cui: “L'Italia ha accumulato un enorme
debito pubblico, perché i governi che si sono succeduti erano troppo
vicini alla vita dei comuni cittadini, troppo desiderosi di
soddisfare le richieste di tutti e così hanno agito contro gli
interessi delle generazioni future”, sia del tutto fuori luogo.
Non
solo perché in contrasto con quella dottrina che la Chiesa Cattolica
professa e che mette al primo posto la dignità della persona umana, ma
anche perché umilia profondamente il comune cittadino, e
dunque soprattutto il lavoratore che svolge un compito non tanto per
“divertirsi”, ma per corrispondere ad un progetto “morale” di
edificazione di una comunità che abbia nella famiglia il suo cardine
essenziale, con tutto ciò che ne consegue: casa, servizi e tutele
specialmente per coloro che sono o troppo giovani, troppo anziani o
troppo penalizzati dalla natura.
La
precarietà evidentemente sconvolge tale assetto minandone le
fondamenta, fino a rendere impossibile la creazione di nuclei
famigliari che possano giovarsi di tutele minime indispensabili per
poter sopravvivere e realizzare compiutamente dei progressi nel campo
dell'emancipazione e della salvaguardia dei diritti essenziali.
Quando
un governo come questo minaccia la stessa sopravvivenza dei ceti più
poveri e delle categorie più deboli dei cittadini, prova ne è che
nella discussione sul nuovo Patto per la salute 2013 – 2015 sarà
valutata persino l’abolizione della quota Finanziamento Finalizzato
del FSN (AIDS, Fibrosi Cistica, etc.) con messa a disposizione
delle Regioni delle risorse dedicate nel fondo indistinto, siamo
palesemente di fronte non soltanto ad una negazione di diritti
essenziali riconosciuti dalla Costituzione Italiana, ma anche a
decisioni nettamente anticristiane e anticattoliche.
Viene quindi del tutto spontaneo chiedersi in che cosa si traduca e a che cosa corrisponda la “fede cattolica” di Monti.
Quando
lo stesso Monti afferma che “è importante prendere atto
dell’ispirazione etica di numerosi principi che stanno alla base della
legislazione europea, anche in materia economico-finanziaria.”, è
lapalissiano fare anche alcune semplici considerazioni: alla fine dello
scorso anno i tassi di interesse sui mutui erogati per l'acquisto di
abitazioni, comprensivi delle spese accessorie, erano al 4,26%, oltre
un punto rispetto al 3,18% di dicembre 2010. Nel frattempo il costo
del denaro a livello europeo è sceso e la BCE ha dato 140 miliardi di
euro all'1% alle Banche italiane.
Allora, cosa c'è di morale o di etico nel comportamento di tali istituti finanziari?
Quando
un governo attacca prima con estrema determinazione i diritti dei
pensionati, annullando l'indicizzazione del sussidio pensionistico,
quando lascia poi intendere palesemente che non farà nulla per
stabilizzare il lavoro precario (anzi irride coloro che ancora ci
sperano), quando passa infine all'attacco sistematico dei diritti dei
lavoratori occupati, mettendo in discussione l'art. 18, cosa fa di
“cristiano” o più semplicemente di “moralmente degno”?
Se alla
base della dottrina sociale della Chiesa Cattolica c'è la dignità
della persona umana e della famiglia, suo luogo naturale di adozione e
di crescita e di edificazione di tutto il tessuto sociale e
democratico, cosa c'è di morale o di cristiano in provvedimenti che
minano alla base proprio i principi su cui la dignità della persona
umana e la possibilità che ha la famiglia di esistere si fondano? Il
primo provvedimento Monti è stato mirato a colpire la casa di
abitazione, luogo indispensabile di nascita, di crescita e di
convivenza della famiglia, quel luogo in cui non si può fare a meno
di abitare. Un luogo di culto può anche non essere frequentato,
eppure è esente da tassazione, ma un luogo di abitazione non può non
essere abitato, ed è invece insopportabilmente tassato.
Giovanni Paolo II disse a chiare lettere che "l’impegno
dell’occupazione di tutte le forze disponibili è un dovere centrale
dell'azione degli uomini di governo, politici, dirigenti sindacali ed
imprenditori" e che le "le autorità responsabili" sono preposte
"perché mettano mano ai provvedimenti necessari a garantire ai
lavoratori la giusta retribuzione e la stabilità".
Anche Benedetto XVI è stato molto esplicito su tale questione: "Nella difficile situazione che stiamo vivendo la crisi del lavoro e dell'economia si accompagna a una crisi della famiglia:
i conflitti di coppia, quelli tra i tempi della famiglia e per il
lavoro creano una complessa situazione di disagio che influenza il
vivere sociale"... "Anche l'economia con le sue leggi deve sempre considerare l'interesse e la salvaguardia della famiglia”
Basterebbe
dunque solo questo, per chiedersi seriamente in che cosa consista
veramente il “cattolicesimo” di Monti, o almeno, nel rispetto della sua
“privata” fede personale, esigere nel merito da lui e dai suoi
collaboratori, se non una autentica coerenza, almeno un po' più di
serietà e di rispetto per tutti, a cominciare da quelli che cattolici lo
sono davvero, di nome e di fatto. Che tra i tanti "tagli", dunque, il
governo Monti ci metta in primo luogo alcune delle sue inutili, quanto
ciniche esternazioni.
Sicuramente
tali personaggi, impostici oggi da una palese mancanza di democrazia,
risulterebbero, se non più sopportabili, meno “tediosi” e
meno odiosi per tutti.
C.F.
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