di Lorenzo Mortara
Sabato prossimo, 18
Febbraio, rimandata di una settimana, la Fiom replicherà la
manifestazione romana del 16 Ottobre 2010. Purtroppo il sindacato dei
metalmeccanici arriva logoro all’appuntamento. Un anno e mezzo fa
circa, la manifestazione era trainata da una dirigenza piena di
entusiasmo per la linea presa contro Marchionne. Quell’entusiasmo
oggi, è sparito, e dietro le prese di posizioni ufficiali, Landini e
compagni mostrano segnali inquietanti di arretramento e di posizioni
ambigue che non lasciano ben sperare.
Fin
dalla presentazione della piattaforma per il rinnovo, i lavoratori
han scoperto che dopo aver detto no alla limitazione del diritto di
sciopero, la Fiom ha messo tra le sue richieste al padronato il
raffreddamento, seppure per pochi giorni, del conflitto.
Questo
primo spostamento al centro, veniva negato dalla burocrazia dirigente
che storceva il naso quando qualcuno glielo faceva notare. È così
che non volendo vedere i primi cedimenti, si è giunti nel giro di
poco ad altre inevitabili e più gravi capitolazioni.
Ora
la Fiom si appresta a replicare la manifestazione del 16 Ottobre, ma
allora lo faceva contro i referendum “su diritti inesigibili” di
Marchionne, oggi lo fa a favore di un referendum abrogativo tra i
lavoratori Fiat di quegli stessi diritti che fino a prova contraria
sono ancora inesigibili.
Questo
sbandamento interno avviene mentre all’esterno, nelle relazioni con
Camusso-Cgil, si sostiene l’accettazione dell’accordo del 28
Giugno 2011, e cioè delle deroghe contro le quali non si è firmato
giustamente il Contratto Nazionale.
La
Fiom ha presentato queste misure per cercare di uscire dall’impasse
in cui si trova. Non sapendo vincere nell’unico modo possibile,
cioè lottando, la Fiom tenta di pareggiare con tutta una serie di
misure burocratiche che faranno apparire ancora più amara
l’eventuale sconfitta.
Di
fronte alle critiche dei delegati che si sono espresse nel documento
di Bellavita, i dirigenti Fiom hanno giustificato le loro scelte
assumendosene tutta la responsabilità. Anzi, il compagno Airaudo, ha
persino detto chiaro e tondo che in caso di sconfitta al referendum,
lui Landini e soci avranno il dovere di consegnare la testa a mamma
Camusso.
Questi
sotterfugi apparentemente pieni di buon senso, possono ingannare il
militante alle prime armi, non certo quelli più coscienti.
Non
c’è nessuna assunzione di responsabilità nel caricarsi sulle
spalle l’ennesima sconfitta lasciandoci nella merda. Sono
trent’anni a dir poco che le prendiamo. L’unica assunzione vera
di responsabilità che un dirigente possa assumersi è quella di
farci vincere. La responsabilità nella bancarotta è una
responsabilità fallimentare. A ciò si aggiunga che non è nemmeno
accettabile la subordinazione di Airaudo e Landini alla Cgil. I
dirigenti della Fiom possono rassegnare le dimissioni alla Cgil solo
se con le loro teste verrà tagliata anche quella della Camusso.
Perché può giudicare i dirigenti della Fiom, solo chi è stato
dalla loro parte, chi è stato dall’altra non deve muoversi
dall’angolo delle nostre accuse. Se la Fiom perderà la battaglia,
bisognerà ancora difenderla dalle tante carogne che han girato
attorno al suo corpo agonizzante, senza mai fare nulla, ed anzi
aspettando solo il momento di vederla colpita al cuore, sotto il peso
schiacciante delle forze avverse.
Per
quanto abbia avuto ed abbia praticamente tutti contro, l’esito
dello sconto con Marchionne non è scontato. Se la Fiom perderà sarà
più per la sua cattiva tattica che per le forze dell’avversario.
La dirigenza vuol far credere invece che sia inevitabile quello in
realtà non lo è. Ma anche dovesse perdere, ai dirigenti della Fiom
bisognerà ricordare che c’è modo e modo di perdere. Quello scelto
per ora da Landini, porta a una sconfitta a testa bassa, non molto
dignitosa.
Qual
è l’errore di fondo della Fiom? La Fiom non sa costruire rapporti
di forza a suo favore perché si illude di poterlo fare con accordi
sottobanco. Se la Fiom rappresenta grosso modo il 18% in Cgil, e la
linea della Camusso il restante 82%, l’accordo con la Cgil passa
dallo smantellamento dell’accordo del 28 Giugno, cioè dalla
denuncia in ogni angolo di Cgil delle malefatte della Camusso. Tacere
le critiche a quell’accordo per avere con sé la Cgil, significa
precisamente spostare il 18% delle forze di sinistra, per dare
all’ala destra della Camusso il 100% dei consensi. Significa essere
più deboli di fronte a Marchionne anche se i dirigenti Fiom credono
il contrario.
Senza
aumentare la propria forza interna alla Cgil, sono destinati a cadere
nel vuoto anche tutti gli appelli che la Fiom fa ai governi e a Cisl
e Uil. E la prima condizione per aumentare la propria forza sia
all’interno che all’esterno, è rivolgersi a sinistra non a
destra. È incredibile come la dirigenza, negli ultimi due anni, sia
riuscita a fare decine di appelli a destra, rimasti tutti
inascoltati, e non sia stata capace di farne manco uno a sinistra ai
sindacati di base per una lotta comune. Eppure non dovrebbe sfuggire
a Landini che la Fiom rischia di crepare sotto i colpi delle sue
stesse armi. Tutti i sassi di Roma sanno infatti che Marchionne ha
potuto escluderci dalla Fiat approfittando di una legge, quella del
1993, firmata anche dalla Fiom, che ha riservato fino ad oggi ai
Cobas quello che d’ora in avanti sarà riservato anche noi.
I
guai della Fiom sono in fondo tutti qui, in un sindacato che lotta
più a proclami e a scioperi dimostrativi, piuttosto che con azioni
davvero efficaci. Il 18 Febbraio andrà in scena l’ennesimo
spostamento d’aria dalle Alpi alla Sicilia. E quando un sindacato
non sa spostarsi decisamente a sinistra è normale che ristagni al
centro e che prepari, più o meno incoscientemente, il rinculo a
destra. Tuttavia l’indecisione della Fiom, può essere sbloccata
dalla crisi. Un suo inasprimento, e tutto lascia presagire che così
sarà, e dopo due anni di oscillazioni, la Fiom riprenderà il suo
corso a sinistra, magari trascinandosi dietro la Cgil. È quello che
mi auguro e che auguro a tutti coloro che verranno pieni di speranze
a Roma il 18. Perché la Fiom può anche sbagliare, ma mai come chi
non l’accompagna a Roma. Ed io non sarò mai tra questi.
3 commenti:
Ciao Lorenzo.
A questo punto, ti do del tu, se non ti dispiace.
Ciò che manca in Italia è un sindacato di massa e di classe (rigorosamente di classe) che sappia difendere gli interessi dei lavoratori attraverso l’organizzazione e l’unificazione delle lotte.
Spero che in Fiom almeno, ci siano molte persone, che si rendano conto di ciò, e se ne prenda atto.
Un vigoroso saluto di lotta, ti mando.
Luigi
P.S.
Ho letto il post su Barnard (molto bello ed avvincente, e anzi, secondo me, ci dovevi andare ancora più duro sulla tua critica "marxiana" a Barnard) e l'ho distribuito subito ai miei contatti. Quando avrò tempo ed energie, ti farò sapere cosa ne penso.
Ti ringrazio per quella divertente dedica che hai fatto.
E il 9 Marzo, sciopero "generale" dei metalmeccanici, eh...! Ma se è generale, perché solo i metalmeccanici? In fondo, l'articolo 18 riguarda tutti, non solo le tute blu. Lo sciopero generale non dovrebbe essere quella cosa in cui una nazione si ferma e nelle strade scendono fianco a fianco operai e impiegati, commercianti e tessili, magistrati e netturbini. E allora?
E allora, la brutta sensazione è che quando i sindacati proclamano uno sciopero, lo facciano da un lato per giustificare il contributo che gli iscritti lasciano mensilmente in busta paga, e dall'altro per disturbare il meno possibile chi governa.
Che senso ha far scioperare prima i metalmeccanici, poi i dipendenti pubblici e infine i lavoratori dei trasporti, come è accaduto in dicembre?
Il Governo e Confindustria non si turberanno più di tanto né il 18 febbraio né il 9 marzo.
Potrebbe essere diverso, ma c'è chi, anche tra "i nostri", non gradisce.
Indubbiamente bisognerebbe scioperare con tutta la forza almeno della Cgil, se la Cgil non fosse agganciata al PD, cioè al braccio sinistro della Confindustria. Sganciarla non sarà facile, specialmente se la Fiom continuerà a volersi accordare con la Camusso sottobanco anziché denunciarne implacabilmente le collusioni con il PD. D'altra parte per avere una Fiom più agguerrita bisognerebbe avere anche dei delegati più coscienti, e oggi purtroppo scontiamo l'enorme arretratezza di una classe operai che da molto non lotta e di conseguenza è inesperta. Infine Confindustria si turberebbe e anche parecchio se almeno gli scioperi della Fiom fossero fatti in massa, ma purtroppo non è così, meno della metà dei lavoratori trova scuse infinite per non farli per poi lamentarsi che le cose vanno male. Vedremo per ora il convento passa questo, il sindacato di classe - e rispondo qua anche a Luigi - passa solo dalla Fiom, che è l'unico sindacato potenzialmente di classe. Altri sindacati di classe per ora non ce ne sono, se verranno fuori verranno fuori dalla massa, non da delegati così incoscienti da uscire proprio adesso, come vorrebbe ad esempio la compagna Stefanoni, ennesima leader della lotta di classe a rovescio, fatta nelle sette di base che sono senza speranza...
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