LA RIFORMA ELETTORALE TAILOR MADE
di
Riccardo Achilli
Quando, poco prima del natale del
2005 fu approvato, alla vigilia delle elezioni politiche, il Porcellum, grida
ed alti lai si alzarono dal centrosinistra, che non a torto vedeva nelle
tortuose dinamiche di tale legge il modo per bloccare una vittoria già sicura.
Oggi, lo stesso autore del Pocellum, ovvero Calderoli, evidentemente
riconosciuto in modo bipartisan come il miglior sarto di legge elettorali “ad
hoc” per le esigenze del committente, disegna un “lodo” che è fatto
evidentemente su misura per far ottenere al centrosinistra, alle elezioni di
aprile, una magrissima maggioranza di pochissimi seggi, quindi altamente
instabile e necessariamente aperta ad un crollo, nel caso in cui anche solo
pochissimi parlamentari dovessero uscire dalla maggioranza.
Si prevede infatti un
complicatissimo scaglionamento del premio di maggioranza, che per la coalizione
scatta a partire dal 35% dei voti, e che consente di arrivare alla maggioranza
risicata dei seggi (50,5%) al raggiungimento del 38% dei voti. Guarda caso
grosso modo ciò che i sondaggi attribuiscono oggi al centrosinistra. Si ottiene così il risultato perfetto, dal
punto di vista dell'interesse a mantenere il percorso avviato con Monti: una
maggioranza di centrosinistra altamente instabile, facilmente ricattabile da un
pugno di parlamentari ben “istruiti”, che dovrà rigare dritta e possibilmente
dovrà imbarcare i centristi per essere più solida. Alla faccia di chi, come
Bersani, invocava una legge elettorale che garantisse di sapere subito quale
fosse la coalizione che avrebbe governato il Paese nei prossimi cinque anni.
Non a caso tutti sembrano essere
d'accordo con questo lodo, tranne ovviamente alcuni aggiustamenti tecnici
sull'entità delle “aliquote di premio” per far avere qualche seggio in più a
questo o a quel partito. Infatti, non c'è nessun interesse differenziale da far
valere, fra centrosinistra e centrodestra assolutamente allineati sulla
prosecuzione del montismo con altri mezzi, e peraltro la fragilità intrinseca
delle maggioranze che emergono da una simile legge è la migliore garanzia
affinché si ricostruiscano “grosse koalitione” nel giro di pochi mesi di
legislatura, e quindi tutti rientrino in gioco, anche un PDL che è alla soglia
del coma farmacologico, e che sarà salvato per l'ennesima volta dal
centrosinistra, come regolarmente avvenuto negli ultimi 20 anni (dalle
concessioni sul conflitto di interessi ai regolari sfaldamenti del
centrosinistra che aprivano la porta al ritorno di Berlusconi e co.). Peraltro
il combinato disposto di “scaglioni di premio” (che incentiva l'allargamento
delle coalizioni per accedere allo scaglione più alto, che fa scattare un
premio superiore), soglie di sbarramento al 5% o forse più, utilizzo del metodo
D'Hondt per l'attribuzione dei seggi proporzionali (metodo che favorisce i
grandi partiti) non può che generare un effetto centripeto su quei partiti che
(come Rc) pensano di rimanere fuori dal centrosinistra. Una legge elettorale di
questo genere sembra fatta apposta per attrarli dentro la coalizione. Infine,
tale legge ha il “merito”, ovviamente dal punto di vista dei partiti che
dovranno portare avanti il montismo, di bloccare Grillo: il premio è in primis
di coalizione, diventa di lista solo se nessuna coalizione raggiunge il 35% (e
ciò è impossibile) e comunque, anche in quel malaugurato caso, il premio per la
singola lista scatta solo al raggiungimento del 25%, ed i sondaggi danno il M5S
lontano da tale soglia.
C'è più di un motivo
“bipartisan”, invece, per essere fortemente contrari a questo ennesimo
papocchio sulla legge elettorale: in primis, perché è semplicemente ignobile
che si continui a determinare le leggi elettorali sulla base delle esigenze
contingenti, con lo sguardo concentrato soltanto sulla prossima scadenza elettorale,
creando quindi leggi costantemente precarie, destinate ad essere cambiate ogni
5 anni. E poi perché una legge elettorale dovrebbe guardare all'esigenza della
società di avere una rappresentanza parlamentare il più possibile aderente ai
suoi orientamenti, non alle esigenze contingenti dei partiti e dei piccoli
gruppi di interesse che li manovrano. Inoltre, una legge elettorale ben fatta
dovrebbe essere semplice, comprensibile, ed evitare il più possibile meccanismi
farraginosi che rendono difficile all'elettore comprendere come il suo voto
possa convertirsi in una data composizione del Parlamento. Non è una questione
di lana caprina: una democrazia funzionante si basa sulla massima trasparenza
dei suoi meccanismi fondativi. Certo la tabellina allegata alla proposta di
Calderoli, che evidenzia gli scaglioni di premio e le relative percentuali, non
sembra fatta apposta per raggiungere un simile risultato.
Tutte le sciocchezze che vengono
contrabbandate per far passare questo ennesimo papocchio, ad esempio che
occorre garantire “stabilità” e governabilità, sono sciocchezze. Intanto
perché, come detto, tale legge, proprio perché prevede premi “cuciti” su misura
dei risultati dei sondaggi aggiornati a novembre 2012, genererà, ad Aprile, una
maggioranza volutamente instabile. E poi perché ci sono esempi chiari (ad
esempio la legge elettorale per il Parlamento dell'Uruguay) di leggi elettorali
perfettamente proporzionali, senza soglie di sbarramento e senza premi di
maggioranza, che garantiscono maggioranze stabili per tutti i 5 anni di
legislatura (per esempio grazie al doppio voto simultaneo).
Se si continua a prendere in giro
l'elettorato, la terza Repubblica nascerà sotto pessimi auspici. Non
democratici.
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