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venerdì 21 giugno 2013

Commento al libro di Vito Mancuso "L'ANIMA ED IL SUO DESTINO" di Riccardo Achilli





Commento al libro di Vito Mancuso "L'ANIMA ED IL SUO DESTINO"
di Riccardo Achilli

  • Ho letto, da laico, il bellissimo libro “L’anima ed il suo destino”, del teologo "dissidente", per così dire, Vito Mancuso. Non si può, da nessuna parte, né da parte laica né da parte dei credenti, restare indifferenti al tentativo di Mancuso di conciliare fede e ragione, scienza e tradizione dottrinaria cattolica.
    Proprio per questo  approccio coraggioso e aperto, mi permetto di fare alcune osservazioni alle tesi del libro (non critiche, ovviamente, non avrei nemmeno gli strumenti culturali per farle, ma semplicemente sotto forma di suggestioni). Mancuso ritiene che l’universo progredisca, sia pur fra fasi di caos e distruzione, lungo un movimento di fondo che porta ad un maggior ordine dentro una maggiore complessità (un essere umano ha più relazioni interne e capacità di creare relazioni con l’ambiente esterno, e quindi più capacità di creare ordine, di un’alga unicellulare, ed è anche molto più complesso). E’ evidente in questo l’impostazione, come ben chiarisce l'autore, del pensiero di Teilhard de Chardin, di cui è tributario. 
    Eppure noi constatiamo, nella visione empirica e quotidiana del mondo, come il procedere della natura non sembri guidato da una linearità, seppur disturbata da fasi di aumento del disordine, di irrazionalità e di distruzione, sulla spinta dell’emergere progressivo del principio dell’Amore come fondamento della creazione e moltiplicazione di relazioni ordinate. A parte il fatto che tale approccio presuppone una visione (radicalmente diversa da quella di Darwin) in cui l’uomo si pone al vertice della scala evolutiva, e ciò costituisce una visione antropocentrica che non possiamo suffragare dai dati (potremmo anche affermare che un animale inferiore, privo cioè di una coscienza razionale, cioè della base di un’anima razionale, a sua volta presupposto per lo sviluppo di quella spirituale, ha una religiosità superiore a quella dell’uomo, perché l’animale si abbandona completamente al ciclo della natura, senza cercare di comprenderlo o di criticarlo, e peraltro la sua vita in un duro e selettivo ambiente selvaggio lo porta ad avere, probabilmente, un’anima sensitiva più sviluppata di quella dell’uomo civilizzato). 
    Ma il punto fondamentale è un altro: l’osservazione empirica ci porta ad avere molta difficoltà nel vedere l’evoluzione come una linea, sia pur spezzata e resa ondulata dagli accidenti irrazionali della natura, quanto piuttosto nel vederla come un cerchio, o per meglio dire una spirale. A livello macro, ad esempio sembra che i buchi neri supermassicci, collocati al centro delle galassie, abbiano avuto un ruolo cruciale, o comunque una correlazione, con la formazione della galassia stessa, ivi compresa la nostra Via Lattea, senza la quale ovviamente non sarebbe comparsa la vita. Eppure i buchi neri, secondo alcune teorie così fondamentali nel processo di formazione delle galassie e quindi della vita, derivano dalla morte, e dal successivo collasso, di una stella, e essi stessi sono un fenomeno dal potere distruttivo inimmaginabile: qualsiasi particella che superi il loro orizzonte degli eventi è fatta a pezzi e risucchiata, senza poterne più uscire. Tra l’altro, non è da escludersi che, ovviamente in tempi inimmaginabilmente lunghi, questi buchi neri finiscano per accrescersi della stessa materia che risucchiano continuamente, fino a distruggere la stessa galassia, con tutte le sue forme di vita, al cui centro sono collocati. Lo stesso fenomeno si può vedere a livello micro: i virus di una malattia letale aggrediscono l’organismo ospite, fino a distruggerlo, distruggendo quindi anche loro stessi, ma questa forma di autodistruzione è funzionale alla sopravvivenza e moltiplicazione del ceppo virale, attraverso il contagio fra il malato e le persone che hanno contatti con lui.
    In sostanza, questo processo continuo di morte e rinascita rende più difficile pensare ad un universo che tende verso l’ordine e la “complessificazione” delle relazioni e dell’informazione. 
    Certamente, se guardiamo alla terra, questo processo ha portato a forme di vita sempre più complesse e dotate di una sempre più sofisticata coscienza razionale (ma non necessariamente “migliori”, anche spiritualmente; gli animali non sono dotati della stessa capacità umana di generare crudeltà gratuita ed insensata) rispetto a quelle che le hanno precedute. Ma nel contempo tale processo ha generato, almeno potenzialmente, un incremento di caos. Oggi l’uomo, proprio per il livello di sofisticazione raggiunto dalla sua coscienza razionale, è perfettamente in grado, in tempi rapidissimi, di distruggere completamente qualsiasi forma di vita del suo pianeta, ivi compreso sé stesso, ed in larga misura, almeno leggendo gli scenari previsionali sulla progressiva devastazione ambientale di centri studi come il club di Roma, lo sta facendo già. Le scimmie non ne sarebbero state capaci. I dinosauri non avrebbero potuto farlo. Insomma, la seconda legge della termodinamica non vale solo per i passaggi di stato dell’energia. Può essere formulata a livello generale come principio di fondo di funzionamento dell’universo (tanto che ci sono alcune teorie, a dire il vero controverse, secondo cui proprio l’incremento continuo di entropia spiegato dalla seconda legge della termodinamica porterebbe, in futuro, alla morte termica dell’universo).
    Un problema fondamentale è nell’accezione moralmente negativa che diamo al termine “disordine”. E’ chiaro che se si pensa ad una tendenza dell’universo verso un ordine crescente, ed un ampliamento della numerosità e qualità delle relazioni, il disordine è un elemento perturbatore, è l’imponderabile variabile naturale che ostacola e rallenta tale processo. Tuttavia, se l’universo procede in modo circolare tramite fasi di distruzione/creazione, il disordine non può avere una accezione negativa: fa parte del gioco, ed ha una funzione fondamentale nei processi rigenerativi che creano e rendono sempre più complessa e ricca la vita. Per fare un esempio banale: se nel mio tè aggiungo del succo di limone, il livello di entropia del sistema è cresciuto, perché le molecole del tè si affiancano, caoticamente, a quelle del limone. Però, rispetto ad un tè senza limone, perfettamente ordinato, l’entropico tè con limone è molto più buono e nutriente.
    Da un punto di vista etico, affermare la necessità del disordine come elemento fondamentale dell’evoluzione vitale, equivale ad accettare il suggerimento salvifico, che ci fornisce la psicoanalisi del profondo, quando ci sollecita ad accettare ed integrare la nostra Ombra, superando la scissione fra la parte “buona” e quella “brutta, sporca e cattiva” della nostra personalità. Senza voler essere gnostici, ciò significa rivalutare Lucifero, pensare che la sua ribellione sia derivata da una insufficiente integrazione dentro il seno del Dio padre, comprendere come la sua funzione, tramite la mela della conoscenza offerta ad Adamo, corrisponda alla creazione della scintilla della coscienza e della conoscenza nello spirito umano, che ne ha consentito l’evoluzione, portandosi però dietro, per sempre, l’ombra del peccato e del male come componente necessaria, e direi anche normale, del suo stesso status umano.
    Le stesse Sacre scritture conoscono il disordine dell’uomo, che spesso lo porta ad allontanarsi da Dio, a far prevalere una scettica ed amara razionalità, che nella sua veste scettica ed amara è desertificante e distruttiva, con la conseguenza che l’ombra prevale sullo spirito, e l’uomo diviene crudele, privo di scrupoli. Questo il passaggio biblico cui mi riferisco: “La nostra vita è breve e triste; non c'è rimedio quando l'uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dal regno dei morti. Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati: è un fumo il soffio delle nostre narici, il pensiero è una scintilla nel palpito del nostro cuore, spenta la quale, il corpo diventerà cenere e lo spirito svanirà come aria sottile. Il nostro nome cadrà, con il tempo, nell'oblio e nessuno ricorderà le nostre opere. La nostra vita passerà come traccia di nuvola, si dissolverà come nebbia messa in fuga dai raggi del sole e abbattuta dal suo calore. Passaggio di un'ombra è infatti la nostra esistenza e non c'è ritorno quando viene la nostra fine, poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro. Venite dunque e godiamo dei beni presenti, gustiamo delle creature come nel tempo della giovinezza! Saziamoci di vino pregiato e di profumi, non ci sfugga alcun fiore di primavera, coroniamoci di boccioli di rosa prima che avvizziscano, nessuno di noi sia escluso dalle nostre dissolutezze. Spadroneggiamo sul giusto, che è povero, non risparmiamo le vedove, né abbiamo rispetto per la canizie di un vecchio attempato. La nostra forza sia legge della giustizia, perché la debolezza risulta inutile”. (Sapienza, cap. 2). Questi individui descritti dalla Bibbia sono coloro i quali sono dominati dall’ombra del loro male. Tale ombra, se integrata con lo spirito, invece, diverrebbe soltanto una innocua, e proficua, gioia di vivere. Infatti, nel comportamento di questi uomini vi è una dicotomia: per un lato, essi vogliono godere della vita, dei suoi vini, dei suoi profumi, dei fiori della primavera. D’altro lato, tale gioia di vivere degrada nella prepotenza, nella sete spietata di potere. E’ chiaro che questo comportamento dicotomico è soltanto il riflesso di una personalità dicotomica: l’anima che cerca il bene, da un lato, e l’ombra, dall’altro, che, priva di integrazione, finisce per prevalere. La natura non integrata e dicotomica della personalità di questi uomini è chiarissima nel passaggio successivo, in cui loro vivono con fastidio il giusto, perché il giusto rimprovera il loro comportamento, la coscienza non scende a compromessi con l’ombra, e, con orrore moralistico, la ricaccia indietro come fosse sudiciume, provocando, nell’ombra non accettata, una reazione violenta e prevaricatrice: “Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d'incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l'educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure “.
    Se accettassimo una connotazione non negativa del disordine e dell’ombra che ci portiamo dietro come essere umani, e che in fondo è la traccia di quel disordine e caos che, a livello di intero universo, produce i cicli di rigenerazione e rinascita dello stesso, e provassimo a fare un compromesso, il migliore possibile, sapendo che non siamo perfetti, non saremmo forse più vicini alla natura nella sua essenza che comprende anche il disordine, e quindi non saremmo anche più vicini a Dio, che è natura? Non è forse vero che il principio divino nelle religioni orientali è rappresentato spesso come una combinazione di luce ed ombra, di bene e di male, in cui il dualismo è solo una illusione, poiché entrambi i concetti fanno parte di un principio unificante, ad esempio il Tao?
    In questi termini, da non cattolico, mi riesce davvero difficile pensare all’esistenza di un inferno, foss’anche nella sua versione “transitoria” della teoria dell’apocatastasi, e quindi anche all’esistenza di un purgatorio o di un paradiso “premiante”. Essendo pienamente d’accordo con Mancuso sul fatto che la materia è energia, che l’anima è il sovrappiù di energia rispetto a quella meramente necessaria per conformarci, non posso che credere che esisterà la vita dopo la morte, e che sarà un’esistenza puramente spirituale (niente tortellini e vino novello, ahimè). Ma se sopravvivrà una forma di energia che chiamiamo anima, essa non potrà essere sottoposta ad un giudizio morale sulla condotta della sua precedente vita terrena. Non esiste un’energia buona ed una cattiva. Esiste un’energia a polarità positiva ed una a polarità negativa, ma entrambe concorrono, con pari dignità, al risultato finale di far circolare gli elettroni nel circuito elettrico: provi a far ripartire la batteria scarica di un autoveicolo soltanto con i morsetti della polarità positiva!
    Credo piuttosto che, se l’esistenza dopo la morte del nostro corpo fisico sarà pienamente spirituale, noi ci porteremo dietro la conoscenza che abbiamo maturato nella nostra vita terrena. Se (senza riferimenti a persone realmente esistenti) abbiamo passato la nostra vita terrena ad accumulare soldi, belle donne e potere, tutto ciò, dopo la morte, non ci servirà a niente, e la nostra anima vagherà eternamente nella solitudine, nell’ignoranza e nel rimpianto dato dal ricordo di ciò che ha lasciato sulla terra. Se avremo passato una vita di amore e di giustizia, le relazioni così create non potranno perdersi, e si riprodurranno, sia pur in forma diversa, nell’aldilà. Se questi due destini dell’anima possano chiamarsi inferno e paradiso, non lo so. So però che quello che avremo fatto nella nostra vita terrena risuonerà, nel bene e nel male, nell’eternità. 


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