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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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domenica 11 marzo 2012

L'animalismo è anticapitalismo


di Marco Piracci




Non si può spezzare nessuna specie di servitù
senza spezzare ogni specie di servitù
Karl Marx




L'ANIMALISMO E' ANTICAPITALISMO


Quale partito costruire nel XXI° secolo?

Non c’è alcun dubbio, la fase storica che stiamo vivendo segna il crollo di tradizioni consolidate che erano o sembravano dominanti. Si tratta di un disfacimento lungamente maturato che si muove lungo un percorso poco omogeneo. Abbiamo davanti vecchi e nuovi nemici dell'uomo: il sistema democratico globale dei paesi capitalistici, l'impero burocratico cinese e la Russia, finte istituzioni internazionali come l'O.N.U. che spargono morte e distruzione reprimendo ogni tentativo di autodeterminazione di popoli e comunità, cominciando guerre che non finiscono, devastando il pianeta e le sue risorse, rendendo incerto ogni aspetto della vita delle persone, dal cibo alla salute, fino ai diritti più elementari. Tutto ciò ci pone davanti a un bivio. O iniziamo a ripensare
il senso e l'idea stessa di società e di umanità o ci accontentiamo di vivere nelle barbarie.
Come ha ben spiegato Giulio Girardi in "La violenza dei cristiani": "Le masse si possono riconciliare con un sistema disumanizzato perché non sanno cosa sia essere uomo. Allora accettano di non esserlo". Ma l'emotività umana ha bisogno di riscattarsi, di vedere ciò che si cela dietro le illusioni del sistema. Occorre dedicare molta attenzione alle problematiche inerenti la psicologia delle dinamiche sociali (come ha bene messo in evidenza il percorso della Scuola di Francoforte). Il risultato di una società spettacolarizzata è una realtà dominante che presenta come inevitabile l'oppressione e la sofferenza che ne consegue. Ciò che appare nel mondo sembra sovrastare gli uomini. Risulta spesso incomprensibile l'origine dello sfruttamento e delle tragedie quotidiane che ci affliggono, e ciò aumenta il rischio di rassegnazione e di adattamento.
E' la stessa oppressione che dichiarava inevitabile lo schiavismo, la subordinazione delle donne, la gerarchia delle etnie, etc.
Si tratta di guardare la società che ci circonda nei termini della possibilità, della trasformazione possibile. Una diversa umanità comincia dai tentativi di costruire realtà differenti.
Lottare contro il sistema oppressivo contemporaneo deve voler dire prima di tutto preservare la nostra umanità. Preservare cioè uno spazio che si sottragga alle logiche dell'individualismo e della meritocrazia, dalle quale origina poi l’oppressione capitalistica.



Le sinistre italiane

Auschwitz inizia ogni volta che qualcuno
guarda a un mattatoio e pensa: sono soltanto animali
Theodor Adorno


Storicamente, le correnti di sinistra nascono per "portare avanti" gli interessi degli oppressi. Tradizionalmente le persone e le forze di sinistra si richiamano a questi interessi. I problemi sorgono (e dopo oltre due secoli di storia del movimento operaio mi sembra impossibile negarlo) quando si qualifica in quale modo si concepiscono questi interessi. Contrariamente alle convinzioni invalse per due secoli di discussioni, polemiche e scissioni, la questione non riguarda unicamente le strategie e le tattiche che devono venir adottate, ma i criteri stessi dell'identificazione tra le diverse tendenze e i loro referenti principali. E' un concetto che potrebbe apparire complesso ma che riveste un’ importanza profonda. Se nel '17 il problema per Lenin era quello della presa del potere, oggi il contesto socio-economico ci pone di fronte anche ad altri nuovi problemi. Ad esempio, durante la Rivoluzione Russa rivestiva un ruolo centrale la produzione di grano. Oggi quel grano è prodotto in eccesso. La lotta per l'aumento di produzione ha condotto l'umanità in un sistema economico nel quale oltre l'80% del prodotto è superfluo. Ed è interessante notare che anche in zone fortemente depauperate come molte regioni dell'Africa Centrale, si abbia una sovrapproduzione di beni alimentari. A tal proposito centrale è lo studio dei teorici della Teoria della decrescita (come Serge Latouche e Mauro Bonaiuti) che proprio questo principio mettono bene in luce (1). 

Le prospettive di miglioramento che sono perseguite da parte delle varie formazioni, inserite negli schemi classici del socialismo non sono precisate in senso proprio. Non affondano le proprie radici sugli aspetti psicologici umani. Anzi, questi vengono dati per scontati, oppure vengono pensati e considerati in maniera del tutto generica. In altri termini, si considera il miglioramento come un fatto oggettivo legato unicamente alla sconfitta o al ridimensionamento degli oppressori, da raggiungere utilizzandone gli stessi mezzi. Non si pone invece al centro della riflessione chi sono, chi possono e vogliono essere le donne e gli uomini cui si rivolge, e di conseguenza che mondo vogliono costruire. Cercano cioè di muovere la gente su questioni esclusivamente contingenti piuttosto che recepirne i sentimenti e le ragioni più intime e provare ad indirizzarli complessivamente sulla via della trasformazione globale, attraverso la presa di coscienza. Si rimettono al giudizio delle masse, ma queste vengono considerate come numeri per il proprio potere, ovvero come coloro che affidano o delegano ai propri rappresentanti politici le speranze di cambiamento. E' lo stesso copione della rivoluzione borghese del 1789 in Francia: gli oppressi e gli emarginati sono gli spettatori di cui hanno bisogno gli attori politici per legittimare il proprio ruolo e farne le fortune. L'importanza della moltitudine consiste nel consenso che fornisce politicamente o sindacalmente, al massimo ed eccezionalmente negli scossoni che provocano le loro ascese a patto che siano riassorbibili ed adattabili alle soluzioni già previste (in questo senso riveste un ruolo esemplificativo quanto accaduto a Kronstadt). In nessun caso primeggia il protagonismo umano che le persone esprimono nella loro lotta. Ma proprio questo protagonismo è quello che sospinge la gente di sinistra, che le fa sentire di sinistra. E’ questo protagonismo che alimenta la loro voglia di lottare, di veder cambiare il contesto in cui vivono. Ma i dirigenti delle formazioni della sinistra italiana sono preoccupati esclusivamente del loro risultato politico. Per queste formazioni vale il principio secondo il quale tutto dipende dalle masse in lotta, l'ultima e decisiva parola spetta invece alla loro attività. Dietro la presunta fiducia incondizionata nelle masse si nasconde spesso la sfiducia profonda verso le capacità creative e costruttive connaturate all'uomo e alla donna, premesse e motivi decisivi di qualsiasi ipotesi di autoemancipazione. Invece, tutto dovrebbe dipendere dalle persone che vogliono autoemanciparsi facendo leva sui loro valori etici (diametralmente opposti a quelli dominanti). In questo quadro e solo in questo quadro, le lotte e le rivoluzioni sono davvero decisive. La Comune parigina del 1871 e alcuni passaggi della rivoluzione russa come il primo Soviet del 1905 e quello libero di Kronstadt ci mostrano come i Consigli possano essere un'espressione di alta comunanza, un embrione di potere inclusivo e diretto e non semplicemente strumenti della rivoluzione.



La tematica dell’animalismo e i limiti della sinistra italiana. Il caso del Partito Comunista dei Lavoratori.

In questo quadro, analizzare il ruolo svolto dalle sinistre liberali in Italia (in particolare Sinistra e Libertà e i Verdi) è di particolare importanza. La tematica dell’animalismo è esemplificativa dei forti limiti di queste formazioni. Per queste infatti l’animalismo è una semplice appendice settoriale della propria proposta. Si difende l’animalismo in un 'ottica buonista ma guai a volerlo inserire in una proposta politica organica complessiva (dove la tematica risulta impopolare e non conveniente in termini di riscontro elettorale). Sembrerà assurdo, ma formazioni costruite sulla base di associazioni settoriali (ambientaliste, animaliste, etc.) come nel caso dei Verdi, nel momento in cui devono presentare il proprio programma organico risultano profondamente contraddittorie e in molti casi anche repressive perfino nell’ambito specifico che vorrebbero rappresentare. E questo almeno per due ragioni:
  • Vi è in queste formazioni una eccessiva preoccupazione per i risultati elettorali e il consenso immediato. Per questo aspetto una proposta realmente animalista risulterebbe controproducente;
  • In secondo luogo e soprattutto, queste formazioni cadono nei limiti di una visione liberale della società. L’oppressione capitalistica, le logiche individualistiche e meritocratiche, non solo non sono contrastate ma sono addirittura condivise. E’ il caso di SEL, un partito fondato sul MITO DELLA MERITOCRAZIA.

E così accade che SEL e Verdi risultino profondamente carenti nella proposta politica e che di fatto il loro ruolo nella lotta animalista sia profondamente negativo. In questo quadro non è un caso che l'impostazione più chiara e costruttiva emerga da una piccola formazione dell’estrema sinistra italiana: il Partito Comunista dei Lavoratori. Il documento approvato nell’ultimo Congresso del PCL infatti esprime idee più chiare di quelle mediamente riscontrabili nell’ambiente delle sinistre italiane (SEL, Verdi, Rifondazione) e dello stesso attivismo animalista spesso insabbiato in prospettive contraddittorie e non realmente emancipative (neanche per gli stessi animali che si pretende di tutelare) . Il documento del PCL invece, prova a ripercorrere alcune delle tappe concettuali imprescindibili per rendere effettiva la prospettiva della liberazione animale.
Tra queste vi è la constatazione che la storia del dominio e delle società gerarchiche si sia sviluppata a partire dalla domesticazione degli animali che, consentendo la produzione di un surplus di ricchezza e di energia, ha reso possibile la nascita delle svariate forme di discriminazione che storicamente
si sono realizzate. E’ proprio il dominio dell’uomo sugli altri esseri viventi che ha poi prodotto il dominio dell’uomo sull’uomo. E’ una tesi centrale, ma che fino ad oggi non ha trovato cittadinanza in altre formazioni politiche. Proprio da questo aspetto non è possibile prescindere se si intende costruire una società non oppressiva. Il documento, comunque, può e dovrebbe essere migliorato, ad iniziare dall'inserimento d'importanti aspetti quali ad esempio la critica, incredibilmente assente, degli allevamenti intensivi.
Quella animalista è insomma una tematica dalla quale è impossibile prescindere. Solo cambiano le sensibilità e le prospettive culturali umane sarà possibile costruire una società libera. Ma libertà è solo liberazione. E' necessario intraprendere percorsi di autoemancipazione e di autoliberazione, aver fiducia nelle capacità umane.
Solo allora sarà possibile distruggere ogni forma di oppressione, della quale il capitalismo è solo l’ultima e più tremenda incarnazione.

Note

(1) Si fa qui riferimento alla Decrescita declinata in senso anticapitalistico. In particolare si sottolineano quei punti della Decrescita spesso sottovalutati ad iniziare dal principio della Redistribuzione di Latouche che pone il limite minimo del reddito garantito per tutti a 1.000 euro e quello massimo a 3.000 euro. Per un approfondimento si rimanda al volume curato da Mauro Bonaiuti “Obiettivo Decrescita”, EMI, 2005.



 

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