La crisi greca, come abbiamo più volte fatto notare di recente, si è rapidamente avvitata su se stessa fino a precipitare verso condizioni prerivoluzionarie ed insurrezionali che già si sono manifestate con una certa rilevanza pochi giorni fa, in occasione della decisione a cui è stato chiamato il Parlamento greco per stabilire l'ennesima “tortura” da propinare al popolo affinché subisca passivamente il perdurante ricatto della troika finanziaria europea e globale.
Mai come oggi, in tutto il mondo, si dovrebbe realizzare e manifestare un movimento internazionalista di sostegno unitario al popolo greco in lotta. Fornendo ad esso ogni conforto e strumento, a partire da una catena di solidarietà che assicuri beni essenziali a chi sta morendo di fame.
Lo si fa quando arriva uno tsunami imposto dalla natura, a maggior ragione lo si deve fare quando lo tsunami è di origine umana, finanziaria ed economica.
Ovviamente bisognerebbe anche organizzare viaggi di solidarietà per la Grecia affinché a quel popolo già in lotta se ne uniscano altri, provenienti da altri Paesi che hanno gli stessi obiettivi e lo stesso anelito di liberazione.
Oggi credo che la Grecia sia di fronte ad una lotta analoga a quella che condusse contro il dominio turco per la sua indipendenza e che vide affluire nelle file dei suoi combattenti patrioti di tutto il mondo come Santorre di Santarosa e Lord Byron, alcuni dei quali non esitarono anche a sacrificare per la sua causa di liberazione, che fu l'inizio di una lotta rivoluzionaria europea che culminò con i moti del 1848, la loro vita.
Sarebbe dunque normale aspettarsi che, indipendentemente da come vanno le cose in quel martoriato Paese, in Italia si formasse in tempi molto rapidi, un fronte di lotta compatto e permanentemente mobilitato per conseguire gli obiettivi che ho testé specificato.
Ma no, purtroppo il tribalismo politico nostrano prevale anche questa volta. L'ennesima, e resta prigioniero delle sue asfittiche quanto inconcludenti ed autolesionistiche divisioni.
La recente polemica tra PCL e Sinistra Popolare (residui di spezzoni della sinistra comunista, uno di tendenza trotskista e l'altro con perduranti obiettivi stalinisti) è emblematica di questo stato che io definirei di “pollificazione” del movimento cosiddetto “rivoluzionario” italiano.
In buona sostanza ed in sintesi (perché francamente dilungarsi su tale avvilente polemica è pure piuttosto deprimente) i due “partitucoli della sinistra” appesi tuttora ad una sorta di “impotenza di classe” perché, che si agitino o no, i loro consensi nella variegata classe proletaria (che, si badi esiste ancora tra lavoratori dipendenti, piccoli imprenditori, precari, pensionati, disoccupati, cassintegrati e licenziati) restano in condizioni minimali, si rimproverano vicendevolmente di non sostenere adeguatamente i compagni greci in lotta, con una notevole veemenza.
A questo punto, l'immagine dei “polli di Renzo” di manzoniana memoria, ci si affaccia alla mente, osservando tali polemiche del tutto inutili ed autolesioniste sia in campo nazionale che internazionale, con una certa reiterata insistenza, ricordando le parole emblematiche del Manzoni: “le quali intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.”
In buona sostanza, Sinistra popolare sposa la causa del KKE, il partito comunista ellenico che, pur di mantenere la sua autonomia e la sua fisionomia veterostalinista e pur contestando duramente le politiche neoliberiste e repressive messe in atto in Grecia, va manifestare da solo, o con atti eclatanti ma dalla scarsa rilevanza politica, come gli striscioni sull'Acropoli, o addirittura a debita distanza rispetto alle masse popolari elleniche che pochi giorni fa hanno stretto d'assedio il Parlamento, oppure persino posizionandosi con la polizia a presidio del Parlamento stesso.
Il PCL, d'altro canto, accoglie in pieno le istanze dell'altro partito comunista ellenico di ispirazione trozchista (EEK), sostenendo le lotte dei lavoratori e finanche la reazione rabbiosa che alcune frange di manifestanti (ovviamente posizionati, senza distinzioni, dai media dominanti nella “notte in cui tutti i blocchi sono neri” senza per altro capire un accidente della dialettica interna del movimento in lotta in Grecia) e applaudite a scena aperta da parte consistente della popolazione ridotta alla disperazione, che hanno letteralmente messo a ferro e fuoco il centro cittadino, colpendo essenzialmente banche e centri commerciali.
Il comunicato del PCL che menziona anche quello di Sinistra Popolare, lo si può leggere con questo link http://www.pclavoratori.it/files/index.php?c3:o2613
Tra i passaggi più polemici di Sinistra popolare:
“Certo, caro Ferrando, se quelli che i tuoi amici troskisti greci organizzano sono quattro ragazzi - certamente e giustamente incazzati - fanno presto a fare qualche bella fiammata, questa sì a beneficio delle telecamere di tutto il mondo.
Ma se devi organizzare decine e decine di migliaia di lavoratori, pensionati, giovani, donne in cortei che tengono la piazza per giorni e giorni, come fanno da mesi i compagni "stalinisti" del KKE e del PAME, non puoi giocare a cowboy e indiani, ma hai anche la responsabilità della loro sicurezza e soprattutto che questi restino in piazza per molto molto tempo.
Ciò lo capisce anche un bambino ma non Ferrando... “
E la risposta sferzante del PCL:
“Erano “frange di teppisti!” dice il KKE e (a pappagallo) Sinistra popolare. É una vergognosa menzogna. Si usano le azioni marginali di alcuni piccoli gruppi , a CONCLUSIONE dello scontro di massa, per negare la realtà dello scontro di massa. TUTTE le testimonianze di piazza Syntagma, TUTTI gli osservatori interni e internazionali, hanno documentato in modo inoppugnabile le dimensioni dello scontro: una “folla mai vista” aveva stretto d'assedio il Parlamento; il grande Theodorakis, alla sua testa, chiedeva di poter portare in Parlamento l'appello del popolo ai parlamentari; la polizia ha attaccato la massa dei manifestanti con tutta la sua forza; la massa si è difesa con tutti i mezzi disponibili ( purtroppo pochi). Ed ha applaudito fragorosamente le azioni di contrattacco di migliaia di giovani contro la polizia, come mai era avvenuto in passato. Questa, e non altra, è stata la dinamica del 13 febbraio ad Atene.
Ebbene: cosa ha fatto il KKE? Ha posizionato le fila dei propri manifestanti, già raggruppati in una piazza separata, a un chilometro di distanza. Non solo non ha messo la propria forza organizzata al servizio della grande massa dei manifestanti contro la brutalità dello Stato, ma ha osservato coi binocoli la mattanza di lavoratori, giovani, pensionati, donne.”
Una osservazione chi scrive l'ha già fatta in un suo precedente intervento dal titolo “Dalla Grecia, quale rivoluzione?”, asserendo, tra l'altro, che una vera rivoluzione in Grecia avrebbe seriamente bisogno di un supporto armato e probabilmente lo si avrà solo quando reparti ribelli della polizia e dell'esercito decideranno di assumere su di sé l'onere e l'onore di difendere il popolo greco e la sua Patria dalla arroganza dei potentati economici che vogliono schiacciare la Grecia sotto il loro tallone appropriandosi delle sue straordinarie bellezze, oltre che del suo patrimonio economico nazionale.
Diciamo questo perché significativi segnali in tal senso si sono già avuti. Un sindacato di polizia ha minacciato di arrestare la troika finanziaria che sta strozzando la Grecia, "un generale greco, citato da un preoccupato Bild, alla domanda su che cosa farebbe se fosse posto di fronte alla eventualità di un ordine dall’alto di inviare i carri armati a proteggere le banche, ha replicato che li manderebbe senz'altro, ma dentro ci sarebbe lui stesso a sparare la prima granata sulle banche".
Questi non sono affatto elementi trascurabili e ci chiediamo seriamente, se ciò accadesse, e non sarebbe una novità nel mondo che reparti di polizia e dell'esercito possano abbracciare la causa del popolo con intenti rivoluzionari, (L'America Latina è piena di esempi del genere che non sono andati certo tutti in direzione repressiva e reazionaria, basti solo pensare che Chavez viene da reparti dell'esercito venezuelano) cosa farebbe, come si comporterebbe la sinistra comunista greca e, sicuramente, a ruota, quella italiana? Continuerebbe a punzecchiarsi e a beccarsi vicendevolmente ovviamente sempre tenuta per le zampe, e del tutto incapace di realizzare una forte azione di Resistenza e di Liberazione comune, o correrebbe in massa a sostenere, se necessario anche con le armi, l'insurrezione dei reparti in lotta senza altra bandiera che quella greca ed al grido guevarista di "Patria o muerte"?
Non lo sappiamo, purtroppo per ora abbiamo solamente queste disarmanti polemiche che non incoraggiano certo a pensare che si stia formando un fronte agguerrito di lotta comune a livello europeo per obiettivi al contempo patriottici ed internazionalisti
E se, la sinistra italiana è ferma al secolo scorso, noi siamo seriamente tentati, a questo punto, di risalire addirittura a due secoli fa, a quando Byron scriveva:
When a man hath no freedom to fight for at home,
Let him combat for that of his neighbors;
Let him think of the glories of Greece and of Rome,
And get knocked on his head for his labors.
To do good to mankind is the chivalrous plan,
And is always as nobly requited;
Then battle for freedom wherever you can,
And, if not shot or hanged, you'll get knighted.
Non ve la traduco, cari “compagnucci pollificati”, sia questa la vostra nemesi e la vostra condanna e però, oso pensare, anche la vostra capacità di riscatto.
C.F.
1 commento:
Metto la traduzione io, anche se la scopiazzo dall'autore stesso. Lo faccio per noi somarelli che sappiamo a malapena l'italiano, perdonaci Carlo!
Lorenzo
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Traduzione del Byron:
Quando un uomo non è libero di lottare per una patria
lasciatelo combattere per quella dei suoi vicini;
lasciate che pensi alle glorie di Roma e della Grecia
e che gli si spacchi la testa per le sue fatiche.
Far del bene all’umanità è l’ideale cavalleresco,
ed è sempre così nobilmente contraccambiato;
allora combatti per la libertà ovunque tu puoi,
e, se non ti fucileranno o impiccheranno, ti faranno cavaliere.
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